Continua il forum
di Tuttoscuola in occasione dell'apertura del nostro secondo canale
tematico, quello dedicato alle scuole paritarie. Abbiamo colto
l'occasione per chiedere ai partiti in Parlamento lo stato dell'arte
dell'istruzione non statale. Per fare in sostanza il punto della
situazione: cosa va, cosa non va, i progetti, le speranze...La prima
puntata del dossier ha visto come protagonista il Partito
Democratico, e in particolare l'onorevole Rosa De Pasquale,
componente della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della
Camera. Ora è la volta della Lega, con Paola Goisis, segretario
della stessa Commissione di Montecitorio. E con l'esponente del
Carroccio siamo partiti dalla proposta di legge n. 3357, presentata
il 30 marzo 2010 alla Camera da 50 deputati leghisti (primi
firmatari Goisis, Caparini, Cota, Reguzzoni), ora consultabile sul
sito www.camera.it:
non c'è dubbio infatti che il testo faccia discutere. La proposta,
il cui titolo completo sembra quasi un programma di politica
scolastica di legislatura ("Disposizioni concernenti il sistema
dell'istruzione, il governo delle istituzioni scolastiche, il
trasferimento delle funzioni amministrative relative al personale
della scuola alle regioni, nonché il reclutamento, l'organizzazione
e l'inquadramento del personale scolastico nei ruoli regionali e
l'istituzione di autonomi livelli di contrattazione collettiva
integrativa regionale"), affronta in modo organico la questione
del federalismo scolastico con una serie di argomentazioni
sviluppate con notevole rigore anche formale nella relazione
introduttiva. Siamo cioè di fronte a un documento che per la prima
volta offre in forma compiuta la versione leghista del federalismo
per quanto riguarda la scuola, uno dei tre capisaldi - insieme alla
sanità e alla polizia locale - della battaglia dei lumbàrd per la
"devoluzione" alle Regioni di competenze già di pertinenza dello
Stato.
On. Goisis, quali sono i principi ispiratori della proposta
di legge 3357 per il trasferimento delle funzioni amministrative
centrali e periferiche alle Regioni?
"La mia proposta di legge, anche alla luce di due sentenze
costituzionali , è caratterizzata dai seguenti aspetti:
a) il superamento dell'equazione scuola uguale
Stato. La scuola è un servizio su cui lo Stato mantiene
responsabilità decisive, importantissime, ma le «norme generali
sull'istruzione», i «livelli essenziali» e «i princìpi fondamentali»
non rappresentano il servizio dell'istruzione. Le norme sono
prescrizioni di carattere generale, sono un «prevedere». Il servizio
è un fare in concreto, un «provvedere»: servizio vuol dire
organizzare, erogare prestazioni, rilevare e soddisfare bisogni;
b) il superamento dell'equazione docente uguale
personale statale. Si tratta di una questione strettamente legata
alla decentralizzazione del sistema scolastico se si pensa che quasi
tutto il bilancio dell'istruzione è assorbito da questa voce. Il
fatto che il personale insegnante sia trasferito alle dipendenze
delle singole regioni e che alle medesime regioni spetti la
definizione degli organici costituisce un eccellente elemento
d'impatto nell'organizzazione del servizio che incide direttamente
anche nelle scelte di programmazione dell'offerta. La possibilità in
ambito regionale di procedere attraverso valutazioni poste in capo
alle singole giunte regionali consente sia una migliore
utilizzazione delle risorse sia il sostegno alla qualità
dell'offerta. In base alla proposta di legge la gestione del
servizio e quindi del personale docente è di competenza regionale e
locale (enti locali e istituti scolastici). Le regioni,
predispongono con legge regionale le condizioni atte a garantire la
gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali. Analoghe
disposizioni sono previste anche per il personale dirigente e ATA.
Ai sensi del titolo I della mia proposta di legge, la dipendenza
organica del personale docente, dirigente e ATA è attribuita alle
regioni (che curano gli atti relativi al reclutamento e al rapporto
di lavoro), mentre la dipendenza funzionale è attribuita alle
istituzioni scolastiche, che fissano le regole relative allo
svolgimento delle diverse attività sul luogo di lavoro, il rispetto
e la flessibilità dell'orario di servizi, eccetera. Allo Stato
competono solo le regole generali di stato giuridico ossia le regole
di accesso all'insegnamento, le garanzie di libertà d'insegnamento,
le incompatibilità, eccetera.
