I Consigli d’Istituto
nell’era delle scuole indebitate

di Stefano Stefanel, Pavone Risorse 7.2.2010

         Il 30 gennaio scorso si è svolto a Bologna il 1° Incontro nazionale dei coordinamenti provinciali dei Consigli di Circolo e Istituto e dei comitati genitori. Sul sito www.scuolemodena.it  si trova un interessantissimo “resoconto-proclama” dell’incontro, che rende opportuno un approfondimento di merito, visto che il metodo già di per se è risultato efficace se la stampa nazionale ne ha ampiamente parlato.

         La lettura del documento che invita alla mobilitazione in difesa della scuola pubblica parte da un asserto implicito, ma attualmente molto in voga e cioè sull’opportunità di eliminare di fatto la figura del dirigente scolastico, vissuta come figura d’ostacolo alla naturale dialettica delle scuole, in quanto difensore nelle istituzioni autonome dei voleri regressivi dell’amministrazione. Tutto il documento dei genitori raccolti sotto varie sigle e organizzazioni parte dall’idea che debbono essere le assemblee elettive a dirigere le scuole, lasciando al dirigente l’eventuale compito di ottemperare a quanto deciso. Il documento è soprattutto politico e vorrebbe essere un argine rispetto al continuo logoramento del servizio pubblico, ma non tiene conto dell’attuale assetto della scuola italiana, che non prevede una gestione ministeriale o assembleare delle scuole, ma ne prevede una dirigenziale.

         Quanto dice il documento si percepisce chiaramente vivendo il mondo della scuola in quanto nell’opinione pubblica si è fatta strada l’idea che anche le più bizzarre idee ministeriali (maestro unico, drastici tagli al personale, mancati finanziamenti, ecc.) hanno potuto “passare” perché, di fatto, le scuole sono presidiate da dirigenti scolastici più attenti a quanto ordinato dal Ministero che a quanto deciso dagli organi collegiali locali.

         In questa visione delle cose manca, però, il passaggio cruciale relativo al ruolo del dirigente scolastico: in quanto legale rappresentante dotato di capacità negoziale e autonomi poteri di direzione e di gestione del personale il dirigente scolastico non può essere costretto dagli organi collegiali della scuola a prendere decisioni di cui poi deve rispondere in prima persona e che non ritiene praticabili. L’organo collegiale scolastico è privo di responsabilità, non può essere chiamato a pagare nulla, non ha capacità negoziale: per questo è facile per quell’organo prendere posizioni anche eclatanti che non costano nulla a nessuno.

         Anche il concetto di difesa della scuola e del servizio pubblico generalmente utilizzato per attaccare le politiche ministeriali non tiene minimamente conto di quanto dice la Costituzione modificata all’articolo 117, laddove parla di livelli essenziali di prestazione da erogare nella forma e nei modi decisi unilateralmente dallo Stato e non quindi collegabili ad un’idea a-storica e a-economica di scuola o ad una semplice percezione dell’utenza. Tutto questo può essere regressivo, ma sta in norme costituzionali o primarie che difficilmente chi ha la rappresentanza legale di un’Istituzione può ignorare.

         Fatta questa premessa io credo che il documento meriti un’attenta riflessione perché mostra dinamismo ed entusiasmo e dunque va affrontato nel merito. E’ un documento molto ricco e acuto, che affronta i problemi reali in forma non superficiale. Inoltre mostra un forte desiderio di rappresentanza da parte dei genitori eletti nel consiglio d’Istituto, al di là di quanto la legge possa prevedere e permettere. Mi limiterò in questo articolo a commentare alcune proposte inserite nel documento indicato.

