Ancora sulla Circolare n. 2
A chi si riferisce il  30%  ed altre annotazioni

di Aluisi Tosolini, Pavone Risorse 29.1.2010

Il mio commento sulla CM 2/2010 sull’integrazione degli alunni non italiani, pubblicato su Pavone Risorse due settimane fa, ha avuto molte reazioni.

Tra le molte mail ricevute alcune semplicemente mi chiedono se sono impazzito (trattasi di persone che ritengono che un documento non vada valutato in se stesso, ma a partire dall’autore; per cui, trattandosi di un documento ministeriale, certamente era sbagliato, erroneo e da rigettare).

Altri mi hanno scritto dicendo che avrei sottovalutato o posto poco in rilievo il contesto politico in cui la CM si colloca (a dire il vero, aprivo e chiudevo proprio su questo aspetto).

Altri ancora mi hanno scritto che, visto il mio inatteso giudizio, sarebbero andati a rileggere la circolare per capire se l’avevano giudicata a partire da un’ottica troppo pregiudiziale oppure no.

Altri mi hanno scritto dicendo che la circolare non fa niente altro che descrivere quello che in molte regioni e realtà si fa già e che quindi non fa altro che trasformare buone pratiche in normativa e per questo è apprezzabile.

 

La mail di Lorenzo

Lorenzo Luatti, una delle figure più importanti del panorama interculturale in Italia (da poco ha iniziato a curare un interessantissimo magazine online sull'intercultura chiamato  "Agorà" ) mi scrive:

Caro Aluisi,

ho letto con molto interesse un tuo commento entusiastico sulla CM 2/2010. Condivido alcuni punti, ma la valutazione generale sulla sostanza e sull'opportunità di quella CM non è positiva. Sta già producendo i suoi effetti nefasti e altri ne produrrà; nella migliore delle ipotesi in alcuni territori non accadrà niente di nuovo. Discrezionalità alla massima potenza. Ce n'era davvero bisogno??

Al riguardo ti giro la CM dell'USR Lombardia che interpreta la CM 2. Come puoi leggere non si parla mai di alunni stranieri neo arrivati , ma di stranieri tout court e si fa esplicito riferimento  alla prima classe  scuola infanzia (!!!)  e di scuola primaria . Complimenti!!!

 

Trascrivo la parte della Circolare dell’USR Lombardia (18 gennaio 2010, Prot. MIURAOODRLO R.U. 670) che, all’interno delle indicazioni sulle procedure di iscrizione (cfr circolare 4/2010), scrive quanto segue a riguardo degli alunni stranieri.  Così ognuno può verificare se quanto dice l’amico Lorenzo è vero..

 

A norma della Circolare Ministeriale 2/10, il numero degli alunni stranieri che frequentano le classi prime della scuola primaria e secondaria di I e II grado non può eccedere il 30% del numero degli iscritti in ciascuna classe; lo stesso limite vale per gli iscritti al primo anno della scuola dell’infanzia. Pertanto, per assicurare il rispetto di detto limite nella formazione delle classi, ciascuna scuola non potrà accettare iscrizioni di alunni stranieri ai primi anni di corso in numero superiore al 30% del totale degli alunni in ingresso. Il tetto massimo vale, ovviamente, anche per le iscrizioni alle scuole secondarie di I grado che facciano parte di Istituti Comprensivi. I criteri di priorità per l’accoglimento delle iscrizioni nel caso di domande in eccesso dovranno essere stabiliti dal consiglio di circolo o di istituto di ciascuna Istituzione scolastica; anche in questo caso si raccomanda di non utilizzare come criterio l’ordine temporale di presentazione delle domande. Deroghe in aumento o in diminuzione rispetto al limite del 30% potranno essere autorizzate dall’Ufficio scrivente in casi eccezionali, debitamente documentati, secondo quanto previsto dalla stessa C.M. 2/10.

I Dirigenti degli Uffici Scolastici Provinciali cureranno il coordinamento a livello territoriale delle azioni di redistribuzione e, eventualmente, di riorientamento degli alunni la cui iscrizione non sia stata accettata dall’Istituzione scolastica prescelta, in quanto eccedente i limiti di capienza stabiliti.”

 

Del tutto evidente che Luatti abbia ragione: il punto 3 della CM2 firmata Dutto scrive infatti:

“Questo (ovvero la complessità e varietà della situazione, ndr) richiede la definizione delle condizioni per assicurare a tutti opportunità di istruzione, fissando dei limiti massimi di presenza nelle singole classi di studenti stranieri con ridotta conoscenza della lingua italiana (6). È indispensabile, infatti, garantire il diritto all’istruzione non solo in termini di accesso ai percorsi scolastici, ma anche sotto il profilo degli esiti da raggiungere, a prescindere dalle diversità linguistica e culturale.”

