Anticipazione del Rapporto Italia 2010 - Gli italiani e le Istituzioni

Gli italiani e le Istituzioni: l’anno della svolta? Anticipazione del Rapporto Italia 2010

L’Eurispes diffonde in anteprima il contenuto di una delle 60 schede che compongono il Rapporto Italia 2010. In particolare, i dati divulgati come anticipazione riguardano la rilevazione campionaria attraverso la quale è stata misurata la fiducia dei cittadini nei confronti delle Istituzioni.
Il Rapporto sarà presentato dal Presidente dell’Eurispes, Prof. Gian Maria Fara, venerdì 29 gennaio 2010, alle ore 11,00, presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (Viale Castro Pretorio).

 dall'Eurispes, 25.1.2010

Cittadini e Istituzioni: l’anno della svolta?

Il tema del progressivo allontanamento tra cittadini e Istituzioni che da diversi anni anima il nostro dibattito politico segnala in questo 2010 la novità di una svolta positiva, di una inversione di tendenza nell’atteggiamento e nel giudizio dell’opinione pubblica. Questo cambiamento, evidente per alcune, non coinvolge tutte le Istituzioni nello stesso modo, ma nel complesso esprime un segnale che non può essere sottovalutato.

Analizzando la serie storica dei dati relativi al grado di fiducia accordata dai cittadini alle Istituzioni emerge con chiarezza come questa abbia registrato un aumento importante passando dal 10,5% del 2009 al 39% del 2010, con uno scarto di ben 28,5 punti percentuali.

Si è trattato evidentemente di una crescita graduale se si prendono in considerazione gli ultimi tre anni quando, nel passaggio dal dato del 2008 (5,1%) a quello del 2009 (10,5%), si iniziava ad intravedere una lieve ripresa della fiducia degli italiani, ma marcata se si considera invece il periodo 2004-2008 all’interno del quale il numero dei fiduciosi non supera mai il 10%.

Allo stesso tempo, la quota di cittadini che esprimono una diminuita fiducia nelle Istituzioni si attesta nel 2010 al 45,8% segnando rispetto all’anno precedente una flessione di dieci punti circa. Stesso andamento si è registrato tra quanti affermano che la propria fiducia non ha subìto variazioni: un dato in forte calo nel 2010 (14,1%) rispetto al 2009 (32,6%), ma soprattutto se messo in relazione con i risultati degli anni precedenti. Diminuiscono, allo stesso tempo, gli indecisi, che non hanno saputo o non hanno voluto fornire una risposta (1,1%).

Come per il 2009, quest’anno si registra un aumento consistente della fiducia nel Sud (52,8%) e una ripresa del Settentrione con il 40,5% del Nord-Ovest. L’aumento minore di fiducia lo fanno invece registrare il Nord-Est (26%) e soprattutto le Isole (23,5%) dove, al contrario, è più alto il numero di chi dichiara diminuita la propria fiducia (54,4%).

Ad accordare maggiore fiducia sono soprattutto coloro che dichiarano di avere un orientamento politico di centro-sinistra (43,6%), seguiti da quanti invece non si riconoscono in nessuno schieramento politico presente nel nostro Paese (42,2%). Per questi ultimi è necessario sottolineare che complessivamente rappresentano all’interno dell’intero campione intervistato il 27,5%, la percentuale maggiore rispetto a coloro i quali hanno indicato invece la propria area politica di riferimento.

I “non rappresentati” costituiscono evidentemente una folta schiera degli elettori, sono per la maggior parte gli “estemporanei”, coloro cioè che si recano alle urne spostando il proprio voto a seconda delle politiche e dei programmi proposti nelle diverse tornate elettorali, dai diversi schieramenti politici. Ma sono anche quelli che, secondo numerosi studi di tendenza, sempre più spesso, decidono di esercitare il proprio diritto di voto attraverso l’astensione o l’annullamento. Ancor più importante diventa allora analizzare il dato espresso da questi cittadini, anche quando indicano una diminuzione della propria fiducia nelle Istituzioni (47,8%), poiché segnalano in ogni caso un sentire basato su un’interpretazione della realtà che subisce minori condizionamenti di tipo ideologico.