 1.    Mettere in rete gli 11.000 CD del paese. Attraverso Consulte Provinciali, Regionali e Nazionale i Consigli d’Istituto diventerebbero soggetto autonomo in un rapporto organico con Usp e Usr. Questa autonomia prescinderebbe di fatto dalla rappresentanza legale del dirigente scolastico  e pertanto diventerebbe una sorta di potere parallelo con una forte valenza politica. Davanti ad un rapporto diretto tra Consulte dei consigli d’Istituto e uffici ministeriali il dirigente scolastico si troverebbe ad esercitare una rappresentanza legale con modalità  non previste dalle leggi in vigore.

2.    Contributi volontari dei genitori. Su questo punto nel documento vengono chieste tre cose, tutte e tre collegate ad una sfiducia chiara e dichiarata sul comportamento dei dirigenti scolastici:

a.    Trasparenza sulla destinazione dei contributi volontari dei genitori.

b.   Vincolo per i contributi volontari.

c.    Costituzione di un fondo separato per la gestione dei contributi volontari dei genitori.

Porre così la questione significa prefigurare una sorta di contabilità separata, perché quella ordinaria attualmente verrebbe gestita in forma non trasparente. Anche oggi se un genitore eroga un contributo alla scuola questo contributo può essere vincolato in modo molto facile: è infatti sufficiente indicare la causale. I soldi versati per i corsi di nuoto servono a pagare i corsi di nuoto, i soldi versati per le gite servono a pagare le gite, quelli versati per le fotocopie a pagare le fotocopie. Probabilmente non è così nelle Scuole secondarie di 2°grado, che gabellano in buona parte del Paese per “tasse scolastiche” quelli che sono contributi volontari che poi spendono per tappare i buchi di bilancio. In realtà oggi le scuole dovrebbero pagare i debiti per poter funzionare bene e avrebbero bisogno di molti soldi non vincolati. Col metodo attuale di finanziamento le scuole riescono a pagare gite in Olanda o a Parigi, ma non la carta igienica per i bagni. Mentre però la gestione separata richiederebbe che il dirigente violi la legge, il vincolo sul contributo viene messo sempre tranne nel caso del “contributo all’iscrizione” nelle scuole del secondo ciclo, azione messa in atto da molti anni con la totale approvazione dei Consigli d’Istituto, che avrebbero sempre potuto chiedere che quel contributo volontario (fatto passare da troppi per “tassa scolastica”) fosse finalizzato chiaramente. La trasparenza inoltre c’è sempre già oggi, solo che viene garantita dal dirigente scolastico, che evidentemente non riscuote di molta credibilità da parte dei membri del neo comitato. Il documento, inoltre, confonde la “cassa” con la “competenza”, ma non è una confusione grave visto che questo piccolo passaggio dirigenziale viene confuso da tutti, Stato incluso.

 

3.    Residui attivi. I dirigenti scolastici la pensano esattamente come i Genitori, ma i politici sono gli unici che oggi possono mettere mano alla questione, visto che i Ministeri dell’istruzione e dell’economia non intendono riconoscere come accertati e quindi esigibili gran parte dei residui pregressi. Se le scuole continuano ad iscriverli come attivi è perché li reputano esigibili. Al di là di questo è ovvio che almeno da dieci anni lo Stato non è in grado di pagare quello che ha contrattualizzato e legiferato. Io credo che la questione dei residui potrebbe essere risolta solo se la loro erogazione prevedesse una contestuale ridefinizione dei trasferimenti previsti da leggi e contratti. Altrimenti si navigherà a vista ancora per molto. Un recente studio della Banca d’Italia (I rendimenti dell’istruzione, di Federico Cingano e Piero Cipolline, Quaderni di Economia e Finanza, Banca d’Italia editore, settembre 2009) ha comunque mostrato come l’Italia abbia una delle spese più alte dell’Ocse per la scuola e contestualmente le famiglie una delle spese dirette più basse per la scuola: all’estero lo Stato paga meno per le scuole e le famiglie di più.

