LE NUOVE SUPERIORI: IL GIUDIZIO DI UN DOCENTE UNIVERSITARIO

Ecco come la Gelmini ha cambiato la scuola

Riordino necessario o tagli selvaggi? Luci e ombre della riforma Gelmini

Giorgio Chiosso*, La Stampa 8.2.2010

TORINO
La nuova scuola media superiore è antica e nuova al tempo stesso. Antica perché ben ancorata alla centralità dell’istruzione liceale e alla sinergia con il mondo produttivo di istituti tecnici e istituti professionali e, dunque, in linea con una consolidata tradizione. Ma anche nuova perché la riforma - forse non «epocale» - si propone di allineare gli studi secondari all’esigenza di una più diffusa cultura scientifica, di una migliore conoscenza delle lingue straniere, di una visione più europea dell' istruzione.

L’obiettivo è quello di invertire la tendenza all’impoverimento culturale della scuola e di innalzare la qualità degli apprendimenti degli studenti, finora alquanto deludenti, almeno stando ai dati dei rapporti Ocse-Pisa del 2003 e del 2006.

Due parole sulla genesi del provvedimento, in vigore nella prima classe dei vari corsi di studio già a partire dal prossimo settembre. L’antecedente dei regolamenti approvati giovedì scorso è il lavoro compiuto dagli esperti del ministro Moratti tra il 2001 e il 2006. Il progetto iniziale è stato poi modificato in alcuni punti da Fioroni, in particolare per quanto riguarda l'istruzione tecnica e professionale. Il ministro Gelmini ha completato il lavoro, senza fortunatamente avanzare un nuovo progetto, ma proseguendo quanto già fatto e trovando’ positive intese con l’opposizione in clima bipartisan.

Il tempo dirà se si tratta di una buona riforma o meno e molto dipenderà ovviamente dalla capacità degli insegnanti di saperla tradurre in modo efficace nelle aule e dalle risorse a disposizione. Senza insegnanti competenti e motivati e senza risorse la scuola resterà mediocre. In molti casi mancano ancora le «Indicazioni » relative ai contenuti (i programmi sono in fase di elaborazione), il giudizio si basa perciò solo sugli orari e le intenzioni dichiarate dal ministro.

Uno dei meriti del riordino è certamente quello di riportare un po’ d’ordine nell’istruzione secondaria. Negli ultimi 30 anni per effetto della moltiplicazione anarchica delle cosiddette «sperimentazioni» si è arrivati ad annoverare un numero esagerato di corsi di studi (circa 900) con un forte disorientamento tra le famiglie. Positivo appare anche il potenziamento delle discipline scientifiche e la riduzione degli orari che allineano l’Italia a quanto accade in molti altri Paesi europei, senza peraltro rinunciare al giusto spazio per la cultura umanistica.

Quanto alle criticità - a parte le comprensibili proteste degli insegnanti delle discipline «sacrificate» dai tagli - bisogna dire che l’ampio spazio riservato all’iniziativa delle scuole (in alcuni casi fino a poter modificare al 50% i piani orari ufficiali) potrebbe comportare il rischio che quanto è stato fatto uscire dalla porta possa rientrare dalla finestra ovvero il ritorno dei percorsi didattici decisi localmente. Si registra, poi, in diversi casi un’eccessiva frammentazione di discipline in controtendenza all’esigenza di apprendere poche cose, ma bene e a fondo.

In ogni caso meglio questo riordino che l’anarchia preesistente. Adesso è il momento è aiutare le famiglie e gli studenti a capire per scegliere a ragion veduta.

 

* Ordinario di Storia della Pedagogia Università di Torino