Si sentono più fiduciosi inoltre i cittadini di centro (39,6%), seguiti da quelli di sinistra (37,7%), di centro-destra (35,4%) e infine di destra che, tra tutti, sono quelli che in misura minore sentono aumentato il loro livello di fiducia nelle Istituzioni (34,8%).

Sull’altro versante, quello della diminuzione della fiducia accordata alle Istituzioni, si segnala il 50% delle indicazioni di chi si colloca al centro insieme al 49,4% degli elettori di sinistra che si discostano di pochi punti percentuali dalla area politica di destra (47,7%), di centro-sinistra (42,3%). Infine, per il centro-destra il dato scende fino al 39,2%.

Decisamente inferiore il numero di quanti affermano che la fiducia riposta nelle Istituzioni sia rimasta invariata: si passa dal 9% – sia di coloro i quali non si riconoscono in alcuna area politica sia dei cittadini di centro – al 13,2% di quelli del centro-sinistra, con un picco nel centro-destra (24,3%).

 

Il Presidente della Repubblica: un punto di riferimento saldo

La rilevazione di quest’anno evidenzia come, nonostante il giudizio dei cittadini sulle Istituzioni, viste nel loro insieme, sia nel complesso positivo e tendenzialmente in crescita rispetto agli anni passati, l’atteggiamento si modifica nel momento in cui si procede all’analisi delle singole Istituzioni. Si tratta infatti di una crescita che non è equamente distribuita.

Protagonista di questa inversione di tendenza è la figura del Presidente della Repubblica. L’immagine e l’operato di Napolitano spostano in alto i consensi dei cittadini interpellati che sfiorano il 70%, mentre nel 2009 il dato si era attestato intorno al 62%. Nel contempo, cala il numero di coloro che esprimono sfiducia: dal 33,6% al 29,5% del 2010.

In particolare, il Presidente Napolitano ha maggiore appeal presso gli over65 che gli accordano la propria fiducia nel 73,3% dei casi (contro il 25,4% degli sfiduciati della stessa classe d’età) e tra coloro i quali hanno tra i 45 e i 64 anni (73,7% vs 23,4%). Si tratta di un consenso diffuso che tocca comunque tutte le fasce d’età e non scende mai al di sotto del 60%. Accade così che anche la fascia intermedia dei 35-44enni mostri comunque una quota di consensi decisamente alta (66,1%), seguita da quella dei giovani tra i 25 e i 34 anni (61,5%) e dai 18-24enni (60,1%).

 

Governo: giudizio stabile

La situazione si capovolge nel giudizio espresso nei confronti del Governo: i fiduciosi sono soltanto il 26,7% che segnano inoltre un calo, seppur lieve, rispetto al 2009 quando erano il 27,7%.

Il dato sulla fiducia riposta dai cittadini nel Governo rappresenta comunque una costante degli ultimi anni, sia che si tratti di un governo di centro-destra sia di centro-sinistra: nel periodo che va dal 2004 al 2010, questa tendenza si è mantenuta pressoché invariata, registrando cambiamenti minimi da un anno all’altro. La quota di quanti si dichiaravano fiduciosi nei confronti del Governo erano il 33,6% nel 2004, l’anno successivo diminuivano lievemente al 32,9% per poi scendere in maniera più evidente nel 2006 (23%). Il 2007 ha segnato una ripresa al 30,7% dei consensi che segnano successivamente un andamento decrescente, ma su valori nel complesso costanti, negli ultimi tre anni.

Sul Governo, per quanto riguarda le aree geografiche fiducia e sfiducia sembrano essere uniformemente distribuite: al Nord-Est la fiducia presenta un dato più alto e raggiunge il 29,4% (6,9% molta - 22,5% abbastanza fiducia). Al contrario, il grado più basso di fiducia si registra nelle Isole, dove il 22,8% dei cittadini ha molta (3,7%) e abbastanza (19,1%) fiducia nei confronti del Governo. Il Centro con il 74,9% e le Isole con il 75,8% rappresentano le punte massime di non fiducia nei confronti del Governo.

