La morte degli Istituti professionali

 Il Messaggero, 4.6.2010

Sono un insegnante tecnico dell’ I.P.I.A “O. Conti” di Aversa (Ce), insieme ai miei alunni voglio fare un appello: ai giornalisti, ai conduttori televisivi, agli artigiani, agli imprenditori, agli istituti professionali, e soprattutto ai giovani affinché prendano a cuore questo problema.

Con la morte dell’istruzione professionale, nella vita di tutti i giorni non esisterà più manodopera specializzata. Con la prima riforma, Progetto 92, fatta da persone incompetenti nel settore professionale, l’Italia è rimasta per la maggior parte senza manodopera specializzata. L’istruzione professionale, prima del Progetto 92, era l’unica scuola a dare una professione e un lavoro ai nostri ragazzi.

I primi tre anni di qualifica si basavano principalmente sulle materie tecnico-pratiche mentre il 4° e 5° anno si basava sulle materie teoriche. Era strutturata in modo perfetto, perché nei primi tre anni di qualifica, ai ragazzi (che non erano troppo portati per lo studio teorico) si insegnava una professione e contemporaneamente si abituavano anche allo studio teorico, e la maggior parte di loro conseguiva la maturità professionale.

Il Progetto 92 non solo abolì vari indirizzi, ma ridusse drasticamente le materie tecnico-pratiche su cui si basava l’istruzione professionale, creando difficoltà ai ragazzi e favorendo la dispersione scolastica. Sappiamo bene che i ragazzi che si iscrivono al professionale, perchè principalmente vogliono conseguire una qualifica e perché sono più portati per le materie pratiche. La riforma 2010, ha creato un caos enorme, ha soppresso le rimanenti qualifiche dando il colpo finale all’istruzione professionale.

Quello che mi colpisce di più è l’indifferenza della classe politica, dei sindacati e della stessa scuola professionale ecc… I politici e i sindacati parlano tanto dell’inserimento dei ragazzi nel mondo del lavoro senza preoccuparsi di dar loro alcuna formazione professionale.

La scuola professionale deve:

1) Offrire manodopera specializzata alle piccole e medie imprese.

2) Formare dei piccoli artigiani

3) Formare tecnici

4) Recuperare ragazzi difficili.


Questa riforma vuole invalidare tutto questo e indirizzare i ragazzi verso l’apprendistato e corsi regionali. Non è così, la scuola deve farsi carico di questi ragazzi, perché non si può acquisire un mestiere senza la cultura scolastica e la conoscenza tecnologica! !

Dobbiamo fare delle considerazioni:

1) Ma quante regioni sono in grado di attuare questi corsi; se la maggior parte sono in crisi economica?

2) Quanti soldi ci vogliono per le attrezzature?

3) Perché questi corsi non devono rimanere agli istituti professionali che sono già attrezzati?

4) Non era più facile aggiornare i programmi?

Sono un insegnante tecnico di meccanica, dal 1985 dedico la mia vita e la mia esperienza alla scuola, per la formazione dei ragazzi. Con la mia esperienza acquisita nel mondo del lavoro prima che entrassi nella scuola e con l’esperienza acquisita in tutti questi anni, credo di poter dare un giudizio sulle riforme attuate nel professionale e vi posso assicurare che hanno fatto danno non solo ai docenti ma soprattutto ai ragazzi.

Noi italiani siamo molto bravi a sopprimere le cose che funzionano. La riforma dell’istituto professionale e degli istituti tecnici va fatto da persone competenti che lavorano nel settore , non da quelli che stanno seduti dietro la scrivania.

Il mio appello è rivolto:

1) Ai professionali: che non facciano partire questa riforma.

2) Alla televisione: affinché faccia trasmissioni sugli istituti professionali prima e dopo il progetto 92.


Agrippino Rendine
insegnante

Augusto Coronella
Gennaro Lama
Saverio Avella
Luigi Zaccariello
Giovanni Russo
Raffaele Maiello
Nunzio Lembo
D’Ambra Gennaro
alunni


(4 giugno 2010)