Fiorella Farinelli, esperta di
educazione e didattica:
«Ma la valutazione è utile. Cinzia Gubbini il manifesto, 5.5.2010
ROMA
Tenere sotto controllo i risultati dell'apprendimento nella scuola è utilissimo. Q questo dovrebbe essere il fine della valutazione. Mi preoccupa però che l'Invalsi in Italia non è ancora in grado, perché ha poche risorse professionali ed economiche, di sviluppare un sistema di valutazione come quelli che funzionano abbastanza bene in altri paesi europei, dove oltre a registrare i risultati dell'apprendimento si riesce a misurare anche i miglioramenti rispetto ai livelli di ingresso. Sappiamo che le scuole che operano i contesti sociali difficili si misurano con delle condizioni non di intelligenza, ma con problemi di apprendimento che possono essere maggiori. E' questo il punto: bisognerebbe misurare quello che in termini tecnici chiamano il «valore aggiunto».
Una buona valutazione non deve limitarsi a fare una fotografia, ma riuscire a fare il film: dai risultati di ingresso, ai risultati intermedi, ai risultati finali. Secondo: deve servire a capire il perché alcune scuole anche nello stesso contesto territoriale e sociale hanno risultati migliori di altre. Nei sistemi di valutazione evoluti non ci si limita al test: una volta raccolto il risultato le scuole in difficoltà vengono affiancate da esperti, tecnici, che favoriscono l'autovalutazione e la riflessione fra insegnanti, che sono dei professionisti, per poter migliorare il modo in cui si insegna. Questo è l'obiettivo finale della valutazione, non la sanzione. Ora, il problema è che in Italia non abbiamo niente di tutto questo. I test Invalsi sono percepiti da una parte degli insegnanti come una minaccia: potrebbero essere utilizzati per differenziare gli stipendi in base ai risultati, senza tenere conto del contesto. Cosa ne pensa? Ci sono due cose da dire: la prima è che sicuramente un clima di demonizzazione degli insegnanti e dei lavoratori pubblici non aiuta: se si vuole il miglioramento dei servizi e dell'educazione bisogna essere in grado di affrontare i problemi in modo positivo. Però bisogna anche dire che non è neanche corretto giustificare i cattivi o scadenti risultati di una scuola dicendo: siccome lì ci sono gli stranieri, siccome lì ci sono i figli di chi ha un basso livello di istruzione allora i risultati sono scadenti. Perché la scuola ha il compito di migliorare i risultati, non di dare per scontato che i figli della povera gente avranno scarsi risultati in termini di apprendimento. Io credo, però, che negli ultimi dieci anni sia cambiato l'atteggiamento degli insegnanti: oggi c'è un clima più favorevole alla valutazione esterna. Ovviamente gli insegnanti vogliono sapere quale sia lo scopo, e non vogliono essere lasciati soli con i loro problemi.
Io credo che dentro una classe tutti sappiano che ci sono figli di laureati e figli di persone che hanno la licenza media. Il problema è che se io voglio capire se Giovanni è entrato con un livello di apprendimento basso e poi voglio verificare se in seguito ha avuto un miglioramento, ho bisogno della sua fotografia. Il compito della scuola non è ignorare le differenze, ma di capire se ci sono delle difficoltà e cambiarle in positivo: è questa la personalizzazione della didattica. |