Più di tutti gli altri, gli elettori di centro-destra (50,8%), seguiti dal 45,4% di chi dichiara di essere di destra e dal 35,1% di chi si colloca al centro ripongono la propria fiducia nel Governo. Un abbassamento del sentimento di fiducia nell’operato del Governo è condiviso invece da chi si definisce di sinistra (17,9% di fiduciosi), di centro-sinistra (16,3%) e da quelli che non si identificano con alcun schieramento politico (13,3%).

 

Parlamento, eppur si muove…

L’analisi effettuata per il Governo è similare a quella che è possibile evidenziare per il Parlamento che tra il 2004 e il 2010 si è mantenuto su una linea di tendenza che ha oscillato tra il 24% e il 36% dei consensi. Unica eccezione, rispetto a questo andamento, il 2008 che registrò un calo vistoso quando i cittadini che affermavano di avere abbastanza (17,5%) e molta fiducia (1,9%) nel Parlamento erano in totale il 19,4%. Nel 2010, il Parlamento raccoglie il 26,9% della fiducia discostandosi di poco, ma con segno positivo, dal 2009 (26,2%).

Nel centro-destra la fiducia nel Parlamento arriva al 43,4%, anche se gli sfiduciati rappresentano il 52,9%. A destra e nel centro gli orientamenti sono simili: le percentuali di fiduciosi fanno registrare rispettivamente il 34,8% e il 34,3%, mentre a non avere fiducia sono il 63,6% dei primi e il 64,2% dei secondi. La situazione cambia e il livello di fiducia scende nel centro-sinistra (23,9%) e a sinistra (23,5%). Nella maggior parte dei casi, l’82%, coloro che non si collocano in nessuna area politica rivelano di non avere fiducia nel Parlamento.

 

La magistratura riprende quota

Tra le Istituzioni è la magistratura, insieme alla figura del Presidente della Repubblica, che quest’anno acquista nuovo credito presso l’opinione pubblica: infatti se nel 2009 la fiducia dei cittadini era al 44,4%, nel 2010 si è evidenziato un aumento di 3,4 punti che fa crescere la percentuale fino al 47,8%. Si tratta di un trend in positivo e graduale che ha riguardato in particolare gli ultimi cinque anni partendo dal dato più basso registrato nel 2006 (38,6%), il successivo miglioramento del 2007 (39,6%) e del 2008 (42,5%) fino al crescendo degli ultimi due anni.

Si può quindi affermare che dopo un calo della fiducia registrato in maniera graduale e continuativa tra il 2004 (anno in cui la magistratura riscuoteva il massimo dei consensi del periodo considerato con il 52,4%) e il 2006, il 2007 ha segnato una svolta in senso positivo per la magistratura che è proseguita fino ad oggi, sebbene essa continui comunque a non raccogliere la fiducia della maggioranza dei cittadini.

Risulta di grande interesse poi analizzare il grado di fiducia nella magistratura attraverso l’incrocio con i dati riferiti all’appartenenza politica dei cittadini, anche in considerazione del dibattito aperto sui rapporti tra potere politico e potere giudiziario nel nostro Paese.

Una minore fiducia nei confronti della magistratura viene espressa in egual misura da coloro i quali appartengono al centro-destra e alla destra che si dicono fiduciosi rispettivamente nel 35,4% dei casi e nel 35,6% dei casi e sfiduciati nel 61,4% e nel 62,1% dei casi.

Contrariamente a quello che si potrebbe ipotizzare, a dare grandemente fiducia alla magistratura è il 53% dei cittadini che si collocano politicamente al centro. Anche a sinistra (58,1%) e al centro-sinistra (58,5%), comunque, l’apprezzamento si attesta su livelli che superano abbondantemente il 50%.

Di grande interesse infine il dato di chi ritiene di non essere rappresentato da nessuno degli schieramenti politici italiani e che ripone la propria fiducia nella magistratura nel 44,7% dei casi contro il 52,2% degli sfiduciati.

