scuola

Cara Gelmini, per avere "qualità e merito"
occorre guardare al Regno Unito

Giovanni Cominelli il Sussidiario, 21.7.2010

In una recente conferenza stampa, il ministro Maria Stella Gelmini - al suo fianco l’ing. Roger Abravanel, noto per essere un collaboratore del Corriere della Sera nonché autore del saggio Meritocrazia - ha annunciato un Progetto nazionale relativo alla valutazione e al riconoscimento premiale della qualità e del merito (PQM) nel sistema scolastico: qualità dell’offerta formativa delle scuole e merito dei ragazzi.

I contenuti essenziali del Progetto:

a) estensione massiccia dei test dell’INVALSI (dasettembre, con il nuovo anno scolastico (2010-2011), il PQM coinvolgerà 1.000 scuole medie e, dal 2011-2012, anche la scuola superiore. Entro il 2013 il 50% delle scuole medie sarà interessato dai test. Dal 2013 in poi il Piano sarà esteso gradualmente a tutte le scuole medie italiane);

b) premio del merito (borse di studio e aiuti) dei ragazzi, a prescindere dalle condizioni economiche della famiglia;

c) creazione di un corpo di ispettori per la qualità.

Al netto dell’alone di propaganda, che sempre avvolge le operazioni mediatiche, quali prospettive aprono questi annunci di provvedimenti futuri? In primo luogo, questa linea appare una netta conferma di quella inaugurata a suo tempo con la fondazione dell’INVALSI, nel 2001. Finalmente, in coerenza con il nome, si legittima pienamente la valutazione esterna del sistema di istruzione, in primo luogo come valutazione degli apprendimenti e del valore aggiunto degli apprendimenti, che si incrocia con la valutazione interna che gli insegnanti operano quotidianamente e alla fine dell’anno.

Questa impresa, avviata con fatica inevitabile all’epoca della Moratti, sostanzialmente bloccata e sterilizzata dal ministro Fioroni, ora viene ripresa con decisione. Non sarebbe stato politicamente possibile, tuttavia, se l’INVALSI - pur disponendo di scarsi mezzi finanziari e di un apparato, certamente sempre più qualificato scientificamente, ma ancora inferiore alle necessità - non si fosse fatto onore sul campo con operazioni e indagini che ne hanno confermato la necessità e l’utilità per il sistema educativo nazionale. La creazione di un nuovo corpo di ispettori - diverso per missione, a quanto pare, da quello vecchio, ma non del tutto estinto - rappresenta una novità, il cui senso sarà illuminato più sotto.

In secondo luogo, per quanto riguarda il merito, si distingue, pur senza contrapporle, tra le politiche universalistiche del diritto allo studio e le politiche del talento e dell’eccellenza. Il talento va riconosciuto in qualche forma, quali che siano le condizioni economiche iniziali. È quanto ha deciso di fare la Germania di Angela Merkel. È il passaggio dall’egualitarismo ideologico astratto alla logica della personalizzazione e dei talenti. La scuola è effettivamente di tutti e per tutti se riesce ad essere “la scuola di ciascuno”.

Se questi sono i contenuti dell’annunciato PQM, quali sono le condizioni della sua realizzabilità? Qui la conferenza-stampa non ha detto molto. La prima questione, ovvia, ma tutt’altro che banale, è quella delle risorse finanziarie a disposizione sia per la valutazione esterna sia per il premio al merito. Il famoso 30% delle risorse risparmiate dal sistema doveva, a norma della Legge finanziaria precedente, tornare indietro per politiche di innovazione e di premio. Non sarà così. È ormai chiaro che se qualcosa tornerà, sarà impiegato per sanare i debiti che lo Stato ha contratto con le scuole: supplenze, esami, toner e carta igienica... Oppure, per reintegrare parzialmente in modo fortunoso e obliquo il blocco degli scatti di anzianità e la messa in mora dei contratti nazionali deciso nella nuova Finanziaria 2010.

Dietro alla questione dei soldi ne stanno altre, irrisolte, tutte riconducibili a quella del futuro dell’INVALSI. Il metodo INVALSI - quello della valutazione esterna degli apprendimenti mediante prove standardizzate, a base di test - non è l’unica strada possibile per accertare la qualità. Ciò che viene spesso contestato è il ricorso al testing. Alcuni obbiettano che si rischia quanto è già accaduto soprattutto nei Paesi anglo-sassoni: il Teaching to Test, insegnare (e dunque eventualmente apprendere) solo in vista del superamento dei test. Ciò che non è testabile non è insegnato/appreso. Per di più, confezionare un test rigoroso implica un notevole sforzo tecnico-scientifico e pertanto un forte apparato di ricerca e di sperimentazione. E, di più, l’esistenza di standard nazionali. Mancando i quali, accade che chi confeziona i test stabilisca, di fatto, anche gli standard.

Un circolo vizioso o virtuoso? Per alcuni critici è vizioso. Per ovviare agli inconvenienti suddetti, nei Paesi anglo-sassoni sono state così introdotte delle prove aperte, non standardizzabili. Il che rende più affidabile il testing, ma assai costoso. Correggere un testo scritto implica competenze e tempi notevoli rispetto alla verifica meccanica di un test. Partendo da queste considerazioni, è venuta maturando nelle retrovie dell’apparato ministeriale e in alcuni ambienti intellettuali un’altra ipotesi di sistema di valutazione, molto simile a quella dell’OFSTED (Office for Standards in Education) inglese.

Essa si basa su un nucleo centrale di ispettori - Her Majesty’s Inspectors - istituito nell’800 - che si avvalgono di una rete di agenzie di ispezione - a loro volta periodicamente certificate - composte principalmente da ex-insegnanti e dirigenti ed esperti vari. Questi nuclei di ispezione vanno ogni tre anni in ogni scuola e la sottopongono a lente di ingrandimento, utilizzando tutte le tecniche di indagine e di verifica possibili. Al termine di un’ispezione di alcuni giorni, l’ispettore capo stila una relazione. In base alle risultanze, alla scuola ispezionata vengono segnalati i punti di forza e quelli di debolezza, vengono dati suggerimenti e viene assegnato un tempo per colmare le lacune. Nei casi più gravi, la scuola viene chiusa. Durante il governo Brown, sono state chiuse 526 scuole medie, ritenute incapaci di offrire il necessario educativo ai ragazzi inglesi.

Secondo questo progetto, l’INVALSI diverrebbe un apparato tecnico di confezione dei test, alle dipendenze dirette del ministero, mentre gli ispettori - tutti da formare - dipenderebbero dall’ex-INDIRE, oggi ANSAS. Questo istituto sarebbe di fatto l’OFSTED italiano. In attesa che i dilemmi, che ora stanno nel backstage, vengano in prima fila e vengano pubblicamente discussi e sciolti, continua ad essere indefinita una questione, la cui soluzione è condizione sine qua non della buona qualità dell’offerta educativa e di buoni apprendimenti: la formazione, il reclutamento, la valutazione, la carriera, lo stato giuridico dei docenti. In assenza di qualità certificata e valutata degli insegnanti, la qualità dell’apprendimento, il merito, le eccellenze resterebbero puri flatus vocis propagandistici.