università
I ricercatori contro il governo
Università, manifestazioni di protesta a
Venezia, Padova e Verona da Il Corriere del Veneto, 19.5.2010 PADOVA - A Verona hanno occupato le scale del rettorato, fino allo studio del Magnifico Alessandro Mazzucco. A Venezia, invece, si sono riuniti con megafoni e striscioni nel cortile di Ca’ Foscari. A Padova, infine, hanno consegnato simbolicamente decine di biciclette al rettore Giuseppe Zaccaria, «perché siamo stanchi di pedalare». Sono le migliaia di ricercatori delle università del Veneto, che ieri mattina hanno detto no al decreto Gelmini. No, cioè, alla riforma che farà sparire la figura del ricercatore a tempo indeterminato (ci sarà solo quello a tempo determinato, per un massimo di 6 anni) e che, sempre per i ricercatori, alzerà da 2 a 3 anni l’asticella degli scatti di stipendio. In Veneto i ricercatori costituiscono una parte consistente degli atenei. A Padova quelli strutturati - cioè a tempo indeterminato - sono oltre 900; mentre i non strutturati - assegnisti, dottorandi, borsisti - superano quota 5200. A Verona, con diverse proporzioni, il trend è lo stesso: 364 gli strutturati, 1219 gli altri; a Venezia 181 i primi, 231 i secondi.
Attualmente per diventare ricercatore occorre superare un concorso e
poi attendere tre anni per la conferma. Il primo stipendio?
Milleduecento euro. E per arrivare a portare a casa 1900-2000 euro
ci vogliono anni. Per molti, tuttavia, il problema non è neanche
quello economico. «Gli stipendi sono dignitosi, il vero problema del
ddl Gelmini è che di fatto bloccherà del tutto il turn over - ha
raccontato a Ca’ Foscari la ricercatrice di fisica Romana Frattini
-. I ricercatori non riusciranno mai più a diventare professori
associati. Così gli aspetti gravi sono due: da un lato le attuali
graduatorie dovranno andare a esaurimento (in pratica chi andrà in
pensione non verrà sostituito) e dall’altro verrà istituita una
nuova figura di ricercatore a tempo, con un margine massimo di sei
anni per diventare professore associato». Una dead line di sei anni,
insomma, oltre la quale i ricercatori saranno «o dentro o fuori»,
che darà il via a lotte intestine per accalappiarsi il posto, tra i
ricercatori «riformati» e quelli vecchio stile.
Anche a Verona non ci sono stati sconti nella protesta contro la
riforma. Tanto che i ricercatori di cinque facoltà (Lettere e
Filosofia, Lingue, Scienze della formazione, Scienze matematiche ed
Economia) hanno minacciato di revocare la propria disponibilità a
svolgere attività didattica a partire dal prossimo anno accademico.
«Circa il 40 per cento dei corsi - hanno fatto sapere - è tenuto da
ricercatori. Senza di noi si blocca tutto». La richiesta è quella di
cancellare completamente la riforma Gelmini. «Questa riforma - ha
affermato Sonia Giorietto della Flc Cgil di Verona - snatura
completamente gli Atenei. Da un lato infatti prevede accorpamenti,
dall’altro vuole trasformarli in fondazioni. Inoltre cancella
l’autonomia universitaria perché ogni decisione, compreso il nome
dei docenti e i corsi di laurea da attivare, dovrà essere approvata
dai ministeri dell’Economia e dell’Istruzione». |