Diritto di cronaca Università: il lento sì alla riforma Via libera del Senato dalla maggioranza ma anche da Rutelli di Flavia Amabile La Stampa, 29.7.2010 Sono andata a consultare l'archivio perché mentre scrivevo l'articolo avevo una costante impressione di già letto, già ascoltato, già fatto. Non m'ingannavo, ho scritto i primi articoli sulla riforma nell'autunno del 2008, quasi due anni fa. Il governo si era insediato prima dell'estate, e la Gelmini era già all'attacco, più o meno ogni giorno annunciava una nuova riforma. Sembrava voler rivoltare ogni centimetro di scuola e università. Alla fine di ottobre veniva presentata in Consiglio dei ministri una boza di provvedimento, praticamente la riforma approvata ieri dal Senato con pochissime e lievi differenze. A gennaio del 2009 veniva pubblicato in Gazzetta Ufficiale diventando legge. Dava il via libera alle parti più urgenti della riforma: il blocco del turn over e quindi dei concorsi e delle assunzioni negli atenei italiani. Ieri, a quasi due anni di distanza, molto in ritardo rispetto alle previsioni della Gelmini che si era sbilanciata fino a prevedere l'aprovazione definitiva per la primavera del 2010, e dopo un acceso - ma non si sa quanto utile ai fini del risultato finale - dibattito parlamentare, le norme hanno ottenuto il via libera del Senato
Si tratta di un provvedimento privo di
risorse: arriveranno a settembre con la finanziaria
promette il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che
assicura in particolare 40 milioni di euro per ripristinare gli
scatti stipendiali meritocratici. Che cosa cambia? Qualcosa in meno rispetto alle promesse iniziali. Esclusa la possibilità di vedere i professori ritirarsi a 65 anni come avevano chiesto il ministro Gelmini, la Lega e il Pd. I docenti andranno in pensione a 70 anni, senza poter usufruire dei due anni di trattenimento in servizio finora concessi. Per i professori associati il tetto è 68 anni. Nasce il Fondo per il Merito destinato a premiare gli studenti migliori ma che non potrà entrare in funzione se non quando - e se - verrà finanziato. I docenti dovranno lavorare almeno 350 ore ma non è chiaro come saranno certificate. E avranno diritto agli scatti di stipendio solo i migliori ma anche in questo caso non è chiaro come sarà realizzata la valutazione. Il reclutamento dei docenti avverrà con un’abilitazione nazionale attribuita da una commissione nazionale sulla base di specifici parametri di qualità fissati dall’Anvur (Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca, ente pubblico vigilato dal ministero dell’Istruzione) che è in via di definizione da tempo. Scompaiono i ricercatori a tempo indeterminato. Viene introdotto il cosiddetto sistema di ’tenure-track’: contratti a tempo determinato (minimo 3, massimo 5 anni) seguiti da contratti triennali (il rinnovo è possibile una sola volta), al termine dei quali se il ricercatore sarà ritenuto valido dall’ateneo sarà confermato a tempo indeterminato come associato. Si abbassa l’età in cui si entra di ruolo da 36 a 30 anni con lo stipendio che passa da 1.300 a 2.000 euro. Anche i rettori avranno un limite: verranno scelti fra i professori ordinari e potranno restare in sella per un massimo di otto anni, vale a dire due mandati, inclusi gli anni già trascorsi prima della riforma. Se non avranno amministrato in modo adeguato l’ateneo, potranno essere sfiduciati. Le università virtuose sia dal punto di vista del bilancio sia dei risultati ottenuti nella didattica e nella ricerca, avranno in premio maggiore autonomia. |