Studio svedese

La cultura fa bene al cuore

Chi ha trascorso almeno 8 anni tra i banchi di scuola
ha meno probabilità di avere un infarto più in là negli anni

Maria Giovanna Faiella Il Corriere della Sera, 17.1.2010

MILANO – Studiare fa bene al cuore. Chi ha trascorso più di 8 anni tra i banchi di scuola corre un minor rischio di infarto . Il nesso può sembrare bizzarro, in realtà è il risultato di un ampio studio, pubblicato sulla rivista Heart che ha messo a confronto, in 52 Stati, circa 12mila infartuati e 14 mila persone in buona salute. Finora sapevamo che un giro vita abbondante, poca attività fisica, troppe sigarette, mangiare poca frutta e verdura possono mettere a dura prova la salute del nostro cuore. Diversi studi nei Paesi occidentali hanno poi evidenziato un legame tra più elevato status socioeconomico e minor rischio di malattie cardiovascolari. Tuttavia, non era ancora del tutto chiaro se i diversi indicatori utilizzati per individuare le condizioni socioeconomiche, come per esempio istruzione, reddito familiare, tipo di lavoro svolto, fossero ugualmente importanti. Inoltre, si sapeva poco su come lo status socioeconomico agisca sul rischio cardiovascolare nei Paesi in via di sviluppo.

NUOVO STUDIO – Ora, un gruppo di ricercatori svedesi ha scoperto che è l’istruzione, indipendentemente dall reddito familiare, dal lavoro svolto o dai beni posseduti, è associata direttamente col rischio di un attacco di cuore. In particolare, spiega una delle autrici della ricerca, Annika Rosengren, cardiologa del Sahlgrenska University Hospital di Goteborg: «Un livello di istruzione, uguale o inferiore a 8 anni di scuola, può significare un maggior rischio di avere un infarto, circa il 30% in più rispetto a chi è più istruito. La correlazione è più marcata nei paesi ricchi, ma evidente anche nei Paesi meno sviluppati». I motivi? « Sarà necessario approfondirli; probabilmente sono dovuti alla migliore conoscenza dei fattori di rischio e quindi a una migliore prevenzione», afferma Rosengren. Secondo lo studio, infatti, più alte percentuali di obesità addominale e cattive abitudini come fumo, poca attività fisica, scarso consumo di frutta e verdura, spiegano circa la metà del rischio connesso a bassi livelli di istruzione.

UN ALTRO TASSELLO - «Non c’è dubbio che chi è più istruito conosca meglio i fattori che mettono a rischio il cuore – conferma il professor Filippo Crea, direttore del dipartimento di malattie cardiovascolari del Policlinico universitario “Agostino Gemelli” di Roma -. La prevenzione è la migliore arma contro le malattie cardiovascolari. Tenere sotto controllo peso, colesterolo, pressione, diabete, non fumare, fare attività fisica e mangiare frutta e verdura già da piccoli, aiuta a ridurre nettamente le malattie cardiovascolari. Non possiamo dimenticare i risultati soddisfacenti che abbiamo ottenuto finora – continua il cardiologo -, ma non dobbiamo abbassare la guardia. Per esempio, basta un calo di attenzione sul fumo e i ragazzi riprendono in mano le sigarette».

PROSPETTIVE - «Per ora i risultati suggeriscono che «migliorare i livelli di istruzione nelle nazioni in via di sviluppo potrebbe essere una valida contromossa per contenere la rapida diffusione di malattie cardiovascolari anche in quei Paesi», conclude Rosengren. «In Cina – fa notare Crea – fino a 15 anni fa non c’erano bambini grassi. Oggi l’obesità infantile è diventata un’epidemia, che mette seriamente a rischio il cuore. Per questo è necessario fin dai banchi di scuola apprendere sane abitudini, come corretta alimentazione, niente sigarette e regolare esercizio fisico».