A mio avviso, la riforma del titolo V della parte seconda della
Costituzione non ha realizzato per la scuola quella devoluzione
coraggiosa che avrebbe dovuto liberarla dagli antichi vincoli
centralistici. Sono stati fatti passi parziali e a volte
contraddittori, come è il caso delle diverse responsabilità
assegnate alle regioni per «l'istruzione e formazione professionale»
rispetto a quelle relative a tutti gli altri settori
dell'istruzione. Ritengo quindi che occorra maggiore chiarezza nella
decentralizzazione dei poteri dello Stato e senza distinguo e
separazioni tra i diversi settori dell'istruzione. Il primo e più
delicato problema del nuovo assetto costituzionale, e quindi
l'attuazione del federalismo scolastico>> risiede
nell'individuazione di cosa sia «norma generale» sull'istruzione. La
giurisprudenza costituzionale è intervenuta in diverse occasioni in
materia di «norme generali sull'istruzione». Alla luce dei princìpi
enunciati da due sentenze costituzionali, può ritenersi che
appartengono alla categoria delle «norme generali sull'istruzione»
quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante
del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere
applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il
territorio nazionale, assicurando, mediante un'offerta formativa
omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che
fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di
rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la
parità tra le scuole statali e non statali in possesso dei requisiti
richiesti dalla legge. In quest'ambito si colloca anche la
disciplina relativa all'«autonomia delle istituzioni scolastiche»,
facenti parte del sistema nazionale di istruzione, autonomia cui fa
espresso riferimento il terzo comma dell'articolo 117 della
Costituzione. Tali norme - che, dettando discipline che non
necessitano di ulteriori svolgimenti normativi a livello di
legislazione regionale, delineano le basi del sistema nazionale di
istruzione - sono funzionali, anche nei loro profili di rilevanza
organizzativa, ad assicurare, mediante - come ribadito dalla
sentenza n. 200 del 2009 della Corte costituzionale - la previsione
di un'offerta formativa sostanzialmente uniforme sull'intero
territorio nazionale, l'identità culturale del Paese, nel rispetto
della libertà di insegnamento di cui all'articolo 33, primo comma,
della Costituzione".
Come deve avvenire l'attuazione del federalismo scolastico?
"Occorre innanzitutto una devoluzione impostata su due princìpi
fondamentali:
a) il mantenimento in capo allo Stato della
definizione del quadro normativo generale di tutta l'istruzione,
compresa quella professionale, se non altro perché i diplomi e le
qualifiche devono avere valenza nazionale ed essere equiparabili in
ambito europeo;
b) il trasferimento alle regioni
dell'amministrazione di tutta l'istruzione, senza distinzioni.
La proposta di legge n. 3357 prevede uno specifico potere delle
regioni nella contrattazione sindacale, attraverso le seguenti
azioni:
a) l'ingresso delle regioni in relazione alla
contrattazione nazionale. E' ovvio che la competenza legislativa in
materia di il trattamento economico e normativo del personale, il
sistema contrattuale ( quanti e quali debbano essere i livelli di
contrattazione; quante e quali siano le materie affidate alla
contrattazione integrativa; quale debba essere il rapporto tra i
differenti livelli; quale debba essere la durata del contratto,
eccetera), è dello Stato in via esclusiva ai sensi della lettera
l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione e la
legge statale che attualmente regola tali rapporti è il decreto
legislativo n. 165 del 2001, che costituisce la base normativa del
trasferimento di competenze dallo Stato alle regioni per quanto
riguarda il personale e tale base normativa non può essere
modificata se non con legge statale.
b) l'attivazione di autonomi livelli di contrattazione
collettiva regionale, nel rispetto della determinazione dei diritti
e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro,
nonché dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di
programmazione annuale e pluriennale delle singole regioni. Al
riguardo si sottolinea che sul piano delle relazioni contrattuali
attualmente il potere di impartire indirizzi all'ARAN nella sua
attività contrattuale nazionale - per il sistema scolastico - è
esercitato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri tramite il
Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione di concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze nonché, di concerto
con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca
(articolo 41, comma 2) e agli stessi soggetti spetta esprimere
parere favorevole sull'ipotesi d'accordo raggiunta dall'ARAN e dai
sindacati ammessi alla trattativa.
