Sulla proposta di Formigoni:
di Giorgio Ragazzini Una libertà che nel nostro ordinamento è incardinata sul principio che l’insegnante debba operare in un contesto di neutralità ideologica dello Stato-datore di lavoro. In altre parole, quest’ultimo non deve privilegiare alcun orientamento culturale, religioso o politico; a parte, s’intende, il sistema di diritti e doveri sanciti dalla Costituzione. Scrive Carlo Marzuoli, docente di diritto amministrativo: “La libertà di insegnamento è l’istruzione pubblica; l’immedesimazione è totale. Nella Costituzione l’istruzione è pubblica solo perché deve garantire a chiunque (cattolico, ateo, mussulmano) di sentirsi a casa sua”. Poiché ovviamente gli insegnanti in quanto persone hanno le loro idee, questa neutralità non può che tradursi in un pluralismo ideologico all’interno delle scuole. Così configurata, questa libertà è la necessaria base di una scuola pubblica. È altrettanto evidente che ciò non significa affatto che un docente sia libero di imbonire e neppure di manipolare sottilmente i propri allievi. Per inciso, ritengo che in genere questo non succeda, ma sarebbe ugualmente opportuno che gli insegnanti italiani fossero finalmente sostenuti - sotto questo aspetto come per vari altri - da saldi e condivisi principi etico-deontologici.
Mi sembrano quindi chiaramente lesivi
della libertà di insegnamento sia l’inserimento nel sistema pubblico
di scuole private “di tendenza” (nel contesto italiano quasi
esclusivamente le scuole cattoliche), sia una procedura di
reclutamento dei docenti delle scuole statali come quella ipotizzata
da Formigoni (almeno stando alle sommarie notizie di stampa): un non
meglio precisato “percorso concorsuale” che si concluderebbe con
l’inserimento dei promossi in un albo regionale degli abilitati, dal
quale i dirigenti scolastici sceglierebbero i docenti. I quali, come
si legge in questi giorni negli interventi di chi sostiene la
“libera scelta” da parte delle famiglie, dovrebbero condividere il
“progetto educativo” dell’istituto che li assume. In pratica,
verrebbe esteso alle scuole statali un regime analogo a quello oggi
vigente per le scuole paritarie, che non assumono i docenti in base
a concorsi a cattedre e eventualmente a graduatorie: basta che siano
abilitati. Per questo motivo, a mio parere, il loro finanziamento
pubblico è da considerare costituzionalmente illegittimo. In conclusione, mi pare evidente che la proposta di Formigoni sia al fondo motivata proprio dall’esigenza di far sì che nel sistema pubblico, oltre che nel privato, ciascun istituto possa assicurare alle famiglie, anche selezionando gli insegnanti più idonei, un’educazione cattolica per i loro figli - così come un domani potrà ad altri garantirne una musulmana, ebraica, buddista o magari padana. Un’esigenza comprensibile e lecita, s’intende, ma che può a mio parere realizzarsi soltanto al di fuori del sistema dell’istruzione pubblica e quindi senza il finanziamento da parte della collettività.
* La berlingueriana legge sulla parità scolastica
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