IL LABORATORIO CHE RIDISEGNA LE CLASSI Il "tetto" inventato dal Pd A Vicenza già nel 2008 introdotto il limite alla presenza di alunni stranieri Anna Sandri, La Stampa 12.1.2010
VICENZA Sostenuto da tutta la giunta, il progetto che Vicenza ha battezzato «piano territoriale scolastico» era stato presentato un anno fa a gennaio, suscitando un immediato dibattito e anche parecchie critiche. L'assessore all'Istruzione (e vicesindaco) Alessandra Moretti non si era fatta intimidire; il piano è diventato operativo a settembre e oggi, finito il primo quadrimestre, può già stilare un primo bilancio. «Positivo» senza alcun dubbio per l'assessore: e certo vedere quanta strada ha fatto l'idea dà grande soddisfazione «perché quando si parla di istruzione e di formazione non bisogna mai far prevalere l'aspetto ideologico, meglio il senso di responsabilità». Sono 26 le classi vicentine di prima elementare in cui il piano è applicato; solo due sforano il tetto del 35 per cento ma, come sottolinea Moretti, «è un dato apparente, ci sono molti cognomi stranieri di bambini che sono arrivati in Italia appena nati. Se il tetto viene superato non è perché non si è riusciti a gestire il piano, nulla viene calato dall'alto e le iscrizioni vengono seguite caso per caso». Vicenza aveva affrontato la questione della presenza eccessiva e non equilibrata degli stranieri nelle classi dopo l'ennesimo anno scolastico iniziato tra le proteste dei genitori italiani. Esisteva davvero il problema? «Siamo andati a vedere i numeri e ci siamo resi conto che sì, il problema esisteva davvero. Paradossalmente, nelle scuole del centro storico, dove risultavano iscritti moltissimi bimbi stranieri residenti però nei quartieri». L'analisi del dato ha dato due risposte: «Molte mamme straniere avevano iscritto i figli in centro perché, lavorando a servizio nelle famiglie della zona, era per loro più comodo portarli e andarli a prendere. E molti altri, in un passaparola continuo, si erano consigliati le scuole dove secondo loro i bimbi erano meglio accolti e meglio seguiti: finivano per concentrarsi in pochissimi istituti, in una classe c'era addirittura un picco del 68 per cento. Non potevano non intervenire». La ricetta Variati-Moretti si riassume in un concetto semplice, e anche un po' antico: un ritorno alla «scuola di quartiere», per cui dove si studia nella zona in cui si abita. «A noi i vantaggi paiono notevoli, a cominciare dalla socializzazione. In questo modo per i bambini diventa più facile frequentarsi anche negli orari extrascolastici, stringendo amicizie. E' un progetto di scuola, ma anche di città». E se in un quartiere ci sono troppi stranieri? Come fugare il rischio di ripetere la concentrazione di stranieri, spostandola in periferia? «Il piano è partito dopo molti confronti con i dirigenti, con i docenti, con i rappresentanti delle famiglie. I dirigenti hanno stretto un patto: se una scuola ha troppi stranieri iscritti, può dirottarli su quella più vicina che non ha esuberi. Alla fine del primo quadrimestre possiamo essere soddisfatti, ha funzionato». Lamentele, inevitabili: «Soprattutto dalle famiglie italiane, che vivono nei quartieri e che preferivano far studiare i figli in centro. Ma siamo certi che è un fenomeno destinato a spegnersi: il tetto garantirà una maggiore qualità di insegnamento, con vantaggi per tutti». Alessandra Moretti già guarda al futuro: «Nel settembre 2010 applicheremo il piano al primo anno della scuola dell'infanzia, nel 2011 alle medie». E alla Gelmini, riconosce un grande merito: «Ha escluso dal tetto del 30% i bimbi nati in Italia da genitori stranieri. Questo è fondamentale». |