La nota 6 sottolinea e rafforza quanto asserito scrivendo: Una particolare attenzione sarà rivolta agli alunni stranieri neo arrivati a seguito di ricongiungimento familiare.

E la circolare continua, con immediato riferimento a quanto appena detto:

“Al riguardo si elencano qui di seguito alcuni punti fermi:
1. il numero degli alunni con cittadinanza non italiana presenti in ciascuna classe non potrà superare di norma il 30% del totale degli iscritti, quale esito di una equilibrata distribuzione degli allievi con cittadinanza non italiana tra istituti che insistono sullo stesso territorio;

2. (….)

3. il limite del 30% può essere innalzato – con determinazione del Direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale - a fronte della presenza di alunni stranieri (come può frequentemente accadere nel caso di quelli nati in Italia) già in possesso delle adeguate competenze linguistiche;

4. il limite del 30% può di contro venire ridotto, sempre con determinazione del Direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale, a fronte della presenza di alunni stranieri per i quali risulti all’atto dell’iscrizione una padronanza della lingua italiana ancora inadeguata a una compiuta partecipazione all’attività didattica e comunque a fronte di particolari e documentate complessità.

 

Non sappia Roma ciò che fa Milano?

In sostanza è evidente che la CM  scritta da Dutto parla di studenti con ridotta conoscenza della lingua italiana e non di TUTTI gli studenti non italiani, come invece scrive la Circolare dell’US Lombardia (che in realtà li definisce “stranieri” non utilizzando neppure la dizione della CM 2 che è molto più attenta ed accorta ed usa sempre “di cittadinanza non italiana”).

Si tratta di una differenza di non poco conto. 

Tecnicamente la Circolare dell’USR Lombardia va oltre i confini fissati dalla CM 2. E a questo punto tanto varrebbe fare un lungo e complesso ragionamento sulla gerarchia delle fonti giuridiche e sulla loro diversa “forza”. Della serie: vale più una CM o una Circolare dell’USR che la riprende e dice come applicarla? (senza dimenticare che su tutto svetta il DPR 394 del 1999 che fissava il tetto del 50% - senza far riferimento, allora, a chi conosceva o no la lingua italiana - e che all’ art. 45, comma 3 prevede esplicitamente che “nelle classi la ripartizione è effettuata evitando comunque la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri”.

Che dire dunque? Ha forse colpa Dutto se in Lombardia scrivono cose diverse da quelle che sono scritte nella normativa nazionale?

Al riguardo, se mi si passa una citazione, basterebbe leggere  l’Apologo finale di Timore e Tremore in cui Søren Kierkegaard narra di un discepolo di Eraclito (quello che sosteneva che tutto diviene e che non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume) il quale, pensando di portare a pieno compimento il pensiero del maestro, sostenne che ….non ci si può bagnare neppure una volta nello stesso fiume….(della serie: da tutto diviene si passa al suo contrario: tutto è immobile)

E qui non affronto, per carità di patria, una delle possibili conseguenze derivanti dalla erronea applicazione della CM 2. Ovvero il fatto che se in un paese di montagna della Lombardia o dell’Emilia Romagna dovesse saltare una classe o una pluriclasse (e forse persino una scuola) perché i bambini stranieri sono più del 30% (ovvero 4 su 10, o 8 su 18…) il sindaco del luogo, a qualunque partito appartenga, non sarà certo felice di chiudere la sua scuola e portare tutti gli alunni a valle (italiani e non italiani) a spese del suo comune.

 

Un criterio che si alza e si abbassa ….

A dire il vero si dovrebbe aggiungere almeno un’altra riflessione.

Andate per cortesia a rileggere sopra i punti 3 e 4 della CM 2 sopra riportati:

Che dicono questi due punti? Che il criteri del 30% può essere innalzato (senza dire di quanto, ovviamente: minimo dal 31 al 49% per le ragioni che dirò fra poco) se abbiamo di fronte studenti non italiani con buona competenza in lingua italiana ma può anche essere ribassato (dal 29 all’ 1%, in teoria) se ci troviamo di fronte ad alunni con scarsa o nessuna conoscenza della lingua italiana.

Ora, che dire di un criterio del genere? Minimo che è labile, flessibile, liquido (direbbe Bauman), postmoderno (direbbe Lyotard), a geometria variabile, ecc..

Ovvero: NON è un criterio assoluto e quindi può liberamente variare a seconda dei casi.

 

Logica e conseguenze

Questo, leggendo il testo, dice la logica.

E questa lettura, che sfido chiunque a smentire, si porta dietro due ulteriori conseguenze:

a) il fatto che le deroghe debbano essere concesse dal Direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale pare essere una scelta poco motivata. Certo, potrebbe essere letta come una forma di garanzia (ma anche del suo contrario).

