Il prof. Troller-Albanese:
esilarante, grottesca pantomima
di un insegnante “reale”

Pasquale Almirante, AetnaNet 31.1.2010

Quando il professore Duccio Troller si materializza sul palco, colpisce subito l’incedere strambo, come colui che ha qualche particolare dolore nel sedere o che lo voglia proteggere da violente penetrazioni; e alla legittima domanda del conduttore-spalla, Fazio, risponde subito che è dovuto alle circolari del ministero o ai trenta verbali del consiglio di classe che quotidianamente si tenta di “intrufolargli” nel di dietro. Dura così circa dieci minuti il surreale dialogo del professore Antonio Albanese, Duccio Troller, col bravissimo Fazio che immerge di continuo la sua lama nelle teneri e sprovvedute carni del docente. Uomo di cultura certamente e forse anche per questo ha capito l’inutilità di certo insegnamento libresco e asfittico che si dilunga pedissequamente in repliche di nozioni che saranno scordate comunque, come quelle su Dante, che viene confuso col mittente di una circolare, o come quelle su Giosuè, il cui nome, che coincide col nome della sua scuola “Carducci”, è mischiato e ammassato col titolare della pizzeria che riscalda lo sgabuzzino dove vengono fatte le riunioni per mancanza di riscaldamento a scuola. Una scuola grottesca dove è necessario conservare i gessetti e le penne dentro il naso per non farseli rubare dal bullismo imperante o dalla sciatteria dei ragazzi: abulici, maleducati, ignoranti, insolenti e dediti solo a fare i cavoli loro. Di contro dei genitori permalosamente attaccati ai vizietti dei loro bamboccioni ma che se è il caso sono pronti a sborsare i soldi per la carta igienica e le fotocopie, ma pure a fare ricorsi che bisogna a tutti i costi evitare. Scuola desolatamente povere e inefficacie, dedita solo a inseguire le circolari, a fare verbali e a non denunciare i soprusi per paura di ritorsioni. E il prof. Duccio Troller racconta così le sue crisi esistenziali, dovuti sia alle ristrettezze economiche, tanto che ha dovuto vendere un rene per sopravvivere, e sia alle avventure coi genitori dei suoi ragazzi; ma anche col preside e i suoi colleghi non è messo abbastanza bene anche perché tutti, in questa scuola dell’assurdo, sembra facciano a gara, sia di evitare le “intrusioni” particolari dove “il sol non luce” e sia di strafottere gli altri colleghi in un gioco grottescamente al massacro. Scatti di orgoglio pochi, tranne quando l’esasperazione è al limite e per sfogare le sue piccole vendette deve studiare grandi giustificazioni, che il prof. Duccio trova con esilaranti iperboli. Sembra che tutto il mondo lo insegua per distruggerlo cosicché le sue diventano manie di persecuzioni che annuncia sotto l’effetto di una crisi nervosa incontrollabile e che esplode alla fine dello spettacolo. E poi si chiama Duccio che non è un nome importante, ma appare già farsesco, un vezzeggiativo di chissà quale nome; e di cognome: Troller che richiama la valigia, l’emigrazione, i trasferimenti, il precariato. Colpisce tuttavia la grande competenza di Albanese sui problemi della scuola tanto che pare averli direttamente vissuti fino alla consapevolezza che si fanno promossi gli asini per evitare ricorsi dalle famiglie messe bene e si bocciano i bravi per farli sentire vivi finalmente in questo mondo di trasgressione o di banalità a tutti i costi. “L’unno riesce ad orientarsi nel colloquio solo se guidato“: non sono forse formule che i professori usano quasi sempre per evitare interferenze maligne? Formule per sviare domande più compromettenti? Una analisi lucida nell’assurdo della rappresentazione quotidiana della scuola che proprio per questo colpisce e induce a capire meglio e a riflettere sul suo lento ma forse anche incontenibile smarrimento.