Ore di sostegno: due pesi e due misure Non è accettabile che un diritto costituzionale possa essere sottoposto a limitazioni o ristrettezze economiche e che a fare sacrifici, in tempi di crisi, siano solo alcuni, scelti a caso, seguendo logiche pensate a tavolino, di numeri e di convenienze, attuate non considerando il diritto alla salute e all’istruzione e quindi alla dignità delle persone su cui la decisione si abbatte. Eppure due provvedimenti sul sostegno agli alunni con disabilità, espressi nei giorni scorsi dal TAR della Basilicata e da quello del Lazio marciano in direzione del tutto contrario, pur riguardando situazioni analoghe di Elena Santa Carlomagno* da Superando, 1 febbraio 2010 È datato 29 gennaio il provvedimento del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Basilicata che nega a due bambine con disabilità frequentanti la scuola primaria del Comune di Lauria (Potenza) la sospensiva dell'atto che assegna loro l’insegnante di sostegno per sole 13 ore settimanali, a fronte della richiesta di 22 ore fatta dall'AUSL competente in base alle patologie riscontrate nei due rispettivi casi [la citata Ordinanza n. 34/2010 del TAR della Basilicata si può leggere cliccando qui, N.d.R.]. Tale diniego è simile ad altri provvedimenti emessi dal TAR lucano avverso i ricorsi presentati dalle famiglie di bambini con disabilità di tutte le aree della Regione, contro il taglio del sostegno scolastico (alcune di tali famiglie, in vero, a seguito di ricorso al Consiglio di Stato, avrebbero visto ribaltata la Sentenza del TAR regionale). Il Tribunale giustifica il rifiuto in virtù dell’assunto che la Legge Finanziaria per il 2008 [Legge 244/07, articolo 2, comma 413, N.d.R.] avrebbe sancito «il divieto di superamento del rapporto medio nazionale di un insegnante ogni due alunni diversamenti abili» e contestualmente avrebbe «escluso» che, «in presenza di handicap particolarmente gravi possano essere assunti con contratto a tempo determinato docenti di sostegno, in deroga al rapporto docenti-alunni, facendo comunque salvo "il rispetto dei principi sull’integrazione degli alunni diversamente abili fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104"». E ancora, sempre il TAR della Basilicata, nei riguardi del ricorso delle famiglie che lamentavano la non considerazione della gravità clinica dei casi nell’attribuzione del sostegno da parte della scuola, risponde che in base alla Circolare Ministeriale n. 38/09 «è stato richiamato l’impegno di raggiungere gradualmente come previsto dalla legge finanziaria 2008, il rapporto nazionale di un docente ogni due alunni disabili» e che dalla Legge 104 del 1992, che garantisce «il diritto all’istruzione e all’integrazione, mediante l’assegnazione di docenti specializzati di sostegno», «non è enucleabile anche la garanzia di un numero complessivo di ore di sostegno, le quali, pertanto, vanno determinate entro i limiti delle dotazioni organiche connesse alle disponibilità finanziarie all’uopo preordinate».
Ebbene, su un caso analogo, il
TAR del Lazio, il 22 gennaio scorso, si era pronunciato -
in maniera contraria - a favore di un minore residente a
Firenze, affermando «sufficienti profili
di fondatezza nella parte in cui si lamenta che l’amministrazione
nell’assegnare al minore di cui trattasi l’insegnante di sostegno
per n. 14 ore, anziché 22, non abbia considerato la particolare
gravità» [il testo integrale di tale Ordinanza, la n. 298/2010,
è disponibile cliccando
qui, N.d.R.]. Da una parte, infatti, i bambini vedranno negato il pieno diritto alla salute, all’istruzione e all’integrazione scolastica, in nome delle ristrettezze economiche e quindi di organico, dall’altra, invece, si procederà a ristabilire il diritto negato, facendo in modo che lo Stato, cioè tutti i cittadini (compresi quelli della Basilicata), si facciano carico di garantire al minore il pieno diritto all’istruzione e all’integrazione. Nel primo caso, quello lucano, il diritto non è riconosciuto perché è condizionato "a cascata" dalla ristrettezza delle risorse trasferite all’Ufficio Scolastico Regionale, dal numero dei disabili presenti nelle singole scuole e dalla solerzia più o meno spinta con cui vengono inviate le richieste di deroga, sino all’interpretazione normativa del TAR competente. Come se un diritto costituzionale potesse essere sottoposto a limitazioni o ristrettezze economiche che potrebbero renderlo attuato per alcuni e inattuato per altri; come cioè se un diritto diventasse una concessione, quasi un’elemosina.
