Quando il prof riceve il "congedo"

In Provincia di Torino un migliaio di cattedre eliminate.
Istituti professionali e tecnici i più colpiti dai tagli

Maria Teresa Martinengo La Stampa, 20.6.2010

TORINO
Vai a farglielo capire che gli statali almeno non rischiano il posto. I professori di ruolo «tagliati», che in questi giorni si sono visti consegnare da presidi sconfortati la lettera «di congedo», sentono solo la ferita che hanno dentro. L’impressione è di essere stati usati, sbattuti per anni a macinare chilometri, di aver fatto il loro dovere. E ora via dai loro studenti, via da scuole che erano «le loro scuole». A 45 e anche prossimi ai 60 anni. A cercarsi un posto difficile o impossibile da trovare. Paradossalmente, poi, nell’era del merito, rischiano di più quelli a cui la scuola bastava, quelli che non si sono fatti una famiglia. Implacabili, le graduatorie evidenziano i punti di mogli, mariti, figli, genitori ricongiunti. E questo un po’ brucia.

«Ieri al collegio docenti di fine anno - racconta Pier Giorgio Panata, 46 anni, professore di italiano e latino, in ruolo da 6 e da 6 allo scientifico Copernico - il preside Stefano Grosso, sinceramente addolorato e pieno di speranza di poter fare qualcosa per noi, ha consegnato le lettere ai “soprannumerari”: siamo 8, tutti di lettere. Tra noi c’è anche una collega di 56 anni. Siamo nella condizione di dover far domanda di trasferimento entro lunedì, senza sapere dove ci siano posti». Certo, per il professor Panata, che vive a Villafranca d’Asti con moglie e figlia, «è che i pensionamenti non pareggiano il nostro numero. Solo di lettere negli scientifici dovremmo essere 70. Forse, da Villafranca, come ho fatto per anni, tornerò ad insegnare a Ivrea o a Ciriè? Ma allora avevo 30 anni... Ci eliminano per eliminare le nostre 2-3 ore che restavano a disposizione della scuola, con cui coprivamo i buchi delle malattie brevi. Ora i nostri studenti, minorenni, staranno soli in classe. E per i precari sarà una vera tragedia».

Chiara Tamagno è un’altra docente di lettere soprannumeraria del Copernico. «È tutta questione - dice - di anzianità nello stato, non anagrafica, di punteggi in base al numero dei figli. Valutare la qualità del lavoro è di là da venire. Più che per me sono amareggiata per i miei studenti».

I tagli colpiscono in modo pesante istituti professionali e tecnici. E particolarmente penalizzata è la categoria degli insegnanti tecnico pratici, le cui ore sono state in certi casi quasi azzerate (nel biennio tecnico si è passati da 9 a 2). «Della mia classe di concorso, C32, laboratorio tecnologico, che negli anni ha coperto qualsiasi necessità, dalla meccanica all’informatica - racconta Antonio Mandarano, che ha portato l’Itis Avogadro a vincere una quantità di concorsi nazionali sul tema della sicurezza - nella mia scuola siamo in 11: a regime resteremo in 5». Mandarano quest’anno resisterà. «Ma il prossimo no, abbiamo fatto i conti. Se mi sposassi, invece, con 6 punti in più passerei davanti a un collega, se facessi arrivare qui mia madre dal Sud lo stesso. Ma sono criteri? Ho iniziato a insegnare a 20 anni, ne sono trascorsi 24. Ho fatto di tutto, mi sono adeguato a tutte le richieste di aggiornamento. Ora, mi dicono che quel che resta del mio lavoro lo dovrà svolgere un laureato». Nelle scuole dei posti occupati da precari neppure si parla. «In Piemonte su 45 mila docenti, 9000 sono precari. Chiaro che chi non lavorerà saremo noi», dice Giulia Bertelli dei Precari Autoconvocati Torino. «Dei 250 che lo scorso anno sono scesi in piazza con noi, hanno lavorato in 15».