Scuola, ''la riforma Gelmini promette
più Europa e inglese? È un bluff''

Le novità viste da chi nelle classi lavora ogni giorno. Parla la professoressa Caporicci

Serena Fiorletta Il Salvagente, 10.2.2010

“L’urgenza di intervenire sull’impianto dell’istruzione italiana era presente in tutte le componenti non solo scolastiche della società, ed è stata sostenuta e fatta propria dai lavoratori della scuola ancora prima del Ministro Gelmini”.

Così Carla Caporicci, docente di chimica e biologia in pensione da quest’anno, ci parla della riforma della scuola secondaria approvata pochi giorni fa dal Consiglio dei Ministri. Una riforma presentata come “epocale” dal ministro dell’Istruzione e la maggioranza, mentre nient’altro che “un grosso taglio”, secondo i partiti di opposizione e i sindacati.

Ma a noi interessa sentire la viva voce di chi la scuola la fa, la vive, di chi ci lavora.
E la professoressa Caporicci alla scuola nelle sue molteplici forme ha dedicato una vita intera.

Così i punti salienti di questa riforma li abbiamo lasciati commentare alla professoressa, che non vuole essere rappresentativa di un numero vastissimo di insegnanti, ma che può darci la visione di chi queste riforme le subisce piuttosto che sceglierle, senza mai essere consultato proprio nel campo in cui si muove quotidianamente.
 

“Una riforma epocale? Non proprio”

“Non è possibile chiamare riforma addirittura epocale il quadro orario proposto. Mi riferisco principalmente ai licei”, spiega la Caporicci, “la scelta effettuata a 14 anni segue le esigenze famigliari più che le inclinazioni individuali”.
Secondo la professoressa, in linea di massima, “il classico viene scelto preferibilmente da famiglie meglio ‘attrezzate’, con linguaggi, letture e frequentazioni di più elevate esigenze. Lo scientifico solo da chi non sopporta di affrontare uno studio impegnativo come il greco e con qualche minimo interesse più scientifico. Mentre il linguistico viene scelto dalle famiglie che hanno riscontrato difficoltà di studio individuale nei propri figli, per cui non si sentono in grado di affrontare con serietà le lingue classiche”.
 

A 14 anni difficile fare una scelta consapevole

Quindi servirebbe una maggiore attenzione alle esigenze dei ragazzi, troppo giovani a quattordici anni per scegliere definitivamente del proprio futuro, “la scelta della scuola superiore viene fatta ad un’età troppo precoce, spesso solo per motivi di appartenenza ad una classe sociale e in virtù di probabili rapporti sociali”, sottolinea la nostra intervistata.
 

Il premier: così ci mettiamo in linea con l’Europa, ma…

Il premier ha parlato di una legge "che ci mette in linea con l'Europa", ma secondo quanto ci spiega la professoressa le cose non stanno esattamente così, “la formazione scientifica degli europei si avvale del triplo di tempo dedicato alle materie scientifiche rispetto alla riforma proposta.
Mentre la Gelmini nel liceo classico dà alle Scienze e all’Educazione Fisica lo stesso spazio”.
 

“Più inglese? No, si riducono le ore del 33%”

E lo stesso vale per il tanto osannato insegnamento dell’inglese, in cui siamo notoriamente carenti.
“Il liceo classico tradizionale aveva la lingua straniera solo per 2 ore settimanali al IV e V ginnasio, così tutti gli istituti hanno ritenuto di fare la ‘sperimentazione linguistica’ e impartire 3 ore di lezione settimanale per tutti e 5 gli anni.
Per cui di fatto la lingua straniera si insegnava per tutti e cinque gli anni, mentre ora il proclama ministeriale decide che si aumentano le ore di lingua straniera e si insegna per 2 ore settimanali per tutti e 5 gli anni!
In realtà c’è una effettiva riduzione del 33% di ore di insegnamento e questo vale anche per la Storia dell’Arte”, espone con chiarezza la professoressa Caporicci.
 

I 17 mila insegnanti “tagliati”

La riduzione dell’orario di insegnamento con conseguente riduzione delle cattedre è un altro dei punti focali della riforma, “la riduzione dei 17.000 insegnanti è indegna e non è un risparmio. I soldi devono essere impegnati per pagare pensioni e casse integrazioni! Il Paese non si giova dello sviluppo socioculturale di 17.000 persone, ma ne mortifica solo il futuro  e le aspettative”, si preoccupa Carla Caporicci, che per quanto in pensione conosce bene la situazione dei giovani e non solo, precari della scuola.
La motivazione dei docenti è una delle cose fondamentali secondo la professoressa da noi intervistata, e le condizioni di lavoro dei docenti precari e non precari non aiuta a migliorare la scuola. Per non parlare dei mezzi obsoleti di cui ancora si avvale, “gli strumenti forniti sono sempre gli stessi dal 1870: lavagna e gessetti, anzi. Talvolta nemmeno i gessetti”.
 

"Contro" la riforma anche gli studenti, e il 12 marzo si sciopera

E poi ci c’è l’altra parte fondamentale che “fa” la scuola. Sono loro, gli studenti, che questa riforma non la vogliono e la nostra professoressa li conosce bene.
“Nei primi anni di superiori – ci racconta - in genere si sente dire che non sono scolarizzati, cioè non riescono a stare seduti nel banco, ascoltare, prendere appunti e interloquire a proposito e con ordine”.
“Ma”, prosegue Carla Caporicci, “il nostro lavoro è questo, saper trovare una via di penetrazione. Una volta operato questo risveglio, il giovane in genere acquista fiducia nelle proprie capacità e possibilità, risveglia la curiosità, acuisce l’intelletto, si guarda intorno, rielabora, acquisisce, si interroga, stimola il docente e opera le sue scelte  e gloriosamente decolla. Statisticamente non saprei dire la percentuale di questi successi, ma sono più frequenti di quello che i luoghi comuni e la Tv vogliono far credere”.
Allora ascoltiamoli di più questi protagonisti della scuola, studenti e professori, che uniti nella protesta non approvano questa riforma e che prevedono per il 12 marzo uno sciopero generale della scuola.