L’aspetto più pericoloso della vicenda
che vede attribuite ad alcuni bambini con disabilità solo 13 ore di
sostegno, mentre altri - contemporaneamente, nella medesima
situazione - ne hanno 22, non è l’affermazione del principio che
durante una crisi economica stringente come quella in corso sia
normale fare sacrifici da parte di tutti - che pare essere la logica
del TAR di Basilicata, dell’Ufficio Scolastico Regionale e della
scuola - ma che a fare sacrifici siano solo alcuni, scelti a
caso, seguendo logiche pensate a tavolino, di numeri e di
convenienze, attuate non considerando il diritto alla salute e
all’istruzione e quindi alla dignità delle persone su cui la
decisione si abbatte. Sta di fatto che, ad ora, nessun cittadino d’Italia pagherà soldi per garantire il pieno sostegno ad alcuni bambini della Basilicata, nessuno interverrà con patti di solidarietà sociale. Questi minori, insieme alle loro famiglie, sono tra quelli che per primi - insieme agli operai e ai precari che aumentano le file della disoccupazione - -contribuiranno, grazie a una "compressione forzata" dei loro bisogni, a risanare il bilancio dello Stato. La gravità di quanto avviene, però, non deve restare nell’ambito della vicenda personale dei bambini e delle famiglie della Basilicata coinvolte; infatti, è necessario per tutti che chi può - politica, presidente della Repubblica e Corte Costituzionale - ponga la questione della costituzionalità o meno di una norma che induce a interpretazioni restrittive che generano disparità. Tale norma è la fissazione di quel famoso rapporto medio nazionale di un insegnante ogni due alunni disabili, che interpretata in maniera letterale nella singola scuola, senza tener conto del numero degli alunni disabili presenti, della possibilità di effettuare compensazioni tra singole scuole e Province limitrofe, semplificando la "tendenzialità e la gradualità" e trascurando l'effettiva esigenza del minore disabile, diventa un numero medio svuotato da tutti quei contenuti di tutela e diritto che ormai dovrebbero essere riconosciuti ovunque ai portatori di handicap (se almeno le leggi non sono un puro esercizio teorico!). Altrimenti si spieghi cosa significa «facendo comunque salvo "il rispetto dei principi sull’integrazione degli alunni diversamente abili fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104", come recita la citata Ordinanza del TAR della Basilicata. Nella presente campagna elettorale sentiamo parlare di "quoziente famiglia", di "sostegno alle fasce deboli" e di altre misure che avvertiamo invero un po’ "appiccicaticce", almeno in alcune aree del Paese, dove hanno preso piede costumi e atteggiamenti "legittimi e legittimati" di modifica dello Stato sociale, se non di vera e propria "macelleria sociale". Non sappiamo verso quali lidi ci condurrà questo vento di tempesta, sappiamo solo che se una parte del nostro Stato o del nostro Mondo non avrà diritti simili all’altra, le tensioni saranno tali e tante che le onde perderanno molti di noi, per quel che, a chi regge il timone, può importare.
* Presidente dell'Associazione Gruppo Auto Mutuo Aiuto di Lauria (Potenza) - Tutti sulla stessa barca.
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