La proposta di legge, alla luce della dipendenza giuridico -
economica del personale scolastico dalle regioni, estende il
predetto concerto alle regioni, attraverso la modifica delle citate
norme, l'articolo 40, comma 3, e l'articolo 41, comma 2, del decreto
legislativo n. 165 del 2001.
c) il superamento del comparto unico della scuola
attraverso la previsione dell'articolazione in aree contrattuali
funzionali al riconoscimento delle specifiche professionalità
(direttivi, docenti e ATA).
Al riguardo si sottolinea che il rapporto di lavoro del
personale scolastico (dirigenti, docenti/ATA) ha natura privatistica
e contrattuale.
d) la decentralizzazione delle funzioni attualmente svolte
dagli uffici periferici del Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca. La proposta di legge prevede il
trasferimento delle funzioni esercitate dall'ufficio scolastico
regionale, nonché quelle svolte dagli uffici scolastici provinciali,
al centro servizi amministrativi per la comunità scolastica
territoriale, considerato quale organo di partecipazione e di
corresponsabilità delle regioni con lo Stato nel governo del sistema
nazionale d'istruzione. Tale decentralizzazione consente di
risparmiare risorse consistenti a vantaggio del sistema
d'istruzione. Dopo il 1997, infatti tutti i provveditorati furono
eliminati e sostituiti con le direzioni generali, per essere infine
«resuscitati» con il nome di uffici scolastici provinciali, in un
processo di costante espansione dell'apparato burocratico centrale e
periferico del Ministero. L'aumento delle direzioni generali è
paradossalmente avvenuto di pari passo con l'istituzione
dell'autonomia scolastica. Si tratta di una contraddizione in
termini e di una sorta di cristallizzazione di tale autonomia
all'interno della predetta struttura burocratico-amministrativa. Al
riguardo ricordiamo che in tutta Europa le riforme scolastiche sono
state costruite negli ultimi vent'anni sul decentramento dei poteri
dello Stato e sull'autonomia delle scuole.
e) la realizzazione dell'autonomia amministrativa e
finanziaria delle istituzioni scolastiche. La proposta di legge mira
a creare un collegamento tra l'istituzione scolastica e gli altri
soggetti istituzionali, pubblici e privati territoriali. Le scuole
ottengono dalla regione una dotazione finanziaria, in modo da
garantire, attraverso la qualificazione e la razionalizzazione della
spesa, le risorse necessarie per lo svolgimento delle attività di
istruzione, di formazione e di orientamento, nonché per il
riequilibrio di situazioni di svantaggio. Le assegnazioni ordinarie
sono stabilite sulla base di parametri oggettivi per la
determinazione dei fabbisogni, tenendo conto dell'entità e della
complessità dell'istituzione scolastica.
Le assegnazioni straordinarie sono finalizzate alla copertura
di spese imprevedibili o alla realizzazione di progetti di
particolare complessità.
La regione provvede alla riqualificazione della spesa
complessiva per l'istruzione attraverso:
1) la ridefinizione della rete scolastica
territoriale sulla base di parametri oggettivi, che consentano il
dimensionamento del numero minimo e massimo degli alunni;
2) l'attribuzione alla scuola di un organico
corrispondente ai parametri e agli standard anche
pluriennali in rapporto al numero degli alunni, all'interno del
quale sia possibile esercitare liberamente scelte organizzative da
parte degli organi di governo delle scuole;
3) la riqualificazione della spesa per il personale
al fine della miglior efficacia nell'erogazione del servizio
educativo.
Ovviamente le regioni attuano il controllo
amministrativo e contabile delle istituzioni scolastiche. Le
istituzioni scolastiche sono sottoposte al controllo di regolarità
amministrativa e contabile da parte di uno o più nuclei di
controllo, nominati dal dirigente del distretto scolastico regionale
competente. I nuclei sono composti da personale regionale
qualificato in materia amministrativa e contabile o da esperti
esterni appositamente incaricati;
f) determinazione, selezione e reclutamento dell'organico
docente. L'attuale modello concorsuale ha un alto grado di
inefficienza, poiché non stabilisce nessun rapporto tra risorse
impiegate e qualità del risultati ottenuti. Inoltre si basa su
criteri uniformi che non tengono conto dei più moderni sistemi di
reclutamento in uso sia nel settore privato sia in quello pubblico.
