Riflessioni a caldo di Giuseppe Zambon dal Centro Studi per la Scuola Pubblica di Padova, 15.6.2010 Erano più di 10 anni che la conclusione dell'anno scolastico non vedeva delle iniziative di agitazione e lotta di un certo rilievo, anche questa volta per poterlo fare abbiamo rispolverato il blocco degli scrutini quale strumento per attirare l'attenzione sul mondo dell'educazione, istruzione e formazione. Il blocco degli scrutini è stato uno strumento di lotta che il movimento degli insegnanti ha utilizzato dalla fine degli anni 70 a quella degli anni 90, sempre osteggiato dai sindacati confederali, ma che li ha - spesso - travolti, riuscendo a concretizzare gli obiettivi più sostanziosi che stavano nel piatto in quelle determinate fasi: stabilizzazione dei precari, certezza nel reclutamento, gli unici sostanziosi aumenti salariali; su queste conquiste sono nati e cresciuti i sindacati di base, in particolare Gilda e Cobas della scuola. Poi è venuta la L.146/90, che ha regolamentato gli scioperi nel Pubblico Impiego e nei Servizi - detta legge anti cobas anche perché fortemente voluta dai sindacati ufficiali che vedevano erosa la loro credibilità dall'interno dei settori - e, di fatto, le lotte autonome e di base si trovarono con le armi spuntate. Oggi dopo una discussione che è durata anni e che ha attraversato tutto il sindacalismo di base, trovando resistenze anche inaspettate - la forma sindacato è comunque un tassello della mediazione sociale - questa forma di lotta, sollecitata e sospinta dall'area cobas scuola e coordinamento precari del veneto ha trovato una sua rinnovata applicazione, grazie ai Cobas della Scuola che ne hanno assunto il significato, il carico e gestito la fase di indizione e preparatoria, ancorché edulcorata perché per i soli 2 giorni possibili anziché a tempo indeterminato, giacché si colloca nei limiti previsti come praticabili dalla legislazione vigente. Poi il portato reale si verifica e si darà nel concreto, nel crederci e spendersi con determinazione ed elasticità, nella legittimità e nel radicamento che ti sei conquistato nel settore e nel territorio, nella condivisione e consapevolezza che questo strumento - ora - é l'unico che ti permette di richiamare l'attenzione sociale e collettiva sulla destrutturazione della funzione pubblica della scuola, che è già in atto da almeno 10 anni, e sul fatto contingente - la manovra finanziaria - che ci penalizza con un taglieggiamento medio annuo di 1.600 € ma che arriva bella somma di 30.000 € per gli insegnanti a fine carriera. Qui nel Veneto ci abbiamo creduto da sempre e i risultati sono andati oltre le aspettative sopratutto nel ritrovato senso di solidarietà, di trasversalità e di condivisione, tra il personale, gli studenti ed anche gli spaesati genitori. Ancor'oggi, sembrerebbe impossibile, ma solo i diretti interessati più attenti - e questo la dice lunga sul potere conculcante dei media - si sono resi conto che la scuola è un bene comune da riconquistare, solo in questi giorni si vedono i genitori in mutande perché il tempo pieno, non c'è, è una bufala o è diventato un tempo vuoto di contenuti. Per non parlare dell'istruzione superiore che sarà sempre più un costo a carico delle famiglie e questo determinerà la qualità dell'insegnamento a cui si potrà avere accesso. E gli insegnanti e il resto del personale della scuola?
Sono dentro un tritacarne sociale che li delegittima, dequalifica e li
ridicolarizza. In questo senso lo sciopero con il blocco degli
scrutini è anche un atto d'orgoglio professionale: il canto del
cigno di una funzione/mestiere tecnologicamente obsoleta? E' stato complicato e complesso, ma per esempio quasi ovunque - qui da noi - ci siamo dotati di una cassa di solidarietà per alleggerire il carico economico per gli scioperanti [alcuni sono al 5 sciopero che equivale a oltre 400 € in meno] e anche questo è un quid in più che rimane nel nostro bagaglio e ci permetterà di affrontare il fosco domani con una grinta che ci eravamo scordati da tempo. |