ISTRUZIONE, LA RIDUZIONE DELL'OBBLIGO
Sedicenni, studenti o apprendisti?
Nelle scuole professionali molti ragazzi
considerano il biennio obbligatorio
come un “parcheggio”, ma l'idea di sostituire l'ultimo anno con un
periodo
di lavoro non convince presidi e aziende. Come garantire la
formazione?
M.T. Martinengo e R. Masci, La Stampa 22.1.2010
ROMA
Un no secco dal mondo della scuola e delle istituzioni locali che si
occupano di istruzione all’emendamento approvato dalla Commissione
Lavoro della Camera: la possibilità di assolvere l’obbligo
scolastico anche nell’apprendistato, con l’abbassamento a 15 anni
dell’età minima per l’ingresso nel mondo del lavoro, è considerata
controcorrente rispetto alle tendenze europee e inutile alle
necessità del mercato del lavoro. Sulla norma, però, governo e
maggioranza sembrano non voler recedere, neppure di fronte alle
critiche pressanti del sindacato, che vede in questa ipotesi un
ridimensionamento di fatto del percorso formativo obbligatorio. Ieri
il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha parlato di «piccoli
aggiustamenti» ma ha escluso un sostanziale dietrofront.
La situazione
In Piemonte, regione all’avanguardia nella sperimentazione di
soluzioni miste istruzione-formazione professionale, «le province
hanno rilevato i fabbisogni formativi delle imprese di 19 settori
produttivi - spiega Umberto D’Ottavio, assessore all’Istruzione
della Provincia di Torino - ed è emerso il bisogno di più
istruzione: più competenze in italiano, matematica, inglese,
informatica e in tutto ciò che viene considerato la base per entrare
in qualunque settore produttivo. In Piemonte in cinque anni siamo
passati dal 65% al 77% nei ragazzi ventenni».
Per Francesco Francavilla, dirigente dell’istituto professionale
Galilei di Torino, «è inevitabile che sui grandi numeri della
popolazione studentesca l’innalzamento dell’obbligo a 16 anni possa
anche essersi risolto in un parcheggio, ma nella maggior parte dei
casi è stato positivo: un solo anno di scuola superiore è inutile,
mentre il biennio è un percorso compiuto e certificabile. Spezzarlo
è insensato». Francavilla è convinto che ancora una volta dietro a
questa «riforma» ci sia un’idea di risparmio. «Nella mia scuola -
prosegue - c’è una componente cospicua di studenti che non ha voglia
di impegnarsi, ma un percorso di due anni crea comunque delle
competenze, anche in chi rifiuta lo studio. Nell’istruzione
professionale dovremmo puntare sui laboratori, sulla didattica
interdisciplinare, sulle tecnologie che i ragazzi usano al di fuori,
mettendoli in condizione di applicarsi a problemi concreti. Invece
si parla di resa».
Il futuro possibile
Tommaso De Luca è preside dell’istituto tecnico industriale
Pininfarina, uno tra i più prestigiosi del Torinese, e per alcuni
anni ha diretto il professionale per odontotecnici Plana. «Innalzare
o abbassare l’obbligo - osserva - è girare intorno al problema: è
ipocrita e non serve inchiodare uno studente al banco se non ci
vuole stare, ma per cercare di non perdere quel ragazzo la legge
deve consentire percorsi integrati tra istruzione e formazione
professionale, paragonabili all’alternanza scuola-lavoro».
Le norme
Per Sandra D’Agostino, responsabile del monitoraggio sul progetto
apprendistato dell’Isfol, l’Istituto per lo Sviluppo della
Formazione Professionale dei Lavoratori, «tra le tre forme di
apprendistato esistenti, una l’«apprendistato per l’assolvimento del
diritto-dovere all’istruzione», presenta delle caratteristiche
tecniche che potrebbero rispondere all’istanza sollevata dal
governo. In sostanza, un giovane tra i 16 e i 18 anni, può
considerarsi oggi in formazione anche se svolge un’attività come
apprendista, a patto che, all’interno dell’orario di lavoro, riceva
anche una ben precisa attività didattica».
Il quadro normativo, dunque, ci sarebbe. Bisognerebbe, però,
apportare modifiche, in quanto ora la legge si applica solo a
iniziare dai 16 anni e andrebbe estesa ai quindicenni. Questo
permetterebbe un recupero alla formazione dei 126 mila minori che,
finita la terza media, si trovano - di fatto - a spasso e al di
fuori di ogni percorso scolastico. «Esistono però delle difficoltà -
aggiunge D’Agostino - la norma sull’apprendistato come
diritto-dovere, è stata introdotta nel 2003, ma non è mai stata
applicata».