 

4.    Taglio degli appalti di pulizie. Sarà dura per i dirigenti che hanno firmato i contratti non onorarli, anche se in caso di messa in mora da parte delle cooperative credo che lo Stato interverrà. I primi e gli unici che in questo momento devono sostenere contenzioso e responsabilità per il disservizio sono i dirigenti scolastici. Da qui però a non comprendere come il problema insostenibile sia quello del personale ata e della sua spesa mi pare un passo veramente strano. Se il servizio che a scuola si deve dare è quello dell’istruzione tutto quello che è sorto dietro con mansionari rigidi, personale inamovibile, diritti dei lavoratori che non tengono conto dei diritti degli utenti, ecc. deve essere ridimensionato. E’ impensabile al giorno d’oggi avere personale fermo e seduto per ore e ore che poi si catapulta nelle aule per pulirle nel più breve tempo possibile. E non è possibile avere un mansionario ata di poche righe per tutte le scuole (dalle scuole dell’infanzia agli istituti tecnici e professionali) dovendo poi lottare con sindacati e personale per necessità sociali come le aperture serali, la pre e post accoglienza, i servizi mensa, ecc. Sperare poi che il taglio del 25% delle spese per gli appalti di pulizie possa trasformarsi in nuove assunzioni mi pare non corrisponda alla comprensione del momento che vive il Paese. La gestione del personale ata è un’incombenza pesante per i dirigenti scolastici, che spesso devono combattere con i direttori dei servizi generali e amministrativi, che si ritengono capi del personale ata, con i sindacati che vogliono contrattualizzare anche le aperture e le chiusure delle porte, con le dispense ex 104/92 e con tutto l’armamentario che ha fatto diventare quella professione un coacervo di mansionari rigidi, bassa paga e diritti astrusi.

 

5.    Opzione per chi non si avvale dell’Insegnamento della Religione Cattolica.  Anche qui mi sembra ci sia una sopravvalutazione delle reali possibilità dello Stato. Se fosse sufficiente indicare il fabbisogno delle scuole per le attività alternative per avere più personale sarebbe sufficiente comunicare il numero delle classi, visto che di norma almeno uno che non fa Irc c’è in ogni classe, tenendo conto anche della massiccia presenza di stranieri non cattolici a scuola. In realtà la normativa concordataria parla di attività alternativa, non di insegnante privato o di lezioni per piccoli gruppi. Anche qui mi sembra che si consideri l’attuale rigidità oraria e organizzativa della scuola italiana un valore in sé, dall’altro si disperi sulle reali capacità dei dirigenti scolastici di organizzare e razionalizzare il sistema scolastico loro assegnato.

La reale gravità relativa all’Insegnamento della religione cattolica sta nel modo in cui quegli insegnanti sono diventati di ruolo e negli aumenti che hanno ottenuto come comparto a se stante della scuola in un momento di forte crisi economica. Più strutturata è l’attività alternativa e più forte rimane l’insegnamento della religione cattolica.

Ho isolato i cinque punti essenziali del documento, ma credo di aver commentato i passaggi cruciali. L’iniziativa del neo costituito coordinamento prefigura uno stacco netto tra Stato e Scuole con l’idea che comunque il problema delle risorse realmente disponibili non esiste. In realtà esiste per qualsiasi governo e l’attuale rigidità di orari, obblighi e mansioni sta producendo dei deficit preoccupanti, sia economici che didattici. In tutto questo il dirigente scolastico è l’unico “responsabile del servizio”, anche se pare a nessuno interessi questa sua attribuzione.

Credo che una coerente proposta che il neo comitato potrebbe fare sarebbe quella di eliminare la dirigenza scolastica, ritornando ai Presidi e ai Direttori didattici (che non avevano capacità negoziale, non rappresentavano legalmente l’Istituto, non erano responsabili del servizio e non avevano autonomi poteri di organizzazione e gestione del personale). Il dirigente scolastico viene visto come il terminale del Ministero, questo è ovvio. Forse sarebbe meglio recidere questo terminale.

si.