Alle manifestazioni parteciperanno
tutte le associazioni sindacali di categoria

Università, settimana calda

Oggi l'occupazione dei rettorati. Domani si marcia

di Benedetta Pacelli da ItaliaOggi, 18.5.2010

Circa un miliardo di euro in meno per le casse del sistema universitario. È una sforbiciata pari al 14,7% quella che colpirà, per il 2011, le già disastrate finanze degli atenei italiani. Se, infatti, per l'anno in corso il Fondo del finanziamento ordinario (Ffo) aveva subito una riduzione di oltre 300 milioni di euro (-3,7%) rispetto al 2009, per il 2011 si parla di quasi il 15% che sommato al decurtamento per il 2010 riduce l'Ffo di circa il 20% rispetto alla media annua di 7 miliardi.

Ed è proprio la scarsità di risorse, ma non solo, al centro della settimana di protesta indetta da tutte le organizzazioni sindacali di categoria, compresa quella della docenza, (Adi, Adu, And, Andu, Apu, Cipur-Confsal, Cisal, Cnru, Cnu, Confsal-Cisapuni, Flc-Cgil, Link-Coordinamento Universitario, Snals-Docenti Università, Sun, Udu, Ugl-Università e Ricerca, Uilpa-Ur) che avrà l'apice oggi con l'occupazione simbolica dei rettorati e domani con una manifestazione a Roma davanti al Senato dove è tutt'ora in discussione il disegno di legge. Al problema delle risorse si aggiungono infatti alcuni passaggi della riforma che proprio non vanno giù a molti ricercatori universitari e che infatti in oltre 40 atenei hanno già dichiarato di astenersi a qualsiasi attività di didattica per il prossimo anno. Il che vorrebbe dire la paralisi se non addirittura la chiusura di molti corsi di laurea considerando che oltre il 35% dell'offerta formativa è tenuta proprio da ricercatori.

Il nodo principale da sciogliere riguarda proprio loro. La riforma prevede, infatti, l'introduzione del ruolo di ricercatore a tempo determinato: questo potrà essere assunto con contratto triennale rinnovabile una sola volta e al termine del secondo triennio potrà essere assorbito come professore associato oppure uscire dall'ambito dell'università. E i ricercatori a tempo indeterminato? Per loro non ci sono grandi possibilità perché di fatto il ruolo viene confermato ad esaurimento (così come previsto dalla riforma Moratti) ma resteranno fuori anche da ogni progressione di carriera, senza per di più vedersi riconosciute le funzioni svolte e le competenze didattiche acquisite.

Intanto, qualcosa si è mosso: la scorsa settimana è passato un emendamento del relatore Giuseppe Valditara che elimina dal testo la disparità sulla chiamata diretta da parte degli atenei (l'assunzione senza concorso, ma previa abilitazione) tra ricercatori a termine (istituiti dal ddl) e ricercatori a tempo indeterminato. Era uno dei punti al centro della vertenza dei ricercatori che, però, vogliono più garanzie sulle assunzioni. Il loro Coordinamento nazionale sta facendo girare da mesi una proposta per favorire l'ingresso di chi ha già insegnato per almeno sei anni in un ateneo. Quel che è certo è che i ricercatori non si fermeranno, protesteranno finché la legge sarà in Parlamento. Le organizzazioni sindacali puntano inoltre il dito contro l'incremento di differenza di trattamento economico prevista per i docenti ordinari rispetto agli associati, oltre che dall'attacco all'autonomia universitaria.