Universita'

Atenei, in Italia occupazioni a catena
Ricercatori e studenti contro la riforma

Bari, Napoli, Firenze, Milano e Roma in testa. Lezioni ferme almeno fino a sabato.
La protesta contro "la drammatica situazione in cui versano
i centri del sapere per effetto dei tagli imposti dalla Gelmini"

Giulia Cerino, la Repubblica 18.5.2010

UFFICI e segreterie chiuse, lezioni annullate. Fuori molti docenti e parte del personale amministrativo, dentro  studenti, ricercatori e tutti quelli che "sono contro la Gelmini". Le università italiane sono quasi tutte occupate. E la settimana si prospetta delle più calde. L'azione di protesta contro il disegno di legge del ministro dell'Istruzione andrà avanti almeno fino a sabato 22. Per domani è anche prevista un'iniziativa a reti unificate 1: dalle 11.00 alle 13.00 tutte le radio d'Ateneo racconteranno la mobilitazione con collegamenti da Palazzo Madama e dalle università. Obiettivo del programma, proseguire la discussione sul web, sui portali dei media universitari sulla situazione dei ricercatori che - spiega Marco Merafina, coordinatore nazionale dei ricercatori italiani - "vivono in una situazione di precarizzazione insostenibile".

Roma capitale della protesta 2 contro il disegno di legge Gelmini sull'Università. In prima fila contro i tagli ci sono i ricercatori, i più penalizzati dal nuovo sistema accademico disegnato dalla riforma del governo. Al loro fianco docenti, precari, personale tecnico-amministrativo e studenti. Fino a sabato momenti di confronto e blocco a singhiozzo della didattica interesseranno le facoltà dei tre principali atenei statali romani. Due le giornate clou: oggi l'occupazione simbolica dei rettorati; domani, invece, ci sarà un sit-in nazionale di protesta davanti al Senato, dove è attualmente in discussione il ddl Gelmini. Ad aprire le danze è l'ateneo di Tor Vergata. Stesso copione alla Sapienza e a Roma Tre.

Le ragioni della protesta sono le stesse in tutta Italia: i promotori delle iniziative di lotta denunciano "la situazione drammatica in cui versano gli atenei per effetto dei tagli al finanziamento - in parte già attuati e in parte da attuare fino al 2012 - e i contenuti del ddl Gelmini, un provvedimento che tende a scardinare il sistema nazionale dell'università pubblica". Una nota dolente è rappresentata anche dal modello di docenza presente e futuro "che sarà sempre più costituito da pochi docenti di ruolo e da una base amplissima di precari, in presenza di funzioni di docenza svolte e non riconosciute". Attualmente, infatti, i ricercatori - pur non avendo lo status di docente - si sobbarcano circa il 40% della didattica ufficiale degli atenei.

Occupano anche i ricercatori e gli studenti della Statale di Milano che simbolicamente hanno marciato in corteo verso il Rettorato. L'iniziativa fa parte della settimana di mobilitazione nazionale degli atenei, proclamata da un ampio ventaglio di organizzazioni sindacali e associazioni. Dal Rettorato è già stato calato lo striscione "L'università pubblica è un diritto. Difendiamola", "No ai tagli e alla legge Gelminì". All'Università Bicocca invece è stato allestito un banchetto informativo, mentre al Politecnico è previsto un presidio. Le proteste coinvolgeranno anche l'Università Statale di Bergamo, quella di Brescia e la sede comasca dell'Università dell'Insubria con assemblee di tutte le componenti universitarie.

Quella di Bari 3 è stata una delle ultime università ad occupare. Uno striscione è stato calato dal portone principale. Il caro-tasse è la ragione principale della protesta. E dalle facoltà di Scienze Politiche, Matematica e Lettere, gli studenti chiedono il ritiro della proposta formulata dalla commissione bilancio che prevede un aumento indiscriminato della contribuzione studentesca: sarebbero risparmiati solo i redditi inferiori a 13 mila euro, per tutte le altre fasce incrementi dal 25 al 27 per cento. "Abbiamo studiato ed elaborato un sistema di tassazione sociale equa che gravi solo sui redditi più alti - spiegano gli occupanti - ma il rettore non si è mai voluto confrontare con noi e così in assenza del dialogo imponiamo la trattativa occupando l'ateneo".

Anche a Firenze 4, questa mattina, è scoppiata la protesta. Qui però ad occupare sono soprattutto i ricercatori, tecnici amministrativi, docenti e solo alla fine gli studenti che hanno invaso l'aula magna del rettorato protestando contro la riforma dell'università in discussione domani al Senato. Inizia così una settimana di mobilitazione anche in Toscana. Proteste e occupazioni dei rettorati in tutte e tre le università generaliste: Firenze, Pisa e Siena.

Assemblee e occupazioni simboliche anche dei rettorati delle università partenopee 5 contro il "sottofinanziamento previsto dall'ipotesi di riforma del sistema universitario". Nella sede centrale dell'Università Federico II si sono dati appuntamento ricercatori, professori ordinari e associati per ribadire il loro "no" ai tagli agli atenei previsti dalla riforma Gelmini e sostenere la necessità di garantire alle nuove generazioni la possibilità di lavorare nel mondo universitario.

Il copione si ripete anche per i rettorati delle università siciliane 6 che sono stati occupati simbolicamente dal movimento docenti, precari e studenti per chiedere la revoca del decreto Gelmini. A Palermo oltre duecento professori e studenti hanno indetto un'assemblea per "manifestare contro la riforma Gelmini e concordare le iniziative di mobilitazione dei prossimi giorni", prima di occupare lo Steri, sede del rettorato. Un'assemblea con presidio permanente è stata organizzata a Catania dove è stato fortemento contestato anche il possibile trasferimento della facoltà di Lettere che, in caso di apertura del quarto polo universitario in Sicilia, sarebbe spostata a Ragusa. Pure a Messina un centinaio tra docenti e dipendenti dell'università hanno occupato simbolicamente il rettorato.

Un'assemblea pubblica contro il ddl Gelmini, rivolta in particolar modo ai ricercatori di ruolo e precari, è stata organizzata anche nell'Università della Valle d'Aosta, un ateneo non statale finanziato in gran parte dalla Regione. Secondo i sindacati promotori della mobilitazione nazionale il provvedimento del governo "accentua l'attacco all'autonomia universitaria con l'attribuzione del potere di valutare l'attività del singolo docente a un'Agenzia nominata dal Governo".