Crocifisso, depositato il ricorso
del Governo alla Corte di Strasburgo

di A.G. La Tecnica della Scuola, 2.2.2010

Secondo i giuristi italiani l'interpretazione del concetto di neutralità confessionale dello Stato non si risolve nell'adozione di un atteggiamento agnostico o ateo, ma implica uno sforzo che concili le differenze religiose. Nella sentenza del 3 novembre scorso rilevati anche errori di forma. L’ultima parola spetterà alla Grande Camera.

Dopo gli annunci, gli ultimi da parte del ministro Gelmini, il Governo è passato ai fatti: contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, che il 3 novembre scorso ha definito l'esposizione del crocifisso nelle aule della scuola pubblica “una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni” e alla “libertà di religione degli alunni”, l’esecutivo ha comunicato di aver depositato ricorso scritto.

Il documento, presentato il 29 gennaio, verrà esaminato da un apposito collegio di cinque giudici della Corte: starà a questi ultimi verificare perché "la decisione – sostiene il Governo italiano - risulta aver creato perplessità e sconcerto, non solo in Italia" poiché sarebbe "contrastante con la giurisprudenza della stessa Corte in materia (decisione Leyla Sahin contro Turchia del 10 novembre 2005)".

Secondo i giuristi del nostro organo esecutivo l'interpretazione del concetto di neutralità confessionale dello Stato “non si risolve nell'adozione di un atteggiamento agnostico o ateo, ma implica lo sforzo volto a conciliare al meglio le differenze religiose”.

Nella stesura del ricorso, il Governo si è voluto soffermare sulla parte di tesi, accolta dalla Corte, secondo cui l'esposizione del crocifisso in aula può rivelarsi incoraggiante per alcuni allievi che a quella religione aderiscono, ma emotivamente 'inquietante' per allievi che professano altre religioni o che non ne professano alcuna: questa interpretazione finirebbe “per riconoscere – continua la nota del 2 febbraio - un diritto alla protezione di sensibilità più o meno soggettive con relativa, grave incertezza giuridica". Per Palazzo Chigi i giudici di Strasburgo sarebbero anche incorsi in un errore di forma non di poco conto. "si è evidenziato – sostiene il Governo - un travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa la Corte attribuendo la scelta di esporre il crocifisso alla direzione della scuola, mentre, nel caso di specie, si era trattato di un obbligo giuridico previsto dalla normativa nazionale e solo confermato o rafforzato da una conforme votazione all'interno delle istituzioni scolastiche all'esito di uno specifico dibattito".

E’ probabile, vista la complessità del caso, che il ricorso venga passato sin da subito al vaglio della Grande Camera di Strasburgo: questa, costituita da diciassette giudici e composta di diritto dal presidente, dai vice-presidenti della Corte ed i presidenti di sezione, oltre, fra gli altri, al giudice italiano, potrebbe prendere la sua decisione nei prossimi mesi. Riesaminando il caso alla luce dei rilievi di un Governo sempre più deciso a far valere le sue ragioni. Per non far toccare il crocifisso.