A 12 anni dal dpr 275 sull’autonomia delle scuole ci si sarebbe aspettati un più di rispetto per queste istituzioni la cui autonomia è costituzionalmente fondata. Invece sembra che si voglia tornare indietro di decenni, quando il preside era il passacarte del ministero e tutto veniva governato da circolari provenienti dal centro.

b) tutta la CM 2 fa perno su concetto di “competenze linguistiche”: adeguate, carenti, non adeguate, ecc.. Ovvero: non è importante che uno studente sia cittadino italiano o no, quello che conta è il livello della sua competenza linguistica. E qui casca l’asino: chi valuta la competenza linguistica? Quale livello della conoscenza della lingua italiana può chiamarsi “adeguata competenza”?

Da anni lo stesso ministero avrebbe dovuto (per suo stesso impegno) definire un modello di certificazione delle competenze (e quindi anche i livelli di competenza correlati) ma ad oggi nulla di ciò si è visto. E quindi come si fa a dire se un cittadino non italiano (ma lo stesso si può e deve dire degli stessi cittadini italiani) ha competenze linguistiche adeguate o no?

Ad oggi invece si va a spanne ed a lume di naso (almeno a livello ministeriale; in altri contesti esistono ricerche e buone pratiche che potrebbero essere adottate dalle scuole ma necessiterebbero di essere codificate a livello nazionale, altrimenti si corre il rischio di una balcanizzazione delle certificazioni delle competenze con tutti i guai che ne conseguirebbero).

 

Dall’integrazione all’interazione…

L’ho scritto chiaramente: la CM 2 è una circolare sulla integrazione. Ma la dimensione interculturale non è fatta solo di integrazione, anzi. La dimensione interculturale è fatta soprattutto di inter-azione, di nuova cittadinanza, di nuova e diversa capacità di leggere il territorio e la città in cui si vive e si costruisce nuova socialità anche a partire dalla scuola.

Ma non era e non è questo l’obiettivo della CM 2 e pertanto non si può rimproverarla per non aver trattato di un tema che non è oggetto di discussione. Del resto lo stesso accadeva con le famose linee guida del ministro Moratti del gennaio 2006. Anche in quel caso non si parlava di integrazione ma solo di integrazione. Certo, non citava il tema del 30%: ma valeva il limite del 50% del DPR 394/99. E, ripeto, il principio “studenti con ridotta conoscenza della lingua italiana” se correttamente applicato risulta davvero poco difforme (e più garantista) rispetto a quello del 50%.

Se invece parliamo di inter-azione…. beh…. di questo dovrebbero parlare le indicazioni nazionali. Aspettiamo di vedere i frutti della essenzializzaione e della sintesi che la commissione preposta sta tentando mettendo assieme Moratti/Bertagna  con Fioroni/Ceruti. Avremo quindi modo di riparlarne.  E non poco.

 

La centralità del territorio: la posizione dell’assessore regionale dell’Emilia Romagna Giovanni Sedioli

Sullo stesso tema della CM 2 è invece intervenuto un soggetto che normalmente non interviene con queste modalità (ed è davvero a mio parere un ottimo intervento). Trattasi dell’assessore all’Istruzione della Regione Emilia Romagna, Giovanni Sedioli che ha scritto un articolo, pubblicato sul sito Scuolaer (il portale della scuola della Regione Emilia Romagna), che merita una attenta lettura perché affronta, appunto, il passaggio dalla dimensione dell’integrazione o quella dell’interazione sul territorio. A partire dalla esperienza di una delle regioni a maggiore presenza percentuale di cittadini e studenti non italiani.

 

Il nodo della cittadinanza

Perché il nodo è qui, nella discussione sulla cittadinanza e sul riconoscimento di diritti di cittadinanza (ovvero del diritto di partecipare a deliberare sul presente e sul futuro proprio e della comunità in cui si vive) che si gioca la partita dell’educazione interculturale e della integrazione/interazione.

La CM 2 può essere interpretata, come alcuni fatto, come un punto di equilibrio tra le proposte di Fini (chi ha fatto le scuole in Italia può acquisire con facilità la cittadinanza italiana, ovvero già oggi tutta la cosiddetta G2 – generazione 2) e chi invece proclama che mai gli stranieri acquisiranno la cittadinanza italiana.

E’ qui il conflitto. Teorico e pratico insieme.

Un conflitto, però, da affrontare con attenzione a partire dall’ascolto di ciò che davvero sta succedendo nei territori e negli spazi in cui, a prescindere da leggi, circolari e decreti, si costruisce (nel bene e nel male, con sofferenza, difficoltà ma anche speranza e tanta passione) il futuro della nostra “povera patria”

Ma di questo, prometto, parleremo fra pochi giorni a partire da uno stupendo ed avvincente libro appena uscito.