Ma un tetto per stranieri esiste già:
lo ha voluto il governo D’Alema

da TuttoscuolaNews N. 423, 11 gennaio 2010

L’introduzione (graduale) di un tetto massimo del 30% di alunni stranieri nelle classi sta suscitando, come era prevedibile, numerosi commenti e qualche polemica.

D’altronde la crescente e ormai rilevante presenza straniera nelle nostre scuole è un dato di fatto, e la sua gestione e organizzazione non possono più essere lasciate alla libera iniziativa delle singole istituzioni scolastiche. Occorrono un impegno organico e un’azione strutturale capaci di sostenere l’intero sistema formativo nazionale.

Dubbi sulla legittimità costituzionale del provvedimento sul tetto sono stati avanzati da alcuni autorevoli esponenti del mondo giuridico, che hanno chiamato anche in causa Convenzione dell’Onu e Costituzione italiana.

Fernanda Contri, ex-giudice della Corte costituzionale ed ex-ministro del governo Ciampi boccia il provvedimento Gelmini, perché, a suo parere, violerebbe il principio di uguaglianza e lederebbe il diritto allo studio. “Fissare il tetto al 30% è discriminatorio - afferma - per i ragazzi stranieri in esubero, nei cui confronti abbiamo il dovere di accoglienza”. La Contri ricorda che da ministro aveva lavorato per una legge sull’immigrazione senza mai pensare, però, di fissare un tetto.

Sulla stessa lunghezza d’onda della Contri è anche Alberto Capotosti, già presidente della Corte Costituzionale. Secondo lui il tetto del 30% è discriminatorio, perché violerebbe il principio di uguaglianza per quanto riguarda gli studenti extracomunitari; ma è anche assurdo per quelli dell'Unione europea per i quali un tetto, a suo dire, non ci può essere.

A dire la verità un tetto al numero di alunni in Italia c’è già da oltre dieci anni. Lo prevede espressamente un regolamento (vedi dpr 394/1999) emanato dal governo D’Alema (che comprendeva i ministri Berlinguer, Bindi, Turco, Bersani), tuttora vigente, che prevede all’art. 45 un tetto massimo del 50% visto che si deve evitare “comunque la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri”.

E in effetti Livia Turco, oggi  capogruppo nella commissione Affari sociali della Camera non è così critica sul tetto in sé, ma sposta il problema sulle risorse: “E' giusta la preoccupazione di evitare classi ghetto e porsi il problema della sostenibilità della presenza dei bambini stranieri al fine di garantire un progetto educativo adeguato per tutti. Il tetto del 30% non risolve però il problema”. Secondo la rappresentante del PD “bisogna che le scuole italiane e gli insegnanti siano sostenuti concretamente con finanziamenti straordinari per corsi di lingua e cultura italiana. Su questi temi, purtroppo, non c'è alcuna misura da parte del governo”.

C’è, infine, una ragione ancora più rilevante. Se la riforma partirà dal 2010, potrà essere accompagnata e gestita per il resto della legislatura, assorbendone gli inevitabili contraccolpi non positivi e i necessari adeguamenti; se dovesse subire un altro rinvio, rischia di non partire affatto, vittima delle necessità politiche di convenienza.