Grazie Gelmini, per quest'ora di Caos
di Leonardo Tondelli da
l'Unità,
17.5.2010
Forse stavolta
il Ministro Gelmini ha cantato vittoria troppo presto. La
settimana scorsa il Consiglio di Stato ha accolto l'appello contro
la sentenza del Tar del Lazio che escludeva l'insegnamento della
religione cattolica dall'attribuzione del credito scolastico. “Il
Consiglio di Stato accoglie le nostre posizioni”, ha
scritto il ministero. Non è così vero. La sentenza contiene
critiche esplicite e pesanti al ministero, che dovrebbe garantire in
tutte le scuole il cosiddetto Insegnamento Alternativo (un'ora di
lezione alternativa a quella di Religione), e non lo fa.
“La mancata attivazione dell'insegnamento
alternativo”, si legge nella sentenza, “può incidere
sulla libertà religiosa dello studente o delle famiglie: la scelta
di seguire l'ora di religione potrebbe essere pesantemente
condizionata dall'assenza di alternative formative, perché tale
assenza va, sia pure indirettamente, ad incidere su un altro valore
costituzionale, che è il diritto all'istruzione sancito dall'art. 34
Cost. [...] Di questo aspetto il Ministero appellante dovrà
necessariamente farsi carico...” Il ministero invece fa orecchie da
mercante, e racconta
ai giornali che il Consiglio gli ha dato ragione. A
scuola intanto si attende una circolare che chiarisca, a due
settimane dagli scrutini, se gli insegnanti di Religione dovranno
parteciparvi o no: comunque vada, sarà un caos.
Se infatti fino all'anno scorso era normale
pensare che l'ora di Religione “facesse media” (anche se
la valutazione non è numerica ed è ancora inserita in un foglio a
parte), quest'anno l'insegnante sembrava essere stato
definitivamente estromesso dalla sentenza del Tar. Gli studenti che
durante l'anno hanno preso sottogamba la materia rischiano di
ritrovarsi una brutta sorpresa nella pagella finale. Eppure si tende
a pensare che la presenza del prof. di Religione nel consiglio di
classe sia generalmente benigna: nei casi, non rari, in cui una
promozione o una bocciatura vengano decisi per alzata di mano, la
sua varrebbe quanto quella degli insegnanti di italiano o
matematica. Ma questo vale anche per l'insegnante di Materia
Alternativa; inoltre non è detto che il prof di Religione (o
Alternativa) debba sempre sostenere gli alunni, e che le sue
valutazioni debbano sempre incidere sul credito scolastico in modo
positivo. L'essenziale, per il Consiglio di Stato, è che all'inizio
lo studente abbia la possibilità di scegliere tra l'ora di Religione
e una Alternativa (fermo restando che anche chi decide di non
scegliere entrambe, di uscire dalla scuola o di restare nei
corridoi, deve avere la possibità di conseguire il massimo
punteggio, purché risulti “comunque meritevole in tutte le altre
materie”).
Le associazioni laiche e religiose (non
cattoliche) che erano ricorsi al Tar consideravano
discriminante la presenza dell'insegnante di religione cattolica
agli scrutini. Il Consiglio di Stato dice di no: ammesso e non
concesso che Religione influisca in modo positivo sul credito (e
questo non può essere dato per scontato) non c'è discriminazione, se
a settembre gli studenti hanno avuto la possibilità di scegliere tra
Religione e Alternativa. Ma quest'ultima spesso non viene offerta, e
la stessa sentenza lo riconosce nero su bianco, ammettendo che si
tratta di una violazione di un diritto sancito dalla Costituzione.
Perché nelle scuole statali non viene
garantita, come previsto dalla legge, la materia alternativa? È
una semplice questione economica. In teoria l'ora di Religione
costerebbe allo Stato il doppio delle altre; per ogni ora di
insegnamento infatti dovrebbero essere garantiti due docenti. Ma in
questa fase di tagli indiscriminati, in cui molte scuole chiudono
laboratori e sospendono le gite d'istruzione, l'Alternativa è
generalmente considerata sacrificabile. È la stessa legge a offrire
ai dirigenti scolastici il grimaldello, lasciando ai genitori la
libertà di non scegliere né Religione né Alternativa. A questo punto
basta fare pressione sui genitori (che spesso non hanno chiari i
loro diritti) perché portino i figli a scuola un'ora dopo, o li
facciano uscire un'ora prima, o li lascino liberi di studiare nel
corridoio... e il risparmio è assicurato. Il rispetto della
Costituzione, un po' meno.
E quindi? Il Ministero non ha nessun
interesse ad ammetterlo, ma dopo il caos di giugno, c'è
un rischio concreto di ricorsi a valanga. Le famiglie che a
settembre non hanno avuto la possibilità di iscrivere i figli ad
Alternativa potrebbero fare ricorso, sostenendo (sentenza del
Consiglio di Stato alla mano) che la scuola abbia di fatto negato
loro un diritto costituzionale. È davvero plausibile? Diciamo che è
una mia teoria.
leonardo.blogspot.com