UNIVERSITA'
Una "banca dati" al ministero
sulla produttività dei docenti
Da Genova a Milano, così gli atenei misurano il "valore" dei professori. I rettori: ci deve essere un sistema di premi ma la ricerca è una partita complessa
di LAURA MONTANARI
A due velocità: alcuni hanno iniziato da tempo a classificare la produttività dei dipartimenti e dei docenti. Altri atenei sono in ritardo e cominciano ora, spinti dal fatto che il ministero ha annunciato un nuovo studio sulla valutazione della ricerca nelle università italiane. La banca dati è pronta, devono ancora essere inseriti i numeri.
L'università di Genova già nel 2009 ha "agganciato" la distribuzione delle risorse per la ricerca, circa un milione di euro e il provvedimento sui professori da mandare in pensione, alla valutazione: "Chi è scientificamente improduttivo viene penalizzato - spiega il rettore Giacomo Deferrari - Il 14% dei nostri docenti (ordinari, associati e ricercatori) è risultato avere meno di due pubblicazioni negli ultimi cinque anni. Ma ci sono differenze notevoli a seconda dei dipartimenti, ce n'è uno dell'area medica con un tasso di improduttività che sfiora il 47%. É chiaro che bisogna analizzare la situazione caso per caso e intervenire. Ho appena scritto ai docenti". Genova proseguirà nell'indagine entrando nel merito: "Andremo a vedere dove i lavori scientifici sono stati pubblicati: c'è differenza fra Nature o Science e un bollettino qualsiasi".
Il tasso degli "inattivi" alla Statale di Milano si aggira fra il 4-5%, sotto la soglia del 4% al Politecnico: "Già da otto anni nel ripartire le risorse consideriamo quello che un dipartimento produce - spiega il rettore Giulio Ballio - ma teniamo conto di due fattori, la didattica (45%) e la ricerca (55%)". Il politecnico milanese si fa anche valutare da un gruppo di 80 studiosi stranieri. A Bologna dal rapporto del nucleo di valutazione, emerge che i docenti privi di pubblicazioni negli ultimi cinque anni sono fra il 5 e il 7%: "Un dato fisiologico - dice il prorettore Dario Braga - i numeri vanno interpretati. Non possiamo dimenticare che ai ricercatori da anni chiediamo di fare molta didattica oppure non considerare che tra i medici c'è chi fa assistenza clinica". Insomma attenzione a capire cosa c'è dietro alle tabelle. Se all'università di Siena - oberata dai debiti, tanto da vendere parte del patrimonio immobiliare - la valutazione è all'inizio (oggi un incontro col presidente del Agenzia nazionale di Valutazione), all'università di Torino quelli che non superano i parametri minimi si attestano intorno al 10%: "Bisogna considerare la complessità di ogni ateneo. Noi abbiamo 70mila studenti e 2.150 fra ordinari, associati e ricercatori e da anni siamo sottofinanziati. I nostri docenti hanno un'età media alta, al 40% è sopra i 60 anni. C'è chi non fa ricerca, ma svolge mansioni altrettanto importanti, fa parte di commissioni, fa più didattica, segue le tesi, amministra" frena il rettore Ezio Pellizzetti. Sotto il 2% gli "inattivi" al Politecnico di Bari, secondo il rettore Nicola Costantino: "Ma noi siamo un ateneo giovane - precisa - . Sono d'accordo che ci debba essere un sistema che premi chi produce meglio e di più, però non si può giudicare un docente con un numero e un cartellino". Sulla stessa linea il rettore Corrado Petrocelli dell'università di Bari: "Consideriamo anche le eccellenze, nell'ultima valutazione Civr la nostra Fisica è risultata al primo posto". Eppure nello stesso ateneo c'è una delle aree di Medicina, dove sono oltre il 15% i docenti che non hanno pubblicato lavori scientifici negli ultimi anni.
(06 luglio 2010) © Riproduzione riservata
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