Bolle di sapone

di Giuseppe Aragno 10.11.2010

Capita spesso, avvocato, lo so, la memoria difetta, e non è solo questione di età. La malafede può fare la sua parte. Lei ha "promesso certo ed è venuta meno sicuro", s'usa dire dalle mie parti, e, non si lamenti, ché del merito s'è fatta impropriamente una bandiera: le va meglio di quanto ha meritato. Prima di andare in frantumi con plastica evidenza, travolto dalle macerie d'un delitto infame come il crollo della Schola Armatorum dell'antica Pompei, il suo governo è stato una gigantesca fabbrica di bolle di sapone. Per questo passerà alla storia. Ora che palle e palline sono scoppiate, in alto il cuore, sursum corda, madame. Mentre fa le valigie, l'accompagni il poeta e le sia lieve il viaggio: "O campana, campana, campana / la mia favola breve è finita / la breve mia favola vana..." E' Arturo Graf, maestro nell'evocare il pathos di vite tragiche, con un tetro ma musicale simbolismo. Le calza a pennello e si rallegri. Senza il vituperato Sessantotto e quel tanto di rivoluzione femminile che n'è derivato, la sua progettata "rivoluzione del merito" la inchioderebbe a un futuro da "Berta filava" e chissà che in questo almeno non abbia avuto ragione: noi fummo forse troppo egualitari.

Finisce in gloria, ma rimarrà immortale la sua meravigliosa prima bolla, l'aquilone variopinto che lanciò nel cielo del sistema formativo e che ora le cade rovinosamente in testa, come la disgraziata Pompei, come le mille nostre plaghe dissestate e l'intero Paese che paga il disastro del suo tragicomico governo. Era l'estate del 2008. Lei, avvocato, era ancora un'illustre sconosciuta e non s'era "fatto un nome" col massacro del sistema formativo. Presentando alla Commissione Istruzione della Camera le linee generali del suo "programma per la scuola" dimostrava saggezza: "il Paese non intende più subire inutili visioni ideologiche: ci chiede a gran voce di lasciare lo scontro politico fuori dalla scuola". Una parte mal appresa e recitata peggio sul palcoscenico della storia. Ideologico, dall'inizio alla fine, è stata poi, di fatto, il suo governo del sistema formativo e, grazie a lei, la peggior politica s'è accampata nelle aule scolastiche cadenti. Lei ha volutamente ignorato i principi fondanti della scuola disegnata dalla Costituzione e s'è scagliata con furia integralista - Dio lo vuole! - contro i presunti albigesi. Peggio del peggior dettato tridentino che, tradotto per gli abissi della sua cultura, produsse il disastro che prede il nome di Controriforma. La Chiesa, tuttavia, avvocato, che di politica s'intende, sapeva che non si va alla guerra contro i propri soldati e si adoperò con ogni mezzo per premiare chi la difendeva. Legga avvocato. Non le farà male. Pochi libri, ma buoni. Imparerà che non è saggia politica quella che riconosce un problema, promette di affrontarlo e poi si studia di aggravarlo. Gli stipendi degli insegnanti impediscono di applicare criteri di merito al loro lavoro. "Questa legislatura - lei promise - deve vedere uno sforzo unanime nel far sì che gli stipendi degli insegnanti siano adeguati alla media Ocse". Ed era vero. Al momento, aggiunse, "sono sotto tale media. [...] Non possiamo ignorare che lo stipendio medio di un professore di scuola secondaria superiore dopo 15 anni di insegnamento è pari a 27.500 euro lordi annui, tredicesima inclusa. Fosse in Germania ne guadagnerebbe 20 mila in più, in Finlandia 16 mila in più. La media Ocse è superiore ai 40 mila euro l'anno". Tutti sanno com'è andata. Lei e il suo governo hanno perseguito con tenacia degna di miglior causa la dottrina del "fannullonismo". Non un voltafaccia, ma un tradimento. Lei, avvocato, non sa di che parla, non lo sapeva, non lo sa e non vuole impararlo. Lei ha creato precari, ma è nata precaria della politica e svanirà nel crollo del mondo di cui fa parte.

Le hanno messo in bocca improvvidamente parole che Gramsci ebbe a scrivere nel tormento della galera fascista e lei le ha ripetute: "Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza". Bene, signora. Hanno dimenticato di dirle che il grande pensatore sardo era uno di quei comunisti che lei attacca ferocemente. Come attacca gli insegnanti, che ha voluto penalizzare e disprezzare perché le hanno opposto resistenza.

Non lo sa, non sa nulla di scuola, avvocato, e la sua nomina a ministro è anomala. Lei non è un deputato della Repubblica, perché nessun cittadino l'ha delegata e rappresenta un governo zoppo, cui mancano la fiducia e il controllo che nella nostra democrazia parlamentare esercitano Camere liberamente elette formate da rappresentanti votati dal popolo. Camere che oggi non esistono. Lo dica al suo collega Maroni: voi siete i veri e più pericolosi clandestini che circolano per il Paese. E' nostro diritto dirlo. Ovunque, anche in quella scuola che lei ha sgovernato. In una democrazia la scuola ha natura unica e incoercibile. Non è riconducibile a "funzione d'impresa". Dal personale amministrativo a quello direttivo, o tutto è finalizzato alla funzione docente o nulla ha ragion d'essere. Ministri compresi, avvocato, perché un ministro deve sapere che un assetto normativo non ha senso se non rafforza questa funzione. Lei, da dilettante qual è, ha fatto il contrario. Ha creduto di trasformarci in grigi travet pronti a servire, a trasmettere senza fiatare la cultura del potere dominante. La scuola, avvocato, è altro. Insegna ad imparare, produce valutazione e non può essere valutata dal governo di turno. Meno che mai dal suo, che non ha radici nella nostra Costituzione. La scuola sceglie da sola, nella più perfetta autonomia, strategie e metodi di un processo che impropriamente lei chiama "di istruzione" ed è invece di ampia educazione, quindi, "di formazione". Occorre, se mai un Consiglio Superiore, come per i magistrati. Tutto questo le è stato sin dall'inizio estraneo e non lo capisce nemmeno ora che si accinge a sbaraccare.

Lei non lascia segni. Il nostro compito, invece, noi l'abbiamo svolto e lo svolgeremo ancora, Qualora, malauguratamente, dovesse sopravvivere politicamente alla responsabilità che ha in solido col governo per la tragedia di Pompei, che sconvolge il mondo della cultura nell'intero pianeta, bene, si prepari allo scontro. Noi andremo avanti per la nostra strada. Lei ha paura della cultura e del senso critico e fa bene. Noi la sfidiamo. Ci cacci dalle aule se ne ha la forza. Faremo scuola per strada e nelle piazze. Occupi le scuole e le piazze e vedrà nascere scuole ovunque sia possibile, nelle nostre case se necessario. Croce lo fece in pieno fascismo, scuole aprirono Bordiga e il "suo" Gramsci nelle isole del confino e scuole attivarono sulle montagne le bande partigiane, dove i giovani, cresciuti alle menzogne del regime, scoprirono la storia d'Italia manomessa dal fascismo. Faccia quel che vuole avvocato. Noi l'abbiamo avvertita: la partita è persa.