DAL
PROBLEMA DEL SOSTEGNO ALLA RETTA INTEGRATIVA: UN PERCORSO A OSTACOLI
Disabili e scuole private:
un rapporto difficile
La legge sulla parità del 2000 prevede che gli
istituti che ottengono il sì del Ministero debbano accogliere tutti,
disabili compresi. Ma la realtà a volte pare diversa
Il
Corriere della Sera
25.2.2010
ROMA - «Signora, ma perchè non iscrive suo figlio in una scuola
statale? Lì sono organizzati meglio. Noi i ragazzi disabili non li
prendiamo, non sapremmo come gestirli, non abbiamo insegnanti di
sostegno». Iscrivere un bambino alla scuola paritaria può diventare
un percorso a ostacoli per un padre o una madre se quel figlio ha
una disabilità. Non bastano le difficoltà quotidiane e il pensiero
assillante di quel giorno in cui mamma e papà non ci saranno più. Ci
si mettono pure le discriminazioni in ambito scolastico. Eppure la
legge sulla parità del 2000 prevede che le scuole che ottengono il
sì del ministero debbano accogliere tutti, disabili compresi. Tanto
che ogni anno vengono stanziati dei fondi per il sostegno. Il
concetto lo ha ribadito anche il tribunale di Roma nel 2002 e nel
2008 il ministro Mariastella Gelmini ha rincarato la dose con un
decreto in cui si dice che si ottiene la parità solo se si
rispettano le norme di inserimento degli alunni disabili.
OLTRE LA LEGGE IL «FAI DA TE» -
Fin qui la legge, ma nella realtà regna il fai-da-te. Una giungla in
cui la Dire ha deciso di avventurarsi. Telefono alla mano, abbiamo
contattato numerose scuole private paritarie, scoprendo che molte
volte il bambino disabile riceve un «no». Ma anche quando scatta il
«sì» arrivano i problemi sul sostegno. E su questo punto la
confusione è totale. C'è chi dice «noi non ci attiviamo neanche per
averlo», scaricando la colpa sul ministero "che non garantisce i
rimborsi, che stanzia pochi fondi", chi chiede rette aggiuntive per
pagare l'insegnante in più, chi contributi parziali.
IL PROBLEMA DEL SOSTEGNO -
Qualche esempio. Chiamiamo un noto istituto privato romano, di
quelli che pubblicizzano la loro attività a forza di maxi
cartelloni. Ci risponde una cortese segretaria a cui chiediamo di
iscrivere alla prima elementare un bimbo affetto dalla sindrome di
down. «Non credo ci siano problemi- risponde la donna in un primo
momento- chiedo alla direttrice». Poi il verdetto cambia: «Non
abbiamo l'insegnante di sostegno in questo momento. Può provare
nelle scuole statali dove il sostegno c'è sempre. Le iscrizioni sono
ancora aperte». Il no è condito da un «mi dispiace» che si ripete ad
ogni diniego, con, appunto, il consiglio di mandarli alla statale, i
bambini con disabilità, perchè lì, si sa, sono «più organizzati». Di
fatto, uno scarica barile. Che penalizza le scuole pubbliche e,
soprattutto, le famiglie, che non hanno liberta' di scelta su dove
far studiare i figli.
Cambiamo ciclo scolastico, ci riproviamo con le superiori. Di nuovo
scegliamo un istituto paritario romano dei più pubblicizzati. Anche
qui scatta il no al ragazzo down: «Non sappiamo come gestirli-
risponde un uomo al centralino- non abbiamo l'obbligo di prenderli,
non ricadiamo nella legge della scuola pubblica. Non prendiamo
ragazzi con disabilità».
«SI CREA UN PROBLEMA» - Il
problema è il sostegno? Domandiamo. «No, è che non li prendiamo
proprio perchè ci si viene a creare un problema. La cosa migliore,
signora, è la statale, che è più organizzata di noi». Ci risiamo. In
un istituto cattolico gestito da una grande fondazione (la struttura
è a Roma e ha laboratori, centri sportivi, teatro, piscina) si
aprono le porte per il nostro bambino che deve andare in prima, ma,
ci dicono dalla segreteria, «noi siamo una scuola paritaria e vi
dovete prendere l'onere del sostegno. In attesa che il ministero vi
riconosca le ore e vi rimborsi, ma chissà quando avverrà».
Scoraggiarsi è d'obbligo. In un'altra scuola cattolica blasonata
della Capitale ci dicono che «non c'è un sì o un no a priori, certo
poi bisogna vedere se si concretizzerà l'iscrizione». Ci lasciano
nel dubbio.
RETTA INTEGRATIVA - Istituto di
suore a Milano: il sostegno non c'è, il bambino non trova spazio.
«Il fatto- ci dicono- è che il ministero paga solo un 'quid'...".
Colpa di viale Trastevere, insomma, se un bambino non può scegliere
la scuola che vuole. In un istituto di Verona ci dicono che
anticipano loro la «retta integrativa per la disabilità». Poi la
famiglia chiederà un sostegno alla Regione che andrà girato
all'istituto. «E se non ce lo danno?». «Non è mai capitato, ma certo
il rimborso si potrebbe fare in molte rate». Si parla, infatti,
dello stipendio di un docente per un anno. E anche al Sud la musica
non cambia: a Palermo ci invitano a portare il nostro bimbo alla
statale, «da insegnante - ci dice una operatrice - le dico che è
meglio». (Fonte agenzia Dire)