La Gelmini "riforma" Invalsi e Ansas,
ma con massicce dosi di statalismo

Onorato Grassi, il Sussidiario 23.3.2010

In gran parte dei paesi europei, così come anche in altri continenti, esistono organismi ed enti preposti alla valutazione e al sostegno del sistema scolastico. Tali istituzioni operano, generalmente, senza grandi clamori, svolgendosi le loro attività in tempi relativamente lunghi e producendo effetti impercettibili alla vista e alle orecchie dell’opinione pubblica, spesso soggetta alle rigide esigenze del newsmaking e alle sollecitazione di polemiche artatamente create. Tuttavia, la loro funzione è particolarmente preziosa nella governance della scuola e per coloro che vi insegnano e studiano, specialmente in tempi, come quelli attuali, di trasformazione e di passaggio da consuetudini consolidate a strutture e condizioni “riformate” sulla base di progetti sia nazionali sia internazionali.

In ciascun paese tali organismi seguono le politiche di sviluppo della scuola, non necessariamente coincidenti con quelle governative, le quali, di solito, coprono un lasso di tempo limitato e sono soggette a condizionamenti estranei al mondo dell’istruzione. Può così accadere che, in paesi ove vige un forte centralismo, la loro azione sia volta al decentramento e alla costruzione di reti partecipative, mentre, in situazioni di spiccata autonomia, acquisti maggiore importanza la loro capacità di costruire elementi comuni e di stabilire regole condivise.

In Italia esistono due istituti di questo genere: uno, noto anche alla cronaca per i test somministrati in questi ultimi anni agli alunni di molte scuole italiane, è l’Invalsi, le cui attività, prima indirizzate alla valutazione del sistema scolastico italiano, si sono, da qualche anno, concentrate sulla valutazione degli apprendimenti; l’altro, o, per meglio dire, gli altri, sono 18 istituti regionali (Irre) e un Istituto nazionale (Indire), che il legislatore ha voluto riunire, con la Legge finanziaria del 2007, in un unico ente o Agenzia (Ansas). Le attività di questo secondo organismo riguardano la ricerca educativa, la formazione degli insegnanti, la documentazione, il sostegno alle scuole per l’attuazione dell’autonomia scolastica.

Sul futuro di questi due organismi, sulla loro natura, funzione e consistenza si sta da tempo discutendo e si discute tuttora, giacché le opinioni non sono concordi né sono state date, da parte dei ministri che si sono succeduti alla guida del ministero dell’Istruzione, indicazioni sempre chiare e univoche.

Tralasciando, per ora, le questioni specifiche di ciascun organismo, si possono distinguere due fondamentali posizioni alternative, spesso in conflitto fra di loro nei momenti in cui si è trattato di definire la fisionomia culturale, istituzionale e politica dei due enti in questione.

(1) Secondo i sostenitori della prima posizione, i due enti - che dovrebbero essere entrambi “Istituti” e non “Agenzie”, con compiti puramente operativi e esecutivi - dovrebbero avere autonomia gestionale e progettuale, fondata su sicure basi scientifiche e ad esse conformi nell’esercizio delle proprie attività. Se l’esigenza si giustifica ampiamente per un ente di valutazione, la cui indipendenza dal potere politico e ministeriale, nonché dai committenti in genere, è condizione necessaria, anche se non sufficiente, della correttezza del proprio operare, tale prerogativa risulta ugualmente valida anche per un istituto di ricerca che intenda seguire, sostenere e operare in favore della scuola reale quale suo interlocutore non burocratico-amministrativo, ma culturale e scientifico.

Apparterebbero a questa posizione - sebbene l’implicazione meriterebbe di essere dimostrata, in altra occasione - l’idea che la valutazione degli apprendimenti scolatici è in funzione della libertà di scelta da parte di studenti, genitori e, anche, di insegnanti, e la convinzione che la fisionomia della scuola deve essere definita nel rispetto del pluralismo culturale e didattico, attuato grazie alla partecipazione attiva di scuole, anche aggregate, e di associazioni di insegnanti, studenti e genitori. Di qui, anche, una forte attenzione al territorio e allo sviluppo di attività nell’ambito regionale.

(2) Per i sostenitori della seconda posizione, invece, i due enti devono rientrare nel sistema scolastico governato dal Ministero ed essere direttamente funzionali alla sua azione. In tal modo essi verrebbero a coprire lacune ormai evidenti nelle strutture ministeriali o ad esse collegate, garantirebbero, o si impegnerebbero a garantire, il raggiungimento di obiettivi stabiliti in sede governativa, contribuirebbero a rinsaldare le cosiddette “azioni di sistema”, impiegando le risorse, umane e finanziarie messe a disposizione centralmente, in azioni a breve o medio periodo, soprattutto in ambiti di rilevanza sull’opinione pubblica. In questa prospettiva diviene gioco forza attribuire all’Invalsi compiti di controllo e monitoraggio, in vista degli interventi o correzioni da effettuare per migliorare il sistema, e all’altro ente - la cui figura giuridica e istituzionale, a questo punto, non può essere che quella di una Agenzia, con compiti esclusivamente operativi ed esecutivi - il compito di sostenere interventi individuati dalla direzioni ministeriali, campagne di formazione e di informazione, attività di promozione e sostegno alle innovazioni tecnologiche finanziate dal Ministero.

Sebbene le due posizioni possano presentare, su punti particolari, affinità e convergenze, risulta chiara la differenza di fondo e il diverso futuro che, seguendo l’una o l’altra strada, l’Invalsi e l’Agenzia potranno avere.

Per un Governo che si definisce “liberale” e “federalista” sembrerebbe coerente, nonché fondata, la scelta della prima posizione. Tuttavia contingenze storiche e condizionamenti di varia natura possono portare verso la direzione opposta. Le scelte dell’attuale ministro dell’Istruzione di emanare un regolamento per l’Agenzia, confermando così quanto varato dal predecessore e conferendo ad essa un ruolo di pura operatività funzionale, la forte dipendenza dal Ministero, ossia da settori di esso, che viene progressivamente richiesta ai due enti, la nomina di una Commissione sulla valutazione, che affianchi l’Invalsi, fino a condizionarne lo sviluppo, vanno in questa direzione. E ciò, per questi enti e per la stessa scuola italiana, non è un buon segno.