La presente proposta di legge intende mettere fine al vecchio
sistema con:
- il superamento della dimensione nazionale del
mercato del lavoro scolastico, causa principale dei maggiori difetti
dell'attuale modello;
- l'eliminazione del rischio di riproduzione del precariato.
- la garanzia di una selezione pertinente e meritocratica. Si
prevedono le medesime disposizioni contenute dalla PDL Camera n.
1710 (presentatori Cota, Goisis e altri) e ddl n. 997 ( d'iniziativa
del sen. Pittoni). Le due citate proposte di legge istituiscono il
«concorso regionale», e l'avanzamento di carriera. I vincitori del
concorso sono assunti con la qualifica di docenti ricercatori, per
un periodo massimo di tre anni, con contratto a tempo determinato,
prevedendo la possibilità di trasformarlo in assunzione definitiva,
a tutti gli effetti giuridici, contrattuali, normativi e
retributivi, al terzo incarico annuale, previo accertamento
meritocratico del servizio prestato. I più meritevoli sono assunti a
tempo indeterminato e ottengono lo status giuridico di
docenti esperti, salvo successive valutazioni inerenti la garanzia e
la qualità del servizio prestato;
g) gli incarichi pluriennali;
h) l'albo regionale dei dirigenti.
i) la dotazione organica del personale ATA, atta a
garantire la continuità nell'erogazione del servizio offerto
all'utenza; e la valorizzazione delle competenze professionali;
l) l'autonomia statutaria e l'istituzione degli organi di Governo
della scuola. Ogni istituzione scolastica approva la carta dei
servizi, quale strumento che definisce i diritti dell'utente in
relazione all'organizzazione e all'erogazione del servizio e informa
gli studenti e le famiglie sui princìpi fondamentali, sui contenuti
specifici e sull'organizzazione dell'offerta formativa. Nell'ambito
della propria autonomia le istituzioni scolastiche di ogni ordine e
grado utilizzano una parte del curricolo obbligatorio per la
costruzione di percorsi interdisciplinari dedicati alla conoscenza
del territorio di appartenenza, dal punto di vista storico,
culturale, ambientale, urbanistico, economico e sportivo.".
E l'accordo quadro in tutto questo come va considerato?
"E' evidente che nel nuovo contesto istituzionale si debbano
collocare le proposte delle regioni e delle province autonome, che
auspichiamo possano condividere le azioni poste in essere dalla
nostra Proposta di legge n. 3357. In particolare spero che la
definizione di un apposito accordo quadro tra Stato e regioni, da
definire in sede di Conferenza unificata, perché l'obiettivo
principale della trasformazione istituzionale e della soluzione
prospettata dalla mia Proposta di Legge chiarisce il principio di
decentramento dei poteri dello Stato. Inoltre la dipendenza
organica e funzionale del personale scolastico dalla regione,
assicura una reale pianificazione regionale sui posti effettivamente
disponibili al 100 per cento, elimina il precariato, favorisce la
continuità didattica".
Ma le Regioni sono pronte per una moderna proposta sulla
scuola?
"La regionalizzazione del sistema scolastico è un processo
irreversibile in tutti i Paesi. Ci sono tre principi che sostengono
detto processo:
- la qualità;
- l'unitarietà raggiunta attraverso la non uniformità del
sistema scolastico come dimostrato dalle politiche di altri Paesi
- la responsabilità o rendicontazione del proprio operato nei
confronti di tutti i soggetti della comunità scolastica;
- una Banca dati regionale che metta in relazione i dati
sugli allievi, sugli insegnati e sui costi.
- il rafforzamento dell' autonomia delle istituzioni
scolastiche.
Le proposte delle regioni e delle province autonome, sono state
avanzate il 14 dicembre 2006, in sede di Conferenza unificata. In
questa fase è stato approvato e condiviso all'unanimità il
master plan delle azioni da porre in essere per realizzare
compiutamente il titolo V della parte seconda della Costituzione nel
settore istruzione.
Nel documento era stata individuata la data del 1o
settembre 2009 quale termine finale entro il quale le regioni
avrebbero dovuto completare la predisposizione delle condizioni per
l'esercizio delle funzioni loro attribuite dal titolo V.La proposta
delle regioni e delle province autonome analizza, in definitiva, il
testo costituzionale e formula norme che possano influire sul
miglioramento del servizio di istruzione, sulla qualità della scuola
e su alcune condizioni organizzative relative al personale
scolastico, perché l'obiettivo principale della trasformazione
istituzionale e della soluzione prospettata (dipendenza organica
dallo Stato e dipendenza funzionale dalla regione) sarebbe la
valorizzazione di tutto il personale della scuola e il sostegno al
suo lavoro. Personalmente per dipendenza funzionale
intendo comunque che le regioni diventino i datori di lavoro.
