Tra Gentile e Gelmini
c’è di mezzo la riforma epocale

Pasquale Almirante La Sicilia, 6.2.2010

La Gelmini dice di avere creato una riforma epocale, come quella di Giovanni Gentile che oltre a essere un grande filosofo e pensatore, il padre dell’idealismo italiano, fu pure ministro della pubblica istruzione di Mussolini che lo chiamò, non per la sua avvenenza, ma perché era il massimo della cultura in quel momento, come il capo di un governo deve fare. E Gentile fece il suo lavoro con così tanta onestà intellettuale che si consultò con emeriti pedagogisti, come il comunista Giuseppe Lombardo Radice. Quella fu riforma epocale perché ancora oggi, nonostante quella epocale della nostra ministra, sorregge questa novella impalcatura, sia nella composizione dei licei, e sia in quelle tecniche e professionali. La Gelmini infatti ha cambiato nome al ragioniere (che titolo si darà a Fantozzi?) e al geometra, ha sfoltito i professionali ma ha lasciato la suddivisione classista di Gentile: da un lato quelli che devono capire e interpretare il mondo e dall’altro quelli che devono solo prendere ordini: i semprepensanti e i semprelavoranti, i dirigenti e tuttiglialtri. Inoltre se qualche ragazzino sbaglia indirizzo non potrà più tornare indietro e deve riprendere d’accapo, soprattutto dal professionale al liceo: peggio per lui. E non solo. Gentile fece la riforma guardando lontano, lontanissimo mentre la nostra ministra ha guardato solo lo sguardo arcigno di Tremonti che le ha messo sul piatto i quattro soldi rimasti al Miur e su quel budget le ha detto di arrangiarsi. Una procedura inversa rispetto al più semplice progetto di una casa che un geometra ha il compito di costruire. Tuttavia questa da poco approvata sarebbe una riforma epocale. Onestamente ci sembra esagerato, più giusto sarebbe stato dire che è una riforma dettata da Tremonti e dalle contingenze governative. Nulla di male a declinare la verità, però la ministra Gelmini nega come fa un buon venditore per valorizzare la propria merce, però se si ascolta l’acquirente i numeri quasi sempre si capovolgono. E vediamoli. La sforbiciata della riforma epocale è di circa il 7% della spesa del Miur, pari a circa 7,3 miliardi di euro al cui interno è prevista l’eliminazione di 135mila posti di cui quasi 90mila a danno dei precari, quelli che salgono sui tetti dei provveditorati. La scuola, dice sempre Gelmini, non è un ammortizzatore sociale. Potrebbe essere vero per un bravo venditore del prodotto suo, ma per l’acquirente non sono parole troppo forti, un invito ad andare verso altri paesi senza neanche il parabrezza? Ma se fosse pure così, cosa c’entrano gli alunni delle seconde, terze e quarte classi che il prossimo anno dovranno affrontare le stesse materie del vecchio ordinamento ma con orari ridotti a 32 ore settimanali delle 36 previste già nel loro paino di studi? E cosa c’entra il taglio di fondi alle scuole che non hanno nemmeno la carta per scrivere? E’ questa la riforma epocale? Ma la ministra rincara la dose e dice pure che bisognava diminuire il tempo scuola per lasciare più liberi i ragazzi: troppe materie e tropo tempo sui banchi. E questo potrebbe essere anche vero se “il modello organizzativo non fosse di nozione ottocentesca, centrata sulla coincidenza tra orario della scuola e orario delle lezioni per cui la conseguenza sarà una permanenza più limitata tra le mura scolastiche. È il contrario di quanto da tempo sta accadendo in altri sistemi scolastici. Il fatto è che porre mano alla modifica degli ordinamenti scolastici vuol dire prima di tutto avere un’idea di scuola, e che, nel caso dell'istruzione secondaria, non si può avere un'idea di scuola se non ci si è chiesti preliminarmente a chi si vuole rivolgere la proposta educativa e quali intenti si vogliono perseguire.” E dire che lo sapeva già sia don Milano, a Barbiana, e sia, ancora prima, don Bosco nei suoi oratori. E meno ore possono pure significare concessioni pericolose a ragazzi propensi al disinteresse e al disimpegno che poi esplodono, ma facendo stracciare le vesti dei benpensanti, nel teppismo, nella volgarità, nella ignoranza che ci teine ultimi in Europa. E si sostiene pure che la scuola potrà adeguare i curricula alle esigenze del territorio e all’utenza, sfruttando una flessibilità fino al 20% - 30% del monte ore, ma senza sforare le 32 complessive. Adeguamento e flessibilità che dovranno attuare i professori: ma qualcuno ha chiesto mai come dovranno fare? Chi li aggiornerà con scienza e coscienza? Con quali fondi verrebbero pagati (ma saranno pagati?) i professori per strutturare la nuova materia? Come, quando e a scapito di quale altra disciplina curricolare andare a prendere queste ore flessibili? Su tre ore settimanali di lingue, per esempio, una dovrebbe essere dedicata alla progettazione di un carro. E allora chiediamo: cosa presuppone questa nuova materia, quali sbocchi, quali riconoscimenti, quali risultati? Ci saranno esami, diplomi, imprimatur ministeriali? E la lingua straniera, cui è stata sottratta un’ora, non sarebbe penalizzata? Si potrà rispondere: col tempo e nel corso degli anni si troveranno fondi e modalità. E posto che sia così, nell’interregno fra il dire e i finanziamenti e le spiegazioni richieste, chi si curerà di una intera generazione di studenti senza tali istruzioni? Ultima considerazione. Si sostiene la necessità dello sfoltimento degli oltre 500 indirizzi, contratti in 14 liceali, 11 tecnici e 6 professionali. E questa non è forse una perdita di pluralità, di conoscenze e pure di flessibilità? Una ricchezza di esperienza buttata a mare?