La magistratura raccoglie maggiore consenso nel Nord-Est (52%) e nel Centro Italia (50,7%) con l’apprezzamento di più della metà del campione dei residenti in queste aree. Mentre al Nord-Ovest con il 47,9%, nelle Isole con il 45,6% e soprattutto al Sud (43,1%) le percentuali subiscono una diminuzione. E d’altra parte sono sempre il Sud e le Isole ad esprimere il numero più elevato di cittadini sfiduciati, rispettivamente il 54,1% e il 51,5%.

 

 

La Benemerita: un’Arma di tutti

Chiamati a rispondere sulla fiducia che accordano alle altre Istituzioni, gli italiani fanno emergere anche nell’indagine di quest’anno uno stretto legame con le Forze dell’ordine che la stragrande maggioranza dei cittadini continua ad identificare come sicuro punto di riferimento.

In particolare, il gradimento nei confronti dell’Arma dei Carabinieri, che in tutte le rilevazioni effettuate dall’Eurispes si è sempre posizionata al primo posto per numero di consensi, è aumentato di quasi 6 punti percentuali passando dal 69,6% del 2009 al 75,3% nel 2010. A seguire, la Polizia di Stato, che segna anch’essa un incremento sensibile della fiducia accordata dai cittadini: nel 2009 era il 63,3% mentre nel 2010 si attesta al 67,2% (+3,9).

Parallelamente cresce anche il dato relativo ai consensi nei confronti della Guardia di Finanza che lo scorso anno raggiungeva il 62,7% e nel 2010 guadagna oltre 4 punti arrivando al 66,9%, quasi allo stesso risultato ottenuto dalla Polizia.

Di segno contrario, invece, l’andamento dei giudizi nei riguardi della Polizia penitenziaria che evidenziano una diminuzione del consenso di quasi cinque punti percentuali. Con tutta probabilità, questo risultato è anche il frutto dei recenti fatti di cronaca (presunte violenze nei confronti dei detenuti, ecc.) che hanno contribuito ad influenzare l’opinione pubblica.

Prendendo in esame l’area politica di riferimento emerge che tra coloro che si collocano nell’area di centro vi è una maggiore propensione nell’accordare fiducia ai Carabinieri (80,6%), seguiti dal centro-destra (78,3%). Di particolare interesse appare il giudizio positivo espresso dal centro-sinistra (78,2%) e dalla sinistra (75,4%). Fiduciosi nell’Arma, in misura minore anche rispetto a chi non si riconosce in nessuna area politica (71,7%) sono coloro i quali dichiarano di essere di destra (69,7%).

Una maggiore fiducia nelle Forze dell’ordine si riscontra soprattutto tra le persone più anziane e nella fascia d’età compresa tra i 45 e i 64 anni. Accade così che gli over65 accordino fiducia all’Arma dei Carabinieri nel 79,1% dei casi, alla Polizia nel 71,3% dei casi e alla Guardia di Finanza (69,3%). Stesso discorso per coloro i quali si trovano nella classe d’età dei 45-64 anni che esprimono il proprio gradimento soprattutto nei confronti dell’Arma (79,8%); segue il gradimento nei confronti della Polizia (68,3%) e nei confronti della Guardia di Finanza (66,5%).

 

Le altre Istituzioni

Per dare un quadro ancora più esaustivo, si è voluto sondare insieme al grado di fiducia accordato alle Istituzioni politiche e alle Forze dell’ordine, anche quello relativo a quelle altre Istituzioni che rappresentano un punto di riferimento sociale, economico e religioso.

Rispetto al 2009, quest’anno si delinea un miglioramento per quasi tutte le Istituzioni prese in esame, con eccezione della scuola e dei partiti, che continuano a segnare una leggera flessione (rispettivamente, -1,9 e -0,7 punti percentuali).

Le associazioni di volontariato invece incrementano ancora il grado di consenso (+10,8%) con addirittura l’82,1% dei fiduciosi nel 2010.

