Vespa: La riforma della scuola Bruno Vespa da Panorama, 15.6.2010 Intendiamoci: molti, moltissimi nella scuola mugugnano contro le riforme di Mariastella Gelmini, ma alla fine gli studenti s’impegnano di più e i professori stanno più attenti. Si guardi al liceo scientifico Vittorio Veneto di Milano. Una circolare ministeriale del 5 maggio, riprendendo una legge dell’anno scorso, ricordava che non possono essere ammessi agli esami di maturità gli studenti che non abbiano il 6 in tutte le materie, lasciando peraltro al consiglio di classe la valutazione complessiva dell’allievo. In sostanza: se il ragazzo va bene, non saranno due 5 a fermarlo. Il Vittorio Veneto è finito sui giornali per una specie di rivolta: 6 politico a tutti e Gelmini vada al diavolo. In realtà, quattro irrecuperabili sono rimasti irrecuperabili e lo stesso preside ha dovuto ammettere che lo spettro di perdere l’anno ha costretto gli alunni a impegnarsi di più. Per questo, e solo per questo, gli ammessi agli esami quest’anno sono superiori all’anno scorso.
Non sappiamo se a fine legislatura, fra tre anni, il ministro
dell’Istruzione sarà riuscito a rivoluzionare la scuola, a fare,
cioè, una riforma più difficile di quella del fisco per le
incrostazioni storiche che deve abbattere. Ma dovrebbe essere
accompagnata da un consenso maggiore perché oggi siamo fra gli
ultimi della classe nel mondo, nonostante l’impegno di tanti
insegnanti. Con il risultato di allargare la forbice tra ricchi e
poveri e di mandare all’università studenti che anche dopo la laurea
dovranno ancora scontrarsi con la sintassi e talvolta con la
grammatica nei concorsi di abilitazione professionale. Per questo la
riforma universitaria che sta per andare in aula a metà giugno, in
Senato, è davvero la madre di tutte le riforme. Non possiamo
permetterci 80 università su 103 province con un bassissimo indice
complessivo di produttività e Come ha scritto Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera, la riforma Gelmini «è il tentativo onesto e ragionevole » di introdurre criteri di ricambio e di funzionalità negli organi di governo degli atenei, di verificarne l’efficienza sottoponendo i docenti a giudizi di merito (oggi chi va in cattedra smette di studiare senza conseguenze), di organizzare per gli studenti meritevoli un sistema di finanziamento da restituire dopo la laurea (oggi l’università costa poco, ma rende pochissimo) e riformare lo scandaloso sistema dei concorsi con un ragionevole mixage tra meriti scientifici dei commissari e il loro sorteggio. Oggi i pochi laureati competitivi hanno più opportunità all’estero. Per questo una delle poche revisioni possibili della manovra economica dovrebbe riportare un po’ di soldi alla ricerca. Prendiamo esempio dal cancelliere Angela Merkel: ha imposto ai tedeschi la dieta più dura del dopoguerra, ma ha risparmiato scuola e ricerca. Un conto è dimagrire oggi, altro è diventare anoressici domani. |