Manovra sulla scuola, di A.G. La Tecnica della Scuola, 10.6.2010 Per il presidente, Tullio Lazzaro, sono state adottate misure "particolarmente severe": dito puntato sulla scelta di coprire i debiti degli istituti con il 30% derivante dei risparmi che doveva andare a premiare il merito. Per il Pd i docenti così saranno ‘cornuti e mazziati’. Intanto la Uil Scuola scopre che l’onda lunga del trattamento alla scuola si esaurirà solo nel 2050. Continua a ricevere giudizi fortemente negativi la manovra finanziaria predisposta dal Governo. Anche da organi super partes. A bocciarla, il 10 giugno durante un'audizione in commissione Bilancio del Senato, è stato il presidente della Corte di Conti, Tullio Lazzaro. Puntando l’indice sulle misure riservate al personale della scuola, definite "particolarmente severe", si è soffermato su un punto della correzione dei conti già emerso ma che ora si prospetta con dei contenuti ancora più dannosi per gli stipendi del personale: la mancata assegnazione del 30% delle economie derivanti dai pesanti tagli al settore derivanti dalla Legge 133/08. Secondo Lazzaro il blocco della contrattazione nazionale per il triennio 2010-2012 determinerebbe la "disapplicazione del meccanismo che a fronte del riassetto dell'organizzazione scolastica con conseguenti importanti riduzioni nell'organico di fatto e di diritto, prevedeva (…) la riassegnazione alla contrattazione integrativa di parte dei risparmi conseguiti per la valorizzazione e lo sviluppo professionale delle rispettive carriere. Tali disponibilità - ha proseguito Lazzaro - sono ora destinate al ripianamento dei debiti pregressi delle istituzioni scolastiche ed al finanziamento delle spese relative alle supplenze brevi al fine di consentire un più ordinato svolgimento delle attività didattiche". In conclusione, secondo l’alto rappresentante della Corte "il nodo strutturale da affrontare non riguarda l'entità complessiva della retribuzione quanto, piuttosto, la mancanza di una correlazione tra il trattamento accessorio e una effettiva valutazione del merito individuale e dei risultati conseguiti nello svolgimento dell'attività didattica". Insomma, il concetto è chiaro: dopo aver ‘sbandierato’ per due anni la necessità di introdurre la meritocrazia anche nella scuola, le istituzioni sembrano mettere da parte questa esigenza e destinano i fondi della premialità alla copertura di spese, come i Fis e le supplenze pagate dagli istituti, per le quali non si può proprio più aspettare. Debiti, aggiungiamo noi, a proposito dei quali sino a poche settimana fa veniva negata l’esistenza. La strategia scelta dal Governo non è sfuggita nemmeno all’opposizione parlamentare: secondo Manuela Ghizzoni, capogruppo democratica in commissione Cultura alla Camera, "per gli insegnanti oltre al danno arriva pure la beffa: dopo tanti roboanti annunci del Ministro sul merito e sui premi da attribuire ai docenti migliori, peraltro senza mai aver avuto la compiacenza di rendere pubblici i criteri in base ai quali selezionare i meritevoli e ripartire tale presunti premi, è calato un silenzio assordante e ora scopriamo che fine faranno quei soldi".
La parlamentare del Pd ritiene che con
questa scelta, sempre se confermata, "gli insegnanti sono stati
presi ancora una volta in giro e i più meritevoli saranno ‘cornuti e
mazziati’, perché oltre al blocco dei loro scatti contrattuali non
c'é un euro per valorizzare chi fa di più e meglio. È l`ennesima
beffa di un ministro senza più pudore". |