Segnali più che positivi anche per la Chiesa: il 47,3% degli italiani ha infatti affermato di riporvi abbastanza o molta fiducia. Si tratta di una ripresa rispetto alla crisi di consensi, che avevamo segnalato nelle scorse edizioni del Rapporto. Rispetto allo scorso anno infatti il dato segna 8,5 punti in più e si riassesta sui valori del 2008. Più in particolare, circa un terzo (27,8%) degli intervistati vicini al centro-sinistra sostiene di avere abbastanza fiducia nella Chiesa, mentre solo il 12,9% di chi si dichiara di destra ripone la massima fiducia, percentuale quasi identica per gli intervistati dello schieramento politico opposto (12,3%).

Le altre Confessioni religiose godono di relativa fiducia (23%) e ciò è probabilmente dovuto alla scarsa conoscenza e alla limitata presenza di altre confessioni oltre a quella cattolica sul territorio italiano e all’associazione, nell’immaginario collettivo tra il termine “altre religioni” e la religione islamica con il conseguente accostamento improprio ed ingiusto al terrorismo internazionale, oltreché ai problemi connessi con l’immigrazione.

Degno di nota è anche l’aumento di fiducia riscosso dalle associazioni delle imprenditori (+14,7%).

La Pubblica amministrazione segna un interessante miglioramento di fiducia (+3,7%). Segno evidente che gli sforzi compiuti in direzione di una maggiore trasparenza, una migliore organizzazione e di una diversa qualità dei rapporti con il cittadino sta producendo risultati positivi. Ma il tasso di sfiducia resta ancora altissimo (73,8%).

Inoltre, il 45,5% dei cittadini ha affermato di non nutrire alcuna fiducia nei confronti dei partiti. Tassi così alti di sfiducia vengono segnalati solo nei confronti dei sindacati (35,8%) e dalle altre confessioni religiose (35,9%) (tabella 20).

Circa un terzo del campione si è detto invece abbastanza fiducioso nei confronti della Chiesa e più della metà nei confronti delle associazioni di volontariato, testimoniando di fatto una sostanziale disistima nei confronti degli ambienti legati al sistema di potere e una maggiore attenzione verso le organizzazioni ispirate da etiche e valori condivisi.

Su un altro fronte i partiti e i sindacati dimostrano ancora una loro grande difficoltà a recuperare il rapporto con il tessuto sociale: quasi l’88% (nessuna fiducia, 45,5% e poca fiducia, 42,4%) e il 76,7% (nessuna fiducia, 35,8% e poca fiducia, 40,9%) degli italiani hanno dichiarato di non nutrire fiducia verso queste due istituzioni.

Come accennato, la scuola è una delle due istituzioni che continua a perdere fiducia da parte degli italiani e in particolare da parte delle fasce giovanili: il 52,7% di quanti hanno con un’età compresa tra i 18 e i 24 anni ha dichiarato di avere poca fiducia nei confronti dei soggetti a cui è deputata la formazione scolastica e il 10,1% non ha alcuna fiducia. Nonostante le riforme e l’attenzione dedicate dal Ministro dell’Istruzione Gelmini, la percentuale di poca fiducia verso la scuola si raccoglie in maniera maggiore tra gli intervistati vicini al centro-destra e alla destra (50,3% e 43,2%).

 

I sindacati perdono colpi a sinistra

Rispetto agli schieramenti politici, le organizzazioni sindacali segnalano un perdita del consenso soprattutto da parte di chi si dichiara di sinistra e di centro-sinistra. Il 43,8% dei primi ha asserito di essere poco fiducioso (dato molto vicino alla percentuale degli intervistati di centro-destra) e quasi il 30% dei secondi di non esserlo per nulla.

 

Partiti e distanti

La completa mancanza di fiducia nei confronti dei partiti è espressa in maniera quasi uniforme in tutte le aree geografiche del Paese con le punte del Centro (49,3%) e delle Isole (52,9%). Se si sommano le percentuali di coloro che non hanno nessuna fiducia e di coloro che ne hanno poca il picco della sfiducia si concentra ancora una volta nel Centro con il 91,5%, seguito dal Sud con l’87,6%, dal Nord-Est con l’87,5% e dal Nord-Ovest con l’87,2%. Le Isole con il loro 85,3% non producono nessun conforto ad una situazione che appare gravemente compromessa.