A mio avviso quando si parla di federalismo scolastico si deve
pensare all'opportunità di snellire le competenze dello Stato,
lasciando al Ministro competente quattro funzioni essenziali per
salvaguardare l'unitarietà e la coerenza del futuro sistema
autonomistico:
- una Banca dati del sistema d'istruzione a livello nazionale;
- la creazione di un programma nazionale di promozione e di sviluppo
della ricerca scientifica sull'educazione;
- le relazioni internazionali, allo scopo di aggiornarsi e avere
contatti con l'evoluzione dei sistemi scolastici della comunità
internazionale;
- il controllo della ripartizione del finanziamento dell'istruzione,
alla luce del federalismo fiscale.
La mia proposta di legge tiene conto della legge Calderoli n.
42/2009 (che all'articolo 8, comma 2, introduce la possibilità di
estendere la competenza regionale in materia di istruzione) Con
l'attuazione del federalismo si prevede l'autonomia fiscale per
regioni, province e comuni, da attuare con imposte proprie, aliquote
riservate e compartecipazioni sui grandi tributi erariali. Tale
prelievo fiscale dovrà finanziare integralmente, sulla base dei
livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e dei costi standard
(che sostituiranno gradualmente la spesa storica), le funzioni
fondamentali degli enti territoriali, inclusa la dipendenza del
personale dirigenziale, docente e amministrativo, tecnico ed
ausiliario (ATA). Di conseguenza ritengo che sia possibile
configurare in prospettiva un trasferimento del ruolo del personale
scolastico alle Regioni. Rammento la sentenza della Corte
costituzionale: "la distribuzione del personale tra le scuole è
materia di competenza regionale, solo transitoriamente ancora
esercitata dalla Stato". Secondo questa concezione
non costituirebbe quindi principio fondamentale inderogabile l'incardinamento
del ruolo del personale scolastico nell'ambito dell'organizzazione
statale".
Non c'è il rischio di un Paese a due velocità anche per il
sistema scolastico?
"Per i territori disagiati, a minore capacità contributiva, la legge
Calderoli n. 42 del 2009 istituisce, agli articoli 9 e 13, i fondi
perequativi per la regione e gli enti locali.
Dal punto di vista sostanziale l'unico punto che potrebbe creare
interferenze nel trasferimento delle risorse umane e finanziarie
dallo Stato alle Regioni riguarda difatto i cd. livelli essenziali
delle prestazioni.
La determinazione dei citati LEP ( i
livelli essenziali delle prestazioni in materia di diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio),
deve contenere almeno tre diverse
prospettive di equilibrio:
- la prima è quella tra unità e territorialità, omogeneità e
condizioni di vita per tutti i soggetti quale che sia il loro luogo
di residenza, con la conseguente necessità di prevedere interventi
perequativi laddove ce ne fosse necessità;
- la seconda riguarda la correlazione tra risorse disponibili
e livelli essenziali delle prestazioni e dei diritti, ossia la
possibilità, sia per lo Stato che per le Regioni, di coniugare la
realizzazione delle istanze di eguaglianza e solidarietà con il buon
andamento finanziario della Pubblica Amministrazione e con
l'utilizzazione dello strumento fiscale;
- la terza concerne la gestione-organizzazione dei LEP, il
loro raccordo con i doveri e la moralità individuale, il controllo
delle prestazioni e della spesa, la ristrutturazione degli apparati
amministrativi, il rafforzamento dei valori che caratterizzano gli
interessi collettivi. Il finanziamento, sulla base
dei LEP al diritto allo studio ( sostegno all'accesso all'istruzione
e al successo scolastico) elimina le attuali disparità nelle
prestazioni delle offerte a livello territoriale.
Se si pone come condizione la pregiudiziale che prima di tutto si
devono fare i LEP il processo di trasferimento rischia addirittura
di arenarsi. Occorre fare il contrario: trasferire le risorse umane
e finanziarie, determinando in seguito il costo standard, prendendo
a riferimento la regione che spende meno. Per tutte le altre si
definisce una gradualità per andare a regime, chiedendo che in 5
anni, attraverso la perequazione verticale si arrivi a quel costo
standard ( che consentirebbe di determinare anche i LEP)".
