Il
direttore regionale: per ora fa fede la cittadinanza degli alunni
Tetto agli stranieri, rebus in 50 scuole
I presidi: se vale anche per i nati in Italia
siamo fuori quota,
costretti a regole fai-da-te
Annachiara Sacchi, Il Corriere della Sera
4.2.2010
MILANO - Il fai-da-te è d’obbligo. Chi conia nuovi termini per
definire il profilo dell’alunno straniero, chi chiede indicazioni ai
colleghi, chi ha deciso di dare la nazionalità italiana a chiunque
sia nato «in territorio peninsulare», chi «disobbedisce» senza paura
al grido «io li prendo tutti». Tetto del trenta per cento di
stranieri nelle classi, via alle iscrizioni. Tra perplessità e
proteste dei presidi. Soprattutto nelle scuole che quel tetto già lo
superano abbondantemente: una cinquantina tra Milano e Provincia.
La paura è la stessa per tutti:
«Come faremo a mandare via gli studenti in esubero?». E allora
scatta l’iniziativa autonoma, in attesa di indicazioni più precise.
Ida Morello, a capo dell’istituto (a forte processo migratorio) di
via Scialoja, spiega: «La giunta esecutiva deciderà quali criteri di
priorità adottare. In caso di eccedenza, daremo la precedenza agli
stranieri che abbiano già frequentato un istituto italiano e a chi
ha la residenza nella nostra zona: in fondo siamo una scuola di
quartiere». Maria Lucia Saba del comprensivo Confalonieri aggiunge:
«Potremmo decidere di riconoscere come non straniero chi è nato
qui». In realtà, non più tardi di ieri il direttore scolastico
regionale, Giuseppe Colosio, ha ribadito: «Stranieri sono i
cittadini che non hanno cittadinanza italiana, che siano nati qui o
no. Non possiamo stabilire automatismi ». Apertura: «Ma valuteremo
ogni caso e verificheremo le condizioni in cui siano necessarie
deroghe alla circolare del ministro Gelmini».
I dubbi però restano. Francesco
Cappelli, a capo della scuola del Trotter, puntualizza: «Nella mia
prima elementare il 90 per cento di stranieri è nato qui, gli
immigrati nel quartiere si sono stabilizzati, commetterei un delitto
se li rifiutassi».
Non è una decisione semplice. Se
ne è discusso anche lunedì durante la riunione dell' Asam
(Associazione delle scuole autonome). Le conclusioni:
«Nell’osservare che la circolare emessa dall’ufficio scolastico
lombardo sembra più restrittiva di quella ministeriale, l’assemblea
ha evidenziato che la soluzione proposta è sicuramente di difficile
attuazione». Quindi le domande: «Quando comincerà il lavoro di
coordinamento territoriale? Deve essere ogni singola scuola ad
affrontare il problema attraverso la delibera degli organi
collegiali? Come vanno considerati gli alunni nati in Italia?».
Decisione unanime e relativo documento: «I consigli di istituto
dovranno tenere conto delle effettive competenze nella lingua degli
alunni che, nella maggior parte dei casi, sono nati in Italia».
Almeno una cinquantina di scuole in
difficoltà. Già ora. Oltre una su nove. Giuliana
Pupazzoni, il provveditore, conclude: «Il ministero ci ha inviato un
quadro preciso della situazione, cui aggiungeremo altre verifiche
sull’alfabetizzazione degli alunni. A quel punto illustreremo i
singoli casi al direttore regionale per valutare eventuali deroghe».
In programma anche la creazione di almeno tre nuovi poli (di cui uno
a Monza e uno a Legnano) «per governare la distribuzione degli
studenti stranieri. «C’è molta attenzione sul tema—continua il
provveditore— e il supplemento di dati che stiamo raccogliendo ci
aiuterà a gestire meglio il fenomeno ». Ma le domande continuano.
Giuditta Pieti, a capo del Bertarelli, l’istituto superiore più
multietnico di Milano, chiede: «E i romeni? Cosa faccio con loro?
Sono cittadini europei o stranieri tout-court?».