La fiducia espressa dagli italiani nei confronti dei partiti politici è molto bassa a prescindere dalla loro area politica di appartenenza. In ciascuna di queste infatti il numero di chi dichiara di non avere “nessuna fiducia” e di chi comunque sostiene di riversarvene “poca”, supera (in totale) l’80%.

Nonostante ciò, confrontando i dati registrati con quelli dello scorso anno, la fiducia nei partiti, nel corso del 2009, pare essere aumentata di circa il 5%. Rispetto all’anno precedente, infatti, in ogni area politica di appartenenza si registra una riduzione percentuale del numero di chi dichiara di non avere “nessuna fiducia”, compensata da un proporzionale aumento di chi dichiara al contrario di averne “abbastanza”.

 

La Chiesa al primo posto insieme al volontariato

La Chiesa sembra aver superato la fase di stallo che aveva caratterizzato i recenti anni passati e la fiducia degli italiani nei suoi confronti segnala un sensibile incremento. Sembra ormai essersi esaurito l’effetto Wojtyla, la cui morte aveva provocato un forte senso di disorientamento tra i fedeli e che i primi anni del nuovo pontificato non erano evidentemente riusciti a colmare. Via via che il pontificato di Papa Benedetto XVI procede, il suo messaggio riesce a penetrare nell’immaginario collettivo anche per la sua fermezza, lucidità e chiarezza. Molto apprezzate sembrano essere le posizioni assunte recentemente sul ruolo e sulle responsabilità della Chiesa anche di fronte a temi e a questioni dolorosamente aperte dalla cronaca.

La fiducia nella Chiesa ha un riscontro differente in ogni singola area politica: se a sinistra è il 37% a non avere “nessuna fiducia” in questa istituzione, nel centro e a destra tale percentuale si abbassa notevolmente. registrando rispettivamente solo un 14,9 % e un 17,4%.

È comunque nelle aree politiche di centro e di centro-destra che si registra la maggiore fiducia: il totale di chi dichiara di averne “abbastanza” e “molta ” è rispettivamente il 61,9% e il 58,2%, rispetto al 46,2% della destra e al 40,1% della sinistra.

 

Magistrati: meglio separati

Solo il 36% dei cittadini condivide e approva l’attuale sistema ordinamentale che accomuna indistintamente i magistrati dell’accusa, quelli che devono esercitare una funzione di controllo sull’operato dei primi nel corso delle indagini e coloro che invece attraverso il processo dovranno giudicare. Il 57,8% non condivide tale sistema e solo il 6,2% non esprime un’opinione a riguardo.

I più favorevoli all’attuale sistema si concentrano nell’area della sinistra (53%) che però registra anche un sostanzioso 41,6% di contrari. Nel centro-sinistra, forse anche a sorpresa, i contrari superano i favorevoli; 51,2% contro il 41,7%. Gli elettori di centro esprimono per il 63,3% un parere negativo mentre nell’area di centro-destra quasi i tre quarti degli intervistati (71,7%) è contrario. Percentuale che lievita ulteriormente nell’area di destra sino ad arrivare al 75,9%.

Tra coloro (36%) che condividono l’attuale sistema ordinamentale, più della metà (53,7%) afferma di avere fiducia nella capacità e nella indipendenza di giudizio dei magistrati italiani. Il 25,9%, cioè un italiano su quattro, è preoccupato della possibilità di separare le carriere poiché intravede il pericolo che il ruolo dell’accusa possa indebolirsi. Il 19% invece è convinto della bontà del nostro modello organizzativo e ritiene che i sistemi politici con carriere separate offrano minori garanzie di indipendenza ed affidabilità.

La fiducia massima nella capacità e nella indipendenza di giudizio dei magistrati viene espressa dagli intervistati di centro con il 65% seguita da quelli di centro-sinistra con il 57%, da quelli di sinistra con il 54,8%, da coloro che non si riconoscono in nessuna area politica con il 50%, dagli intervistati che si dichiarano di centro-destra con il 47,5% e da quelli di destra con il 40%.

