SCUOLA

L'insegnante: tempo di scrutini,
quanto valgono i nostri voti?

Tiziana Pedrizzi, il Sussidiario 16.2.2010

Il problema dei voti può essere affrontato dal punto di vista educativo, ma anche da un punto di vista degli effetti sociali.

Il che poi si traduce alla fine in fatti educativi o diseducativi, se ci si abitua ad essere ben valutati senza esserselo meritato.

In Italia si sta delineando la possibilità per la prima volta di avere le idee chiare su cosa valgono davvero i voti delle scuole. Un’indagine in questo senso potrebbe dare una spinta importante alla questione del valore legale del titolo di studio.

In proposito il primo problema è capire che cosa realmente significhi, su quali basi normative si sostenga e cosa bisogna concretamente fare per smantellarle. Oltre che vedere come si regolano in proposito gli altri Paesi che, nonostante l’assenza di questo salvifico istituto, non sono precipitati nell’anarchia educativa e nel clientelismo sfrenato.

Ma il secondo è capire davvero e a fondo cosa si nasconda dietro i famosi pezzi di carta, quali ingiustizie essi permettano e perciò quale danno facciano al nostro sistema sociale.

Da qualche tempo cominciamo ad avere in mano dati che possono permettere un paragone fra la valutazione interna delle scuole fatta dagli insegnanti e le valutazioni standardizzate esterne che dovrebbero garantire una maggiore attendibilità almeno in alcuni campi, pochi ma fondamentali.

Dal punto di vista delle valutazioni delle scuole negli anni scorsi si era messo in moto l’Ufficio Studi e programmazione, che nell’apposita parte a ciò dedicata sul sito del Ministero aveva cominciato a sfornare dati molto interessanti, anche perché territorialmente disarticolati.

Dopo un inizio promettente, siamo fermi però da mesi ai Rapporti concernenti gli esami di Stato 2007-2008, gli scrutini ed esami 2007-2008 e gli scrutini intermedi 2008-2009. Siamo in attesa dei Rapporti concernenti gli esami di Stato 2008-2009 e gli scrutini ed esami 2008-2009. Non dovrebbero poi molto tardare i dati ricavati dagli scrutini intermedi 2009-2010 attualmente in corso.

Questi dati consentono già da soli un’interessante fotografia dell’Italia dei voti. Ma sarebbe ancora più interessante compararli con i risultati delle valutazioni standardizzate esterne che andranno da quest’anno fortunatamente accumulandosi.

Fino alla fine della scuola media la comparazione riveste sicuramente interesse, poiché servirebbe a valutare il reale livello di efficacia della scuola elementare e, a livello dell’esame di terza media, il rapporto fra i giudizi che danno gli insegnanti ed alcuni punti di riferimento certi, almeno nel core del core curriculum. Dall’autunno 2010 avremo a livello nazionale una fotografia della situazione in italiano e matematica in 2° e 5° elementare ed in 1° e 3° media (prova nazionale).

Dall’autunno 2011 dovremmo riuscire a buttare un occhio anche sulla scuola superiore, in cui intere enclave si sono sottratte a qualsiasi tipo di “intrusione”, non aderendo alle rilevazioni volontarie INVALSI dei primi 5 anni del decennio che si sta chiudendo. Più in là, si sa, non si era andati.

L’interesse per la scuola superiore è ovviamente maggiore, nell’ottica del valore dei titoli e delle pagelle rilasciate. Sia perché è in questo livello di scuola che si usano le ripetenze ed i “debiti”, sia perché il voto di maturità (di cui quelli degli anni precedenti sono in certa misura preparatori), mantiene notoriamente un certo valore. È in fondo qui che si annida il maggiore interesse di una tale comparazione, visto l’attuale squilibrio territoriale dei suoi esiti.

Non vanno peraltro dimenticate le rilevazioni internazionali che possono costituire un ulteriore elemento di paragone, proprio sulle materie oggetto delle rilevazioni nazionale: IEA-PIRLS per la lettura alle elementari, IEA-TIMSS per la matematica e le scienze alle elementari ed alle medie ed infine PISA che si colloca per la maggior parte degli studenti, giusto alla fine del biennio dell’obbligo.

D’altra parte un simile comparazione è anche indispensabile perché le prove esterne diano la spinta a reali operazioni di miglioramento nelle scuole. Senza una immagine precisa e comparata della collocazione della scala di voti che ogni scuola usa in un contesto più ampio, è difficile che insorga il dubbio che magari ci si è abituati a collocare il livello di accettabilità (vulgo 6) troppo in basso. Il che è probabilmente il principale punto da migliorare, nella maggior parte dei casi.