Crocifisso in aula, il 30 giugno di Alessandro Giuliani La Tecnica della Scuola, 29.6.2010 Al via l’esposizione delle parti: in gioco la conferma della prima sentenza secondo cui lo Stato non può imporre l'esposizione di simboli religiosi. Per l’esito del ricorso del Governo italiano, che si dice ottimista, bisognerà però aspettare "almeno sei mesi". Le associazioni laiche lamentano pressioni da tutti i fronti. Continua, C’è molta curiosità per l’udienza che la 'Grande Chambre' della Corte europea dei diritti dell'uomo terrà il 30 giugno a Strasburgo per decidere sul ricorso presentato dal governo italiano contro la sentenza della stessa Corte sul crocifisso nelle scuole pubbliche, che il 3 novembre scorso aveva giudicato l’esposizione del simbolo religioso nelle aule come "una violazione della libertà dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni, e della libertà di religione degli alunni". L'udienza, che non si concluderà con una decisione della Corte, prevede che le varie parti – legali, consulenti, associazioni, movimenti, ecc. – spieghino le rispettive ragioni: secondo fonti interne al tribunale di Strasburgo, per attendere la sentenza definitiva sul ricorso italiano bisognerà aspettare "almeno sei mesi". Come noto, la vicenda aveva avuto origine dalla denuncia di Soile Lautsi, cittadina italiana di origine finlandese e membro dell'Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti). Sostenuta da questo gruppo, la signora Lautsi aveva chiesto nel 2002 all'istituto di Abano Terme frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocifissi dai muri delle aule. Di fronte al rifiuto dell'istituto e alle bocciature dei suoi ricorsi nei tribunali italiani, la signora Lautsi si era rivolta alla Corta europea di diritti di Strasburgo. Che alla fine le ha dato ragione. Premesso che la sentenza non impone di togliere il crocifisso dalle aule scolastiche pubbliche, ma sostiene che lo Stato non può imporre l'esposizione di simboli religiosi, secondo la Corte, l'obbligo di esporre il crocifisso violerebbe l'art. 2 del Protocollo n.1 della Convenzione europea dei diritti del'uomo, riguardante il diritto all'istruzione, e l'art.9 della stessa Convenzione, che concerne la libertà di pensiero, di coscienza e di religione. L’attesa per l’esito della diatriba giuridica è tanta. Se nelle scorse settimane il Governo italiano si è detto fiducioso (il consulente Carlo Cardia, docente di Diritto ecclesiastico, ha dichiarato che la Grande Camera ha commesso "errori tecnico-giuridici" giungendo a una "sentenza espansiva che se confermata provocherebbe l'abolizione, davanti a una controversia, di tutti i simboli religiosi in altri paesi europei"), nelle ultime ore sono tornati a farsi sentire le associazioni laiche: l'Unione degli atei e agnostici razionalisti (Uaar) ha fatto sapere attraverso il suo segretario nazionale, Raffaele Carcano, che attende l’udienza "con tranquillità, e persino con un certo ottimismo. Lo stesso non si può dire – ha proseguito - della Chiesa cattolica viste le pressioni che sta mettendo in atto su tutti i fronti". Secondo Carcano "i ricorrenti si trovano contro al Presidente della repubblica, al Governo, all`opposizione (il Partito democratico si è così espresso tre mesi fa), alla Chiesa cattolica, a quella ortodossa e ad altri dieci Stati europei". |