I più timorosi che la separazione delle carriere possa indebolire il ruolo dell’accusa sono nella destra con il 36%, nel centro-destra con il 35%, seguono la sinistra con il 27,4%, coloro che non si identificano in nessuna area politica con il 25%, il centro-sinistra con il 20,9% e il centro con il 20%.

Pare, dunque, che i più preoccupati sul possibile indebolimento dell’accusa siano coloro che si collocano nel centro-destra e nella destra. Segno evidente che il tema della giustizia è fortemente sentito anche in quella parte dell’elettorato che secondo la vulgata comune dovrebbe avere un atteggiamento fortemente critico nei confronti dei pubblici ministeri. Una attenzione al tema che supera abbondantemente quella espressa dal centro-sinistra, area politica nella quale più forte si manifesta la solidarietà e la vicinanza nei confronti dei magistrati.

Diverse le posizioni del 57,8% che ha espresso la propria contrarietà nei confronti dell’attuale organizzazione del sistema giudiziario: il 28,3% di questi è convinto che il sistema attuale pregiudichi l’imparzialità stessa dei magistrati. Il 18,9% è convinto invece che questo sistema non consenta la necessaria parità nel corso del procedimento penale tra accusa e difesa ma è sul raffronto con le altre esperienze, specialmente quelle dell’Inghilterra e degli Stati Uniti, che si concentra l’attenzione degli intervistati che esprimono la convinzione per il 51,5% dei casi che quei sistemi offrano maggiori garanzie di indipendenza ed affidabilità.

 

Magistrati: tra imparzialità e politicizzazione

La maggioranza dei cittadini (49%) ha abbastanza (39,1%) o molta (9,9%) fiducia nell’imparzialità dei magistrati. Di poco inferiore la quota percentuale dei non fiduciosi che nel 48,1% dei casi esprimono una completa sfiducia (poca nel 36,7%, nessuna nell’11,4%).

A sinistra dichiara di avere poca o nessuna fiducia il 32,1% mentre il 66,7% esprime abbastanza (50%) e molta fiducia (16,7%). Nel centro-sinistra la sfiducia cresce al 37,1% e la fiducia si abbassa al 60,2%. Nel centro esprime poca o nessuna fiducia il 47% degli intervistati e i fiduciosi calano al 50,7%. Nel centro-destra esprime sfiducia il 60,9% degli intervistati e solo il 35,4% ha abbastanza o molta fiducia. Nell’area di destra la percentuale di coloro che manifestano sfiducia sale al 66,7% e solo il 30,3% mostra di avere abbastanza (25,8%) o molta fiducia (4,5%). Anche tra coloro che dichiarano di non riconoscersi in nessuno degli schieramenti che il panorama politico offre, la percentuale dei non fiduciosi supera di qualche decimale il 50% (50,3%).

Tra coloro che hanno espresso fiducia nell’imparzialità dei magistrati il 53,7% riconosce loro capacità di giudizio e confida nella loro indipendenza. Il rischio che la separazione delle carriere possa indebolire il ruolo dell’accusa è segnalato e condiviso dal 25,9%, mentre la convinzione che la separazione delle carriere dei magistrati possa comportare minori garanzie di indipendenza e di affidabilità è condiviso dal 19% del campione.

Uno dei temi al centro del dibattito pubblico è rappresentato dalla presunta politicizzazione dei magistrati italiani che vengono spesso di essere guidati nella loro azione da pregiudizi di carattere politico o ideologico.

Gli intervistati al riguardo sembrano avere le idee molto precise. Il 20,2% è convinto che i magistrati non siano condizionati dalle loro idee politiche. Il 53,5% è convinto che le idee politiche delle quali sono portatori condizionino solo una parte dei magistrati, quella parte definita comunemente “politicizzata”. Il 20,7% è invece convinto che tutti i magistrati siano fortemente condizionati dalla loro appartenenza politica o ideologica.

L’altra questione al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica è quella della durata dei processi sulla quale Governo e Parlamento sono impegnati. Su questo tema gli italiani sono quasi per la totalità d’accordo; infatti, il 96,3% giudica i processi troppo lunghi. Solo il 3,7% invece è convinto del contrario.

