Intervista a Settis
di Stefano Salis da
Il Sole 24 Ore,
4.5.2010
Direttore
Settis, che scuola Normale lascia e che indirizzi può prendere ora?
In questi anni penso che la Scuola abbia fatto dei passi molto
considerevoli. In termini di qualità dell'offerta, di accresciute
risorse e di bilanci economici particolarmente sani.
E' un punto che merita qualche riflessione. Normalmente gli atenei
italiani impiegano quasi il 90% dei fondi per pagare gli stipendi
del personale, spesso anzi di più (il che è contro la legge), qui
alla Normale questa percentuale è sotto il 50%. Un caso unico nel
nostro Paese. Siamo riusciti a fare molto con un bilancio molto
sano.
Ma non è merito mio, non lo dico per modestia. Ma perché il
consiglio direttivo e gli altri organi collegiali si sono mossi bene
nella direzione che si è dimostrata efficace.
I punti che hanno caratterizzato i miei undici anni di direzione
sono stati: coltivare il dna della Scuola, continuando una
tradizione di grande qualità, in secondo luogo, mantenendo ferma la
collegialità delle decisioni, abbiamo saputo recuperare fondi
esterni e risorse in modo tale da rendere praticabili i progetti che
via via facciamo, il terzo e ultimo punto è rappresentare bene nelle
sedi istituzionali e comunicative la specificità della scuola.
Per quanto
incidono nel bilancio i fondi esterni?
Nei miei undici anni di direzione, il fondo per il funzionamento
ordinario, quello che viene erogato dal ministero, a parte il primo
anno è sempre andato in crescendo. Oggi si aggira intorno ai 34
milioni di euro l'anno, ma ciò che è importante è la ripartizione di
come viene speso. Alla Normale si spende moltissimo in ricerca, di
gran lunga molto di più che negli altri atenei: nel 2009, per
esempio, grazie anche al successo nell'autofinanziamento le
erogazioni per quest'area del bilancio hanno raggiunto oltre il 40%
del fondo di funzionamento ordinario.
Nell'ultimo anno, con i tagli generalizzati, abbiamo recuperato con
fondi straordinari che ne hanno attutito la dimensione, sia esterni,
sia grazie a un fondo di 3,2 milioni di euro che ci è stato dato con
una legge dello Stato.
Devo dare atto, poi, al ministro Maria Stella Gelmini di averci
concesso un fondo sostanzioso, 10 milioni di euro (2 all'anno) per
l'edilizia scolastica, che ci permetterà di realizzare alcuni nostri
progetti per la Scuola. Dal rifacimento di alcuni collegi,
all'adeguamento della mensa, fino alla biblioteca che, con un
milione di libri tutti a scaffale aperto, costituisce un'eccezione
per il nostro paese. E abbiamo bisogno di creare spazio per questi
libri, che spesso provengono da donazioni di grandi studiosi che
hanno avuto rapporto con la Scuola, come Eugenio Garin, Vittore
Branca, Delio Cantimori, Arnaldo Momigliano per citarne alcuni.
Ringrazio per la loro collaborazione Banca Intesa, la Fondazione
Cariplo, la Fondazione Monte dei Paschi e la Fondazione Cassa di
risparmio di Pisa, per averci sostenuto con generosi contributi.
Infine la Telecom ci ha aiutati nel varare i corsi di orientamento,
che facciamo ogni anno, in 5 località italiane (in Calabria come in
Toscana e nel Trentino) per far capire ai ragazzi che professioni
possono svolgere in futuro, non necessariamente rappresentate qui
alla Normale. E' importante sottolineare che tutti i contributi
esterni non incidono minimamente sulla autonomia intellettuale della
Scuola che si riserva sempre di accettare i contributi solo se non
ci sono vincoli di questo genere.
In questi
anni la Scuola è stata molto più presente sui media, sempre molto
positivamente e da questo punto di vista è molto cresciuta la
visibilità. Quanto è bene che cresca la Normale anche in altri
termini?
Io credo che abbiamo raggiunto, per certi aspetti, una dimensione che
la fa funzionare bene. Con 500 allievi (compresi tutti, stranieri,
borsisti di scambio ecc.) dovremmo avere raggiunto un livello.
Quanto alla presenza mediatica, è vero. Io l'ho vista accadere. E
credo che sia dovuta a una serie di fattori.
Il primo: Carlo Azeglio Ciampi. Normalista che non perde occasione
di dirlo, ci ha fatto da sponsor sempre. Ha sempre ricordato la
Normale come scuola di vita, dove si imparano le virtù civiche.
L'altro fatto è che, in una realtà università che si sta
sfilacciando, la Normale ha l'aria di reggere, è vista come un posto
dove ancora (per la selezione, per la qualità) si tengono livelli di
grande qualità. Ed è paragonabile alle istituzioni straniere più
prestigiose.