Come valuta a distanza di 10 anni i risultati della legge
62/2000 sulla parità scolastica?
"La scuola paritaria svolge a tutti gli effetti un servizio
«pubblico» per chiunque lo desideri, svolto sotto il controllo degli
organi dello Stato e degli enti locali. La normativa vigente ha
contribuito al superamento della vecchia contrapposizione ideologica
fra scuola dello Stato laica e scuola privata cattolica, si è giunti
alla definizione anche della dialettica più complessa fra ruolo
della scuola gestita dallo Stato e ruolo di una scuola paritaria
riconosciuta, insieme alla scuola statale, quale «secondo pilastro»
del sistema nazionale di istruzione nella erogazione di un servizio
educativo e formativo valido per l'intera società, e perciò
anch'esso pubblico.
All'antica contrapposizione fra scuola dello Stato e scuola
dei privati, si è sostituita una diversa visione della scuola che,
per essere «pubblica» ossia di tutti ed avere perciò accesso al
finanziamento dello Stato, deve tendere, pur nell'ambito di progetti
educativi diversi, alla formazione di soggetti liberi e capaci di
autonomia critica e perciò essere fondata sulla libertà di
apprendimento e sulla libertà di insegnamento.
In quest'ottica diventa dunque necessario che gestori statali
e non statali assolvano alla medesima funzione pubblica in un
sistema fondato su una convergenza culturale e sociale circa gli
obiettivi formativi e governato da norme comuni.
Un sistema educativo così concepito è sicuramente la migliore
garanzia alle legittime aspettative degli studenti e delle loro
famiglie di potere contare su di un
quadro normativo
omogeneo con standard minimi uguali per tutti e quindi di
potere scegliere in assoluta libertà. In questo ambito, si ritiene
si debba valorizzare al massimo il ruolo delle regioni chiamate a
definire le modalità di attuazione di una effettiva libertà di
scelta delle famiglie tra scuole pubbliche e private, e nel contempo
garantire alle famiglie la tutela di un diritto imprescindibile
sancito dalla Carta costituzionale per tutti i cittadini".
Che cosa pensa della detraibilità fiscale delle spese
sostenute dai genitori che iscrivono i loro figli alle paritarie?
"La Lega Nord ha presentato la proposta di legge n. 2253 che
consente alle famiglie che hanno figli di età compresa tra tre e sei
anni, che frequentano una scuola dell'infanzia paritaria, di
usufruire di una detrazione pari al 19 per cento delle spese
sostenute per il pagamento delle rette di frequenza. . Si tratta di
un'iniziativa con cui si intende stigmatizzare l'interpretazione
prevalente del terzo comma dell'art. 33 della Costituzione, in
base alla quale la locuzione "senza oneri per lo Stato",
rappresenta un vero e proprio divieto costituzionale a sostenere
oneri da parte dello Stato a favore di scuole istituite da enti o da
privati. Tale interpretazione, derivante da un pregiudizio
discriminatorio di matrice ottocentesca, è fuorviante e va
contrastata, andando essa ben oltre le intenzioni dello stesso
Epicarmo Corbino, che propose, in sede di Assemblea Costituente,
l'emendamento espresso nella citata locuzione.
Il paradosso è rappresentato dalla sussidiarietà alla rovescia, in
quanto le famiglie e le scuole paritarie finanziano lo Stato e non
viceversa, facendo risparmiare a quest'ultimo mediamente 8.000 euro
per alunno all'anno, per un totale di 6.245 milioni di euro (dalla
scuola dell'infanzia alla scuola superiore). E' ovvio che la
detraibilità è solo un primo passo verso un
trattamento economico equipollente tra studenti e famiglie dello
stesso Stato, rappresenta un'inversione di tendenza rispetto
all'attuale regime e tiene conto delle difficoltà economiche del
tempo presente, in cui non sembra opportuno avanzare richieste di
finanziamenti , che verrebbero strumentalizzati e andrebbero ad
alimentare la conflittualità sociale e la polemica politica".
E del buono studio per tutti?
