Se la pagella diventa a pagamento

Non volevano farmi vedere i voti, ho minacciato la denuncia dell’istituto»

Flavia Amabile  La Stampa, 7.3.2010

Angelo abita a Torre Annunziata, è disoccupato, soldi in tasca ne capitano pochi. Quest’anno la sua scuola, il secondo circolo didattico Giancarlo Siani, gli ha rifiutato l’iscrizione dei tre figli mandandogli i bollettini di quello che, in genere, viene definito «contributo scolastico», una cifra che gli istituti chiedono a titolo volontario alle famiglie per aiutarli a far quadrare i conti, ma che invece da un po’ di tempo si sta trasformando in un obbligo a cui non tutti vogliono sottostare. Angelo non aveva pagato lo scorso anno.

E così l’istituto voleva fargli capire qual era il suo dovere. E’ bastato minacciare una denuncia per far iscrivere i bambini. Da quando il ministero ha chiuso i cordoni della borsa, sono sempre di più le scuole a chiedere aiuto alle famiglie. «Siamo di fronte a un vero e proprio abuso», denuncia Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net, portale fra i più seguiti sui temi della scuola. E, quindi, ha deciso di fare un’inchiesta. In pochi mesi si sono fatte avanti almeno una sessantina di persone, sparse in tutt’Italia, a raccontare vicende tutte più o meno simili.

Una di loro ha davvero fatto partire la querela contro il dirigente scolastico della sua scuola, il liceo scientifico Cassini di Genova. Lo accusa di concussione e omissione di atti d’ufficio, dopo che per il secondo anno di seguito non ha avuto la pagella della figlia che ora ha 16 anni. «Voglio combattere una battaglia in nome di tutti i genitori d’Italia», spiega. Massimo Angelini, il dirigente, si è detto tranquillo: «Ho soltanto fatto il mio dovere. Lo rifarei».

I casi di scuole un po’ prepotenti sono davvero tanti anche se da un punto di vista legale non sembrano esserci dubbi. C’è l’articolo 34 della Costituzione a sancire che l’istruzione è obbligatoria e gratuita per otto anni. Esiste una circolare del ministero dell’Istruzione a ricordare che le iscrizioni ad anni diversi dal primo sono automatiche. E c’è anche l’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna, che di fronte al caos generale, cinque anni fa decise di intervenire con un documento per spiegare che il contributo è volontario. Ma le casse sono vuote. Mentre il ministero preferisce non esporsi, alcune scuole ne approfittano. «Da anni va avanti questo abuso. Tutti sanno, qualcuno denuncia, eppure il Ministero non è mai intervenuto», racconta Daniele Grassucci.

E quindi si viene a sapere che al tecnico per geometri «Giorgio Ambrosoli» di Roma da un anno all’altro il contributo volontario è passato da 120 a 200 euro l’anno, un aumento secco del 60%. Tanti hanno pagato, una mamma si è rifiutata. Il figlio non ha avuto il pagellino del primo trimestre. E al secondo trimestre ha avuto la pagella solo dopo essere andata in segreteria a chiedere una dichiarazione scritta della scuola su quello che stava accadendo. All’istituto professionale «Pietro Verri» di Busto Arsizio, invece, il coraggio di mettere nero su bianco le loro condizioni l’hanno avuto. In una lettera indirizzata alle famiglie il 16 febbraio scorso hanno inserito fra le tasse scolastiche anche il contributo volontario e specificando che senza il pagamento «non sarà più rilasciata alcun tipo di documentazione (certificato d’iscrizione e frequenza, di voti, diploma, etc.)».

 

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