Docenti di diritto e economia
contro riforma Gelmini

L'insegnamento del diritto nelle scuole superiori italiane verrà, secondo quanto prevede la riforma Gelmini, ridotto drasticamente o, per alcuni indirizzi, abolito. I docenti italiani, contro la Riforma Gelmini

Antonino Reina Unimagazine, 15.2.2010

Summum ius, summa iniuria, sarebbe il caso di dire. E l'ingiustizia, in questo caso, riguarda proprio l'insegnamento del diritto nelle scuole superiori italiane. Che verrà, secondo quanto prevede la riforma Gelmini, ridotto drasticamente o, per alcuni indirizzi, abolito. Piuttosto intuitiva la pericolosità del provvedimento, su cui ha posto l'accento, in maniera energica, un comunicato del Coordinamento Nazionale dei Docenti di Diritto ed Economia: “Gli studenti italiani hanno il diritto di studiare quello che si studia nelle scuole degli altri Paesi europei. Mentre si riconosce esplicitamente l'importanza delle Discipline giuridiche ed economiche, anche in riferimento alla educazione alla legalità, si condivide la preannunciata volontà di eliminarle nel sistema dei Licei”.

Condivisione, cui allude la nota, mostrata dalla Commissione del Senato nei confronti di un provvedimento normativo che riscriverebbe in maniera dannosa tutto l'impianto didattico superiore. Un parere, quello del Senato, che è solo l'ultimo dei rospi ingoiati dai docenti italiani, come ci racconta Fabiola Russo: “Una legge delega così dannosa per la scuola italiana ha avuto riscontro favorevole sia alla Camera che al Senato, per l'ovvia ragione che le Commissioni parlamentari riflettono la maggioranza. E ciò, nonostante una delegazione di insegnanti sia stata ricevuta a Roma, e ascoltata con molta disponibilità al Senato. Alla Camera, invece, solo fretta e poca considerazione. Resta, comunque, il parere critico del Consiglio di Stato, che ha sollevato un problema di eccesso di delega”. La prof.ssa Russo insegna Diritto ed Economia all'Itis “Cardano”di Pavia; la sua strenua difesa della materia ha vivacizzato recentemente il sito web di Indire, forum di discussione dei docenti italiani: “Max Bruschi, che dirige la c.d. cabina di regia della Gelmini, ha detto espressamente di non ritenere diritto ed economia materie fondamentali per l'educazione alla cittadinanza e alla legalità, aggiungendo che questo tipo di formazione andrebbe demandato all'istituzione scolastica nel suo complesso. Ho risposto che si tratta di una scelta folle, che significherebbe chiudere ai ragazzi una importante finestra sul mondo, per di più in un'epoca in cui vengono quotidianamente diffusi disvalori, e in cui la normalità si confonde con la trasgressione. Ancora più scriteriata se nasconde l'intenzione di 'spalmare' le nostre discipline su tutte le altre: ha idea, Bruschi, del prezioso lavoro che svolgiamo ogni giorno? Del fatto che trattiamo casi di cronaca giudiziaria, come il delitto di Garlasco, per spiegare l’ordinamento italiano, o che studiamo il common law partendo da casi pratici illustrati dalla cinematografia americana?”. Alla Professoressa il compito di delinearci il quadro della (rara) presenza attuale del diritto nelle scuole superiori del nostro paese: inesistente nei licei, insegnato al biennio negli istituti tecnico professionali, e con una notevole riduzione, in termini di ore, negli istituti tecnici per geometri. Una situazione che, dopo la riforma, diventerebbe drammatica in termini di occupazione: “Una larga maggioranza di noi perderebbe completamente il posto di lavoro: gli unici a rimanere sarebbero i docenti di ruolo, che, comunque, dovrebbero in qualche maniera venir riciclati. Si tenga presente che si tratta di professori non più giovani, persone di 50 anni. Che ne sarà di loro?”

A mettere in guardia sui rischi imminenti per un’intera categoria è la prof.ssa Giusi Livoti, docente di diritto presso il Liceo Socio-Psicopedagogico “F.Crispi” di Piazza Armerina: “Si può prevedere una emergenza occupazionale spaventosa, con la contrazione di migliaia di cattedre e una legge che, benchè raramente applicata, permette, dopo due anni di mobilità, il licenziamento dei docenti che non riescono a trovare posto: una circostanza sottovalutata persino dalla stampa d’opposizione. Conseguenze di una riforma che si intende avviare frettolosamente, dal settembre 2010, senza una accurata riflessione e progettazione; e senza chiarezza per le famiglie, che non sapranno scegliere la scuola adeguata ai figli, dal momento che nemmeno noi docenti conosciamo ancora gli indirizzi e i quadri orari ufficiali”.

Studenti, insomma, come vittime inconsapevoli di una manovra legislativa che ha nel ‘risparmio’ l’unica priorità, a scapito della cultura: “Ci rassicurano – prosegue la Livoti – sul fatto che riusciremo, con la quota di flessibilità di cui ogni istituto dispone, a trovare il tempo necessario per i nostri insegnamenti. In una sorta di guerra tra poveri in cui io, per esempio, dovrei sottrarre due ore la settimana al prof. d’italiano. Non credo sia ipotesi percorribile, dal momento che il tetto massimo rimane, comunque, fissato in 27 ore. Non si considera il fatto che tutte le discipline hanno la loro importanza: molti dei miei studenti, per i test di ammissione alle facoltà scientifiche, hanno affrontato anche quesiti giuridico-economico. Non credo, tuttavia, si tratti di accanimento nei confronti del diritto, ma di crisi che coinvolge tutto il mondo della scuola. Ritengo che il diritto sia penalizzato solo in quanto ultima materia introdotta negli istituti superiori”.

La protesta dei docenti non finisce qui. Tra le pieghe della riforma si nasconde un altro passaggio poco chiaro, spiegato dalla prof.ssa Russo: “Hanno creato, per gli istituti superiori, una nuova materia chiamata ‘Cittadinanza e Costituzione’; in realtà, non si tratterebbe di una materia autonoma, e non avrebbe nemmeno, per capirci, una valutazione in pagella. Una sorta di educazione civica, che non sopperisce affatto alla mancanza di diritto ed economia”.Motivi di malumore, aggiungiamo, che hanno spinto la Regione Basilicata, per bocca dell’assessore alla cultura, Antonio Autilio, ad una protesta in via ufficiale e ad annunciare un ricorso per incostituzionalità: “Potrebbe sembrare forte – conclude la prof.ssa Russo – ma viene da pensare che si stia avverando l’ipotesi di Calamandrei: il progressivo impoverimento della scuola pubblica, la sua distruzione, a tutto vantaggio della scuola privata”.