Meno docenti, meno scuola

  di Marina Boscaino da Il Fatto Quotidiano, 27.7.2010

Mercoledì 21 luglio. Una situazione surreale che la dice lunga sul clima nel Paese. Il giorno prima il Tar del Lazio decide che le circolari Gelmini su cui Per la scuola della Repubblica e Flc Cgil hanno fatto ricorso – iscrizioni, mobilità e organici – pur essendo illegittime, non hanno prodotto danni concreti a lavoratori e studenti. O meglio, che dai ricorrenti non sono stati evidenziati danni. Pertanto respinge la richiesta di confermarne la sospensione cautelativa, prima concessa. Non entro nel merito: saranno i ricorrenti a produrre casi concreti; non dovrebbe essere difficile: le famiglie hanno iscritto i figli a una superiore con ore sono tagliate in media del 10%; in tecnici e professionali anche le classi dopo la prima hanno subito riduzioni di orario, in corso d’opera e senza preavviso – ma è stato accolto il ricorso dello Snals, obbligando Gelmini a rifare gli organici di quei segmenti della superiore. Per il prossimo anno la Finanziaria 2008 (sola ratio della “riforma epocale”) prevede 50.000 posti in meno. L’effetto-domino implica che molti docenti verranno definiti soprannumerari nella propria scuola e trasferiti d’ufficio. Si avrà la forza politica di bloccarlo? Inutile continuare: risponderà la mobilitazione.


Una situazione grave, che si concluderà solo con l’udienza di merito, quando il Tar si pronuncerà definitivamente sui ricorsi. Intanto la Cgil chiede di “non dare esecuzione ad atti dichiarati illegittimi dal giudice amministrativo”, in vista di “danni gravi e irreparabili ai lavoratori che la FLC Cgil associa, tutela e rappresenta ”. Perciò diffida Gelmini a “revocare gli effetti dei provvedimenti ministeriali in questione (…) provvedendo alla determinazione degli Organici secondo quanto già in corso per l’a.s. 2009/10”.

Sfoglio le rassegne stampa specializzate. Lo spazio dato dai media al fatto che gli atti siano stati ritenuti illegittimi è pressoché nullo. Non si è ritenuto necessario sottolineare che Gelmini ha “deciso” che la riforma era legge senza che lo fosse, violando procedure democratiche e costituzionali. Che Paese è quello che ignora – e vuole ignorare – questa informazione? Che informazione è quella che omette – e vuole omettere – di sottolineare l’illegittimità? Di esercitare anche una funzione civile e politica di cittadinanza attiva? Il disimpegno è abitudine pericolosa, che la scuola sta pagando cara. Attitudine parassita di una società incapace di responsabilizzarsi, è abitudine che polverizza, prova a rendere insignificante l’appello di Mauceri, uno degli avvocati dei ricorrenti: “In assenza di fatti nuovi, l’anno scolastico inizierà in un clima di caos e illegalità. È auspicabile che l’opposizione e le istituzioni democratiche si mobilitino immediatamente con il mondo della scuola per ripristinare la legalità”. È possibile che parole come illegalità o illegittimità – che in questo caso portano con sé precarizzazione di vite, indebolimento della formazione dei nostri figli, svilimento della scuola della Costituzione – non creino reazioni e indignazioni? Forze di opposizione e istituzioni democratiche, se ci siete, battete un colpo! Finora solo le province di Bologna, Cosenza, Pistoia e Vibo Valentia e qualche comune toscano si sono schierati. Il presidente della Provincia di Bologna – Draghetti – con coraggio ha parlato di appoggio “politico e simbolico” al ricorso, con scontato commento di Gelmini: “Propaganda politica tipica della sinistra, che non vuole eliminare gli sprechi ma mantenere i privilegi”. Gelmini dovrebbe preoccuparsi della pioggia di ricorsi individuali che rischia di caderle addosso dopo la dichiarata illegittimità delle circolari. E del conseguente caos per inizio e svolgimento dell’anno scolastico. Nel silenzio dei media che si interessano di scuola per lo più in modo strumentale (la notizia che-fa-notizia: il bullo, il precario in mutande, la pagella digitale, il fannullone: ma allora qual è il senso dell’informazione?); nel balbettio di un’opposizione incapace, tranne rari casi, di sostenere battaglie ed elaborare alternative, si rischia di non riuscire a restituire alle parole il proprio senso e di rivendicare diritti esigibili (in primis la legalità) e di imboccare la pericolosissima strada dell’assuefazione all’arbitrio.