Dieci domande sulla riforma... La Tecnica della Scuola, 15.2.2010 Sull’avvio della riforma, alcuni giorni fa, la nostra redazione ha pubblicato un articolo del quale venivano formulate dieci domande in attesa di chiarimenti. Queste le risposte fornite dal dirigente scolastico Gianni Zen, membro della Delivery Unit nazionale. Ad un mese e mezzo dalla scadenza per le iscrizioni (il cui termine è stato prorogato due volte per consentire una puntuale informazione) il mondo scolastico ha a disposizione soltanto la tabella di confluenza dei percorsi, i profili in uscita e i quadri orario, i comunicati stampa del ministro e qualche scheda curata dall’Ansas. La riforma è stata avviata sulla base di Regolamenti che ad oggi non solo non costituiscono una norma in vigore, ma sono dei documenti fantasma. Le notizie certe sono poche, gli interrogativi tanti. In merito, alcuni giorni fa, la nostra redazione ha pubblicato, a firma di Anna Maria Bellesia, un articolo per mezzo del quale venivano formulate dieci domande in attesa di chiarimenti. A rispondere, pochi giorni dopo la pubblicazione, è stato Gianni Zen, dirigente scolastico e componente del Gruppo operativo della Delivery Unit nazionale che ha considerato le domande della nostra collaboratrice puntuali nelle sue annotazioni, e meritevoli di una risposta. “Si tratta - ha specificato Gianni Zen - di un tentativo di dialogo, nulla di definitivo, per alimentare quel pensiero positivo che, seppur in forma carsica, è la vera forza viva della scuola italiana”. Un dialogo che per avere la sua efficacia e i suoi risultati deve trovare un compromesso. Infatti sottolinea Zen: “Tra la mera conservazione dell’esistente ed il sogno della riforma “perfetta”, - sostiene - la via mediana, come sempre, nonostante le criticità e gli inevitabili compromessi, è la scelta migliore”.
1. Se i percorsi formativi dovranno essere volti al perseguimento di risultati di apprendimento declinati in conoscenze, abilità e competenze, anche in coerenza con le Raccomandazioni U.E., gli insegnanti saranno pronti e adeguatamente formati il prossimo settembre ad innovare il loro metodo di insegnamento secondo la nuova prospettiva?
- Questa è
la vera partita riformista. Perché al di là dei contenitori, contano
i contenuti, e questi contenuti rimandano al fatto che si dovrà
passare in progress alla didattica per competenze, ad un metodo il
più possibile induttivo, a percorsi di formalizzazione centrati sul
problem solving: centrali qui sono i Dipartimenti che “dovranno”
(ora non più un atto imperativo, ma una responsabilità eticamente
sensibile per il sistema-scuola) diventare il vero snodo
riformatore. E’ qui che si gioca la professionalità dei docenti. Il
punto di partenza saranno le Linee guida che saranno pubblicate dal
Miur tra 60 giorni circa: saranno la cornice sulla base della quale
le scuole dovranno scrivere le nuove programmazioni. 2. Se l’utilizzo diffuso dei laboratori a fini didattici è considerato lo strumento essenziale per un insegnamento efficace ed attraente per gli studenti, gli insegnanti saranno pronti e adeguatamente formati per fare del laboratorio l’ambiente ordinario del fare scuola?
- Le co-docenze presenti in alcuni
indirizzi sperimentali dei Licei sono state cancellate, mentre le
compresenze degli Itp nei Tecnici e nei Professionali sono state
rese più funzionali a far in modo che gli stessi docenti di teoria
siano costretti, come è giusto, a riscrivere le loro programmazioni
partendo dai laboratori: è il tempo-laboratorio che viene di fatto
valorizzato come nucleo portante del fare didattica: anche qui
centrale sarà il lavoro in progress dei Dipartimenti. 3. E le scuole avranno una dotazione strumentale ed ambienti idonei per creare le condizioni di queste nuove opportunità di apprendimento?
- Lo
sappiamo bene, gli strumenti valgono nella misura in cui assumono un
significato. L’aggiornamento dei Laboratori, viste le difficoltà del
momento, non potrà essere un atto d’imperio e centralizzato, ma una
opportunità che le migliori scuole stanno già attuando attraverso
l’adesione a progetti o bandi di vario tipo, regionali, nazionali ed
europei, tutti (chi più chi meno) con ricadute indirette
nell’aggiornamento dei laboratori. Ancora una volta: sano
protagonismo delle scuole e fine della pretesa “manna” dall’alto…
Tanti progetti europei sono, ad esempio, una reale pari opportunità
per le nostre scuole. 4. Riusciranno le istituzioni scolastiche a gestire autonomia e flessibilità, e a raggiungere gli obiettivi previsti, non solo in mancanza di un organico funzionale, ma con organici sempre più ristretti a causa della riduzione delle cattedre esistenti?