"La Lega Nord conduce da tempo una battaglia a favore
dell'erogazione dei buoni-scuola da utilizzare per il pagamento
delle spese di iscrizione presso scuole paritarie aventi sede legale
nel territorio regionale, il cui ammontare dovrà essere determinato
da ciascuna regione in relazione al reddito, alle disagiate
condizioni economiche, al numero dei componenti il nucleo familiare
e all'entità delle spese scolastiche gravanti complessivamente sul
medesimo nucleo familiare, prendendo come parametro di riferimento
la spesa media annua statale per studente, in relazione a ciascun
ciclo di istruzione. E' importante che le regioni promuovano e
disciplinino, i servizi e gli interventi necessari per garantire il
diritto allo studio, nonché il sostegno dei processi educativi, in
un quadro di collaborazione con gli enti locali, con
l'amministrazione periferica della pubblica istruzione, con gli
organi collegiali territoriali della scuola, con le istituzioni
scolastiche autonome, con le agenzie formative, con le famiglie e
con le forze sociali presenti sul loro territorio. L'iscrizione
degli alunni presso le scuole paritarie dovrebbe essere soggetta
all'applicazione delle tasse previste per le iscrizioni e al
versamento di una quota integrativa, per quanto non coperto
dall'intervento statale, e nella misura stabilita da ogni singola
istituzione scolastica.
Lo Stato deve comunque garantire a tutte le famiglie degli alunni,
in età scolare e prescolare, delle scuole statali e delle scuole
paritarie l' integrale copertura dei costi sostenuti per l'acquisto
di libri di testo, dei sussidi didattici di uso personale e per
tutte le altre spese scolastiche, i relativi oneri, purché
debitamente documentati e non coperti da altri interventi, in modo
tale che costituiscano credito d'imposta.
L'intervento statale potrebbe essere attuato in modo graduale ed è
determinato in misura pari al:
a) 50 per cento del costo per alunno della scuola
statale per il primo anno scolastico successivo alla data di entrata
in vigore della presente legge;
b) 60 per cento per il secondo anno;
c) 80 per cento per il terzo anno;
d) 90 per cento per il quarto anno;
e) 100 per cento per il quinto anno.
Detto intervento dovrebbe comunque essere vincolato a determinati
parametri, quali:
a) la tutela del diritto dell'alunno ad una prestazione
educativa e didattica adeguata e commisurata alle proprie
potenzialità;
b) la conformità dell'intervento formativo agli
obiettivi fissati dallo Stato;
c) gli standard minimi di produttività
della singola scuola.
Si tratta di criteri che intendono privilegiare le scuole paritarie
più virtuose, rispetto a quelle che oramai, alla luce di recenti
inchieste televisive, al sud d'Italia si sono trasformate in
diplomifici; luoghi dove si attua la compravendita di diplomi,
senza nemmeno garantire la frequenza scolastica, obbligatoria e
regolata dalle disposizioni vigenti per le scuole statali".
Conferma la bontà dell'idea delle graduatorie regionali?
"L'istituzione delle graduatorie permanenti, la mancanza di
programmazione per l'ingresso nelle graduatorie e misure di
sanatoria adottate in conseguenza alla considerazione che taluni
governi di centro - sinistra avevano della scuola come
ammortizzatore sociale rappresenta una delle cause principali dell'
esplosione del precariato. Il governo di centro sinistra, con la
legge n. 124/1999, ha cristallizzato il sistema del doppio canale di
reclutamento, nato dieci anni prima, prevedendo la copertura del
50% dei posti disponibili mediante concorso ordinario e per la
restante metà attingendo dalle graduatorie permanenti risultanti
dalla trasformazione operata dalla suddetta legge delle graduatorie
dei precedenti concorsi per soli titoli e delle graduatorie
provinciali per il conferimento delle supplenze. Con la Legge 124/99
è stata creata, in pratica, una pericolosissima connessione tra
graduatorie destinate esclusivamente alle immissioni in ruolo, quali
erano le graduatorie dei concorsi per soli titoli, con le
graduatorie che fino a quell'anno erano state compilate con cadenza
generalmente biennale ed erano finalizzate esclusivamente alla
copertura delle supplenze. La graduatoria unica istituita ai sensi
della legge 124/1999 ha in pratica allargato a dismisura la platea
del personale aspirante alla stabilizzazione mediante nomina in
ruolo dal momento che le precedenti graduatorie dei concorsi per
soli titoli (denominate tradizionalmente "doppio canale")