Il 55,5%, cioè la maggioranza, è convinto che siano troppi i passaggi burocratici che accompagnano i procedimenti mentre il 21,1% attribuisce al Governo, che non assicura i mezzi e le risorse necessarie, il cattivo funzionamento della macchina della giustizia. Solo un’esigua minoranza, l’8,8% del campione, attribuisce una qualche responsabilità agli avvocati della difesa che avrebbero, in linea teorica, interesse a prolungarne la durata mentre solo l’8,1% degli intervistati attribuisce la responsabilità ai magistrati accusati spesso di avere una scarsa predisposizione al lavoro.

Complici i mezzi di comunicazione di massa che spesso imbastiscono veri e propri processi mediatici assolvendo o condannando indipendentemente dallo svolgersi reale delle vicende, si è progressivamente affermata la prassi che vorrebbe che siano gli imputati di turno a dover dimostrare la propria innocenza. Gli italiani non sembrano avere dubbi: il 73,6% dichiara che deve essere il magistrato a dover dimostrare la colpevolezza dell’accusato e non questi la sua innocenza. Solo il 20,8% invece ritiene che debba essere l’accusato a dover dimostrare la propria innocenza.

 

La politica del conflitto

Il dibattito politico nel nostro Paese ormai da diversi anni è caratterizzato da una forte contrapposizione tra i due schieramenti principali. Questo scontro continuo e l’incapacità di trovare punti di intesa, quando necessario per il bene della collettività, contribuiscono ad affermare l’immagine di una politica inadeguata e distante dagli interessi veri dei cittadini.

Quanto detto appare confermato in pieno dalle risposte fornite alla domanda relativa al giudizio sul confronto tra le forze politiche: il 45,5% dei cittadini, quindi quasi la metà, ritiene che all’origine di questo scontro infinito vi siano l’inadeguatezza e l’impreparazione degli esponenti politici, il 24,8% la ritiene una vera e propria patologia in grado di provocare gravi danni alla democrazia stessa. Solo il 9,5% ritiene che questo scontro debba considerarsi il normale risultato del confronto politico ed il 6,7% lo giudica il prodotto naturale della democrazia. Mentre per l’8,5% alla base vi sarebbe un conflitto sociale sottovalutato.

Complessivamente l’85,3% dei cittadini condivide molto (56,1%) e abbastanza (29,2%) l’idea secondo cui i partiti dovrebbero cercare di raggiungere il massimo di concordia possibile per il bene del Paese.

L’opinione secondo cui la diversità di opinioni debba manifestarsi in ogni forma possibile divide a metà il campione: il 49,6% manifesta un chiaro dissenso (per niente 29,3%, poco 20,3%) mentre complessivamente il 43,6% si dichiara favorevole (abbastanza 28,2%, molto 15,4%).

Tuttavia, la larga maggioranza dei cittadini, l’88,8%, si dice abbastanza (23,1%) e molto (65,7%) convinto del fatto che occorra un rispetto comune per le regole della politica.

Un altro tema che ha caratterizzato la recente vicenda politica è quello della riforma della legge elettorale che ha abolito il sistema delle preferenze. L’accusa che viene rivolta al nuovo sistema elettorale è da una parte di aver privato i cittadini della possibilità di scegliere direttamente il candidato per il quale votare e dall’altra di aver dato vita ad un sistema nel quale il Parlamento è di fatto nominato dai leader dei partiti.

Anche su questo fronte la risposta degli italiani è corale: l’83,1% è favorevole alle reintroduzione delle preferenze, solo un modesto 9,6% è contrario, mentre il 7,3% non si sente in grado di prendere posizioni.

I favorevoli sono in maggioranza ed equamente distribuiti in tutte le aree politiche di appartenenza: l’85,8% dei cittadini di centro, l’85% di quelli di centro-sinistra e l’84,6% della sinistra. A destra vorrebbero ritornare al sistema delle preferenze l’84,1%  degli elettori, della stessa opinione l’80% circa di quelli di centro-destra. La pensa allo stesso modo l’82% di quanti non si riconoscono in nessuna area politica.

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Rapporto Italia 2010. La fiducia dei cittadini nelle istituzioni