- Le scuole
stesse devono dimostrare che l’autonomia è un valore, vincendo la
tendenza sempre in atto secondo la quale autonomia=anarchia,
debolezza non troppo nascosta della vecchia logica centralista e
de-responsabilizzante sempre in agguato a livello nazionale e
periferico. L’autonomia ci dice che le scuole dal 2001 sono Stato, e
quindi non possono più essere trattate come dependaces degli enti
locali, degli Usr e degli Usp: sanno invece che sono tanto più
significative solo se aprono porte e finestre per diventare “scuole
delle comunità locali”: il Cts paritetico dovrebbe diventare il vero
fiore all’occhiello di tutte le migliori scuole. 5. Quante scuole troveranno il modo, a costo zero, di avvalersi di esperti del mondo del lavoro, delle professioni e della ricerca scientifica e tecnologica attivando i nuovi modelli organizzativi di progettazione didattica (Comitato tecnico scientifico e dipartimenti)? - Qui, ancora una volta, dipenderà dalla capacità delle scuole di fare rete col territorio, pur nella difficoltà del momento. Le risorse saranno uno dei risultati positivi di questo gioco di squadra.
6. Come saranno articolate le cattedre in assenza, al momento, della revisione delle classi di concorso?
- È giusto
attendere il lavoro ministeriale, ben sapendo che comunque la
revisione delle classi di concorso oggi è un atto dovuto, che
renderà più flessibile il quadro organizzativo. 7. Se la partenza dei nuovi ordinamenti è fissata solo dalle classi prime classi, in base a quali criteri il Mef taglierà le ore nelle classi successive, scontrandosi col diritto degli studenti alla continuità del percorso intrapreso?
- Sui tagli
nelle classi seconde, terze e quarte: tutti i compromessi hanno le
zone d’ombra. Se poi osserviamo la situazione complessiva nel mondo
del lavoro, è corretto non limitare lo sguardo al nostro orticello
scolastico: noi lavoratori della scuola, rispetto ai nostri colleghi
lavoratori in altri contesti, siamo dei privilegiati. Ed i precari?
Meglio ancora: ed i giovani di talento che si trovano ai margini?
Sono problemi gravi e seri, più grandi di noi. Qui deve entrare, se
vogliamo essere sinceri e corretti fino in fondo, il tema della
valutazione dei docenti: quanti docenti condividono che gli studenti
e le famiglie hanno diritto ai migliori docenti, non a qualsiasi
docenti. Perché avere paura di dire queste cose? 8. Su quali basi agli studenti che intendono cambiare percorso sono riconosciuti e certificati i crediti maturati per facilitare i passaggi ed ostacolare la dispersione?
- Sulle
passerelle si è fatto sempre un gran parlare. Ma in realtà sappiamo
bene che la vera scelta, per la quasi totalità degli studenti,
avviene verso i 14 anni. Anzitutto, quindi, l’attenzione va
concentrata sul deciso miglioramento dell’orientamento, sapendo che
le scuole medie non sono preparate bene a questo ruolo, e se lo
fanno in molti casi sbagliano: da un’analisi dell’Alma Laurea di
Bologna il 47% dei laureati italiani, se tornasse a 14 anni,
cambierebbe la scelta di scuola superiore. Sul come combattere
infine la dispersione, la speranza, al di là dello storico, è che la
riforma aiuti tutti a comprendere meglio la qualità della scelta:
prevenire è sempre meglio che curare. 9. Come realizzare, per i professionali, un’offerta coordinata con la formazione regionale e rilasciare qualifiche in regime di sussidiaretà se mancano del tutto le intese con le regioni?
- Qui è la
partita più delicata. Una sinergia tra Usr e Regioni, anzitutto,
dovrà chiarire bene i nodi da risolvere. Sperando che, finalmente,
sia finito il tempo delle campagne elettorale e dell’uso
politico-strumentale della Conferenza Stato-Regioni. 10. E come utilizzare gli ampi spazi di flessibilità (distinti da quelli dell’autonomia), previsti nei professionali fin dal primo biennio, per corrispondere alle esigenze del territorio, in mancanza di indicazioni certe, e a volte perfino confuse? - La vera sfida, per concludere, della Riforma è una sola: vincere la paura dell'autonomia, il timore dell’etica delle responsabilità, tante remore verso i contesti territoriali. Tutte le scuole dovrebbero dichiarare a chiare lettere che è finito, giustamente, il tempo della vecchia autoreferenza, che è il vero male della scuola italiana, intima cerniera, al di là di destra e sinistra, dei conservatori di tutte le specie… |