prevedevano l'inclusione del solo personale che avesse
effettivamente svolto servizio per almeno un biennio e fosse munito
ovviamente del prescritto titolo di abilitazione.I Corsi abilitanti
speciali ( istituiti dal Governo di centro - sinistra) hanno fatto
lievitare il numero del personale con aspirazione al posto fisso,
fino al paradosso di consentire l'iscrizione con riserva a coloro
che erano iscritti al primo anno di percorsi universitari di scienza
della formazione. Il risultato delle politiche sulla scuola del
Governo di centro sinistra, ha lasciato alla maggioranza di centro
- destra l'eredità di circa 270.000 precari, inseriti nelle
graduatorie ad esaurimento di tutti i gradi di scuola. Il problema
dei precari, con tutte gli aspetti negativi che ad esso si
collegano, si trascina da troppo tempo e il ricorso alle sanatorie,
oltre a eludere il problema fondamentale di un serio accertamento
dei requisiti professionali non può che dare risposte parziali. Si
tratta di un esercito di insegnanti meridionali, che disattendono
la norma in base alla quale la permanenza nella sede assegnata non
può essere inferiore ai 2 anni nella stessa Provincia, e almeno di
3 anni nella provincia diversa. In base a una discutibile
disposizione ministeriale, per il primo anno tale assegnazione
viene definita "provvisoria" per cui i neoimmessi in realtà sono
tenuti alla permanenza solo a partire dall'anno successivo". Va
ricordato ancora che la L. 53/2003 (la cosiddetta Riforma Moratti)
all'art.3 comma 1 lettera a) aveva previsto che "il
miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa
valutazione, nonché la continuità didattica, fossero assicurati
anche attraverso una congrua permanenza dei docenti nella sede di
titolarità". Il Ministro Gelmini ha dichiarato in alcune
occasioni che <<l`archetipo organizzativo dell`istruzione è
quello degli anni 70. Non può più funzionare né al Nord né al Sud.
Si parla tanto dell`autonomia scolastica, ma in realtà questa nei
fatti non esiste. Gli istituti devono essere collegati al proprio
territorio, alle sue esigenze produttive ed economiche>>.
La graduatoria regionale è utile solo se si fa una programmazione
della domanda di insegnanti, a livello di aree territoriali
appropriate, individuando nel livello regionale il livello di
responsabilità che deve dare loro attuazione. Il Ministro ha
probabilmente l'intenzione di assegnare nuove competenze alle
Regioni che, oltre alla potestà legislativa esclusiva in
materia di istruzione e formazione professionale e concorrente in
materia di istruzione, possano programmare la rete scolastica
regionale, date le disponibilità di risorse umane e finanziarie
fissate in modo fondato, credibile e rigoroso dallo Stato,
attribuendo il personale alle scuole. Alla luce della mia Proposta
di legge, si tratterebbe comunque di una fase transitoria che
dovrebbe culminare nell'attribuzione esclusiva del reclutamento e
gestione del personale scolastico da parte del sistema
autonomistico territoriale ( Regione, enti locali, istituzioni
scolastiche, ecc)".
Su tutto questo quali le differenze con il progetto del Pdl
presentato da Valentina Aprea?
"A mio avviso il pdl Aprea è centralista. Non è prevista alcuna
norma specifica sulla regionalizzazione del personale docente,
dirigente e ATA. La decentralizzazione è concepita essenzialmente
come un passaggio dalle competenze statali alle competenze delle
autonomie scolastiche. Esso non prevede infatti un giusto equilibrio
fra poteri delle regioni e poteri delle istituzioni scolastiche.
Se consideriamo lo stato giuridico del docente, occorre evidenziare
che i due processi non procedono di pari passo: l'accesso alla
formazione iniziale o l'articolazione della funzione docente
prevede solo ed esclusivamente un intervento regolamentare statale,
esonerando le regioni da qualsiasi potere programmatorio.
Anche i concorsi d'istituto mal si conciliano con la
regionalizzazione del personale docente. L'ambito della
contrattazione è generico e non prevede nessuna forma di
contrattazione regionale.La previsione della Fondazione rischia
di innescare conflitti ideologici, perseguendo una privatizzazione
occulta. Il finanziamento
non è integrato da alcun contributo perequativo a fronte di
particolari situazioni di difficoltà socio-educativa degli studenti,
o integrato con un'integrazione correlata ai risultati raggiunti
in termini di valore aggiunto negli apprendimenti, da accertare
mediante valutazione esterna su un arco di tempo di più anni".