L'intervento

Test e quiz di qualità

 Pasquale Almirante La Sicilia, 18.7.2010

Il ministro del Miur, Gelmini, con Roger Abravanel, autore di saggi sulla meritocrazia, hanno presentato nei giorni scorsi il Piano Nazionale Qualità e Merito (Pqm), attraverso il quale si vuole capire il livello di preparazione dei ragazzi della secondaria di primo grado, somministrando loro un test di ingresso, di matematica e italiano, e poi verificare, con una seconda batteria di quiz, i risultati a termine dell'anno: una sorta di calcolo su entrate e uscite con un gran totale. In fase sperimentale dal 2011, dovrebbe andare a regime dal 2013, coinvolgendo pure la secondaria di secondo grado. Gelmini dice: «I risultati saranno anche utilizzati per stilare una classifica nazionale degli istituti migliori e per stimolare i docenti a migliorare la loro didattica».

Potrebbe essere una saggia decisione, visto che le classifiche ci giudicano scadentucci, ma nella pratica non è così. Infatti stilare una classifica degli istituti migliori cozza con la composizione territoriale della nazione, dove a fronte di aree geografiche avanzate, ci sono quelle depresse; e siccome è noto che oltre il 50% del successo scolastico dipende dalle condizioni sociali, puntare sulle eccellenze significa penalizzare chi invece ha bisogno di sostegno: l'opposto insomma della parabola della pecorella smarrita. E non basta. Sostenere che «i risultati saranno utilizzati per stimolare i docenti a fare meglio» è come mettere in pista un'auto senza le revisioni. A parte il fatto che la classe insegnante è composta soprattutto da ultra cinquantenni, il ministro glissa il problema centrale che è l'aggiornamento dei professori. Aggiornare significa allargare i cordoni della borsa, fare convenzioni con l'Università, concedere anni sabbatici per lubrificare i motori. E non ci riferiamo certamente a quei corsi di aggiornamento di 150 ore per fare del maestro unico anche un insegnate di inglese nella primaria, ci riferiamo a stage all'estero per i professori di lingue, a corsi intensivi di didattica e metodologia, invitando infine a scegliere definitivamente le modalità di giudizio dei ragazzi, affinché le prove a quiz, come quelle dell'Invalsi, non siano utilizzate solo all'atto della misura della Qualità e del Merito, ma divengano standardizzate cosicché né alunni né docenti si trovino spiazzati con una costumanza didattica che non ci appartiene.