Lo dice la sentenza del giudice Margherita Bossi del tribunale del lavoro di Genova

Professore licenziato perché straniero:
«torni a insegnare»

 Alessandra Fava, il manifesto 23.1.2010

GENOVA
Dovrà essere reinserito nella graduatoria, ricevere un risarcimento per danni morali e materiali e tornare ad insegnare un docente licenziato due anni fa da una scuola media di Cornigliano, solo perché nato in Marocco e privo allora della cittadinanza italiana. Lo dice la sentenza del giudice Margherita Bossi del tribunale del lavoro di Genova, al quale è ricorso Simohamed Kaabour assistito dall'avvocato Alessandra Ballerini.

Bossi ha deciso che il ministero dell'istruzione dovrà risarcire il danno morale e materiale e reintegrare il docente sul posto di lavoro, in quanto «non si può discriminare un insegnante perché non italiano» come si legge nella sentenza. «E' una sentenza che farà giurisprudenza per tanti immigrati di seconda generazione - dice Ballerini - e ha sancito che è discriminatorio escludere dall'accesso al pubblico impiego i lavoratori extracomunitari. Il ministero si è difeso con le unghie. Ma il giudice ci ha dato ragione ed è la prima volta in questo tipo di processi, almeno quelli di cui sono a conoscenza, che viene riconosciuto il danno morale. In particolare nella sentenza si legge che il danno morale viene riconosciuto perché è stato 'leso un diritto fondamentale della persona'».

La decisione di allontanare il giovane marocchino, che oggi ha 28 anni, fu presa nel dicembre del 2007 giocando sul fatto che il ragazzo allora non aveva ancora la cittadinanza italiana, nonostante sia in Italia dall'età di dieci anni e avesse conseguito qui, all'università di Genova, la laurea in lingua araba e francese.

«Ho compilato il modulo per la graduatoria, convinto che non fosse essenziale il requisito della cittadinanza italiana - aveva spiegato subito dopo il licenziamento Kaabour - Quando mi hanno chiamato pensavo di essere stato scelto perché sono un insegnante qualificato. Avevo cominciato già da un mese a lavorare come supplente di lingua francese alla scuola media Volta-Gramsci di Cornigliano. Per puro caso, però, la scuola si accorse che sono di origine marocchina e non ho la cittadinanza italiana. Quel giorno stesso il mio contratto è stato sciolto e il registro degli studenti mi è stato tolto perché secondo la normativa in vigore io non posso insegnare». Il direttore dell'istituto decise infatti di «emettere un decreto di decadenza», insomma mandarlo via. E così Simohamed venne anche cancellato dalle graduatorie.

Il giovane insegnate si rivolse allora allo sportello immigrati della Cgil e decise di ricorrere al tribunale del lavoro.

«Nel ricorso abbiamo citato il Testo unico sull'immigrazione che censura le discriminazioni per motivi razziali - spiega l'avvocato Ballerini - abbiamo contestato il decreto ministeriale del 2007 che prevede la cittadinanza italiana fra i requisiti degli insegnanti e ho citato anche la direttiva europea per il principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica e la convenzione Oil, l'International Labour Organisation».

La storia di Simohamed illustra perfettamente quanto sia estenuante ottenere la cittadinanza italiana anche dopo ricongiungimenti familiari. Lui ha fatto domanda nel 2005 e ottenuto una risposta nel marzo del 2009. Sua sorella ha fatto domanda nel 2002 ed è stata chiamata a giurare sulla bandiera italiana nel 2007, mentre gli altri due ne sono ancora privi. «Con norme così è anche difficile quale applicare - ha concluso l'avvocato - Il giudice ha rimesso ordine nel sistema normativo, stabilendo delle priorità». Chissà quanti potranno avvalersi della sentenza genovese.