Dice Nanni Moretti: «Chi parla male, pensa male». In una concezione
aziendalistica della scuola, forse si vuole che i futuri cittadini non pensino tanto bene

Pensieri e parole

Luigi Giaccone, La Stampa 27.1.2010

Imperversano in questo periodo gli articoli di denuncia sulle carenze in italiano riscontrate nei nostri studenti universitari. Insegno lettere da 25 anni, attualmente nel biennio di un liceo classico, e anch’io, pur da un osservatorio privilegiato - dal momento che mi arrivano studenti più motivati e preparati della media - sono preso dallo sconforto nel constatare un progressivo deterioramento delle capacità espressive, scritte e orali.

Quello che mi colpisce non sono tanto gli strafalcioni di ortografia o di grammatica, che - sia pure in misura più ridotta - ci sono sempre stati, ma la povertà del lessico e la difficoltà a produrre testi logici e coerenti.

E non mi permetterei mai di scaricare la colpa sulla scuola media: vi ho insegnato alcuni anni quand’ero più giovane e so quali sono i problemi che incontra chi deve operare in certi contesti. Quali provvedimenti sono stati presi? Quest’anno il mio figlio più piccolo si è trovato in prima media due ore in meno di lettere alla settimana rispetto ai fratelli maggiori e tutte le bozze di riforma delle superiori in circolazione prevedono una riduzione delle ore di lettere un po’ in tutti gli indirizzi.

Del resto non c’è da stupirsi, considerata la concezione aziendalistica dell’istruzione che ha preso piede negli ultimi anni nella nostra classe dirigente, per cui la scuola è soltanto un costo e non un investimento.

Nanni Moretti diceva: «Chi parla male, pensa male»; sembra uno slogan a effetto, ma in realtà - me ne rendo sempre più conto - contiene una profonda verità.

Mi viene da pensare che si voglia che i futuri cittadini non pensino bene.

Luigi Giaccone - 50 anni, professore di lettere al ginnasio,
liceo classico Cavour, Torino