Il buon senso della Gelmini di Antonio G. Pesce da Catania Politica, 10.6.2010 “Buon senso”, la traduzione nazionale dei “localistici” tarallucci e vino. Che, in un’istituzione come quella scolastica, nella quale l’ubriacatura risale a quarant’anni fa – e quando l’hanno smaltita, gli studenti erano diventati docenti – si traduce, ancora, in poetiche coccole e carezze. Ricordo una imprenditrice di ferro, attuale sindaco di una importante città lumbard, quando era ministro dell’Istruzione. Proprio si vedeva che non ce la faceva a fare la maestrina bella e carina. Tuttavia, si piazzò davanti ad una telecamera e rassicurò i giovinetti: il nuovo esame lo avrebbero fatto tra le braccia dei loro stessi professori. Ovvio che ad una scuola così mammona nessuno dia fiducia. Da allora, alla maturità, abbiamo sfornato milioni di capre. Non preparati al lavoro perché, innanzi tutto, non preparati né alla vita né alla civiltà. Con l’attuale ministro speravamo ci fosse andate meglio. Quando le toccavano il datore di lavoro – l’unico che abbia mai fatto – si lanciava, impettita, contro il bestemmiatore. E parlava, poi, di merito e di serietà. Certo, non è che desse prova di spigliata dialettica. A volte, poi, si arrivava a mettere in dubbio che sapesse quel che diceva. Ma almeno l’apparenza pareva di tutto rispetto.
È arrivata la gravidanza, il parto. E il ministro lo abbiamo perso.
Ora parla come tutte le mammine di questi tempi, alle quali non puoi
dire che il loro figlioletto deve rompersi la schiena senza
rischiare il linciaggio. Raccomanda il ‹‹buon senso››: ‹‹con un solo
cinque non si boccia››. ‹‹Buon senso››. Lo dicevamo in molti che era
questione di ‹‹buon senso››. Solo di ‹‹buon senso››.
Ci voleva del ‹‹buon senso›› per non tagliare a scuola e università 8
miliardi di euro…. |