SCUOLA
Berlinguer: meno finanza e più autonomia, intervista a Luigi Berlinguer, il Sussidiario 10.2.2010
Riforma approvata, passata, timbrata e
spedita. In attesa degli effetti sul sistema scolastico, che si
vedranno già a partire dalle prime classi del prossimo anno presso
le scuole secondarie, abbiamo ospitato commenti e interviste ai
protagonisti di maggioranza e opposizione. Fra questi ultimi non
poteva mancare il giudizio dell’ex ministro Luigi Berlinguer
In primo luogo saluto con grande
piacere la chiusura di una stagione, ossia quell’eterno periodo
delle sperimentazioni. Se c’è un aspetto che ho apprezzato in questa
riforma, ed è comunque uno dei pochi, è la fine degli innumerevoli
indirizzi presenti nelle secondarie. Come però ho spesso affermato
il problema non finisce qui. Questo è solo un primo, doveroso, passo
verso un cambiamento radicale del sistema scolastico italiano. Ma la
mentalità con la quale si è affrontata questa riforma rimane
inesorabilmente la solita, tradizionalista.
Cominciamo da un altro elemento
positivo: la riduzione del numero di ore. Sicuramente è un
provvedimento giusto. Io però non pongo come primario un problema di
“numero di ore” di lezione. Personalmente, quando ero ministro, ho
proposto e anche realizzato una riduzione del tempo-scuola formale.
In seguito il ministro Moratti disfece tutto e reintrodusse tutte
quelle ore che sappiamo. Ma il vero problema verte su quello che in
un mio articolo ho chiamato «il terreno dei contenuti di metodo e
culturali, disciplinari, curriculari, di organizzazione didattica».
È su questo terreno che si costruisce una scuola nuova, adeguata ai
tempi. Da questo punto di vista ho davvero notato ben poco di nuovo
in questa riforma.
Sono in parte d’accordo, anche se
credo che il contraccolpo sia stato più dannoso da un punto di vista
psicologico. Mi spiego. L’approccio finanziario ha nuociuto perché
sostanzialmente lungo il corso della passata stagione, dello scorso
anno, il clima di riforma incentrato sul risparmio ha fatto apparire
chiaro un messaggio rivolto sia agli studenti sia, soprattutto, agli
operatori. Il messaggio è: “voi non siete una risorsa, ma uno
spreco”. In poche parole è stata pesantemente messa in dubbio
l’intera attività condotta all’interno delle mura scolastiche. Tale
atteggiamento non ha certo favorito un clima benevolo nei confronti
del ministro e della riforma. A mio avviso è stato un danno peggiore
delle misure decise in parlamento.
Fondamentalmente non gradisco la
conservazione della rigidità della distinzione disciplinare. C’è una
prima ora, una seconda ora, una disciplina, un’altra disciplina e
via dicendo. Tutto come avveniva nell’ottocento. Conservare ancora
prevalentemente l’impianto cattedra-banco oggi non consente di
cambiare la scuola e la nostra istruzione andrà ogni anno più
indietro.
Faccio qualche esempio: se un
professore deve spiegare una reazione chimica o un meccanismo fisico
oggi ricorre al manuale, al gesso e alla lavagna. L’idea del
laboratorio è ancora lontana anni luce oppure viene vista come
l’eccezione, la lezione straordinaria. Invece dovrebbe divenire la
regola quotidiana. Assistenti di laboratorio che spieghino a gruppi
di cinque o sei alunni, e non di 30, come funzionano le leggi
chimiche e fisiche. Con esperimenti empirici. Oppure la questione
legata all’insegnamento della lingua straniera: come si può
pretendere di insegnare l’inglese in una classe composta da una
trentina di adolescenti? Il risultato è un’inevitabile babele.
Insomma non si può concepire l’aula come la sede in cui
l’insegnamento della storia e quello della chimica possano avvenire
attraverso le medesime modalità e gli stessi strumenti.
Le due cose vanno di pari passo.
L’osservazione infatti solleva una questione di assoluta importanza,
ossia il porre al centro lo studente che oggi è in prevalenza un
destinatario di informazioni. Invece credo che lo studente debba
svolgere un ruolo attivo nella propria formazione. E ciò è possibile
modificando i curricula attraverso corsi differenziati, secondo cioè
la vocazione particolare di ciascuno studente.
Precisamente. Occorre certamente una
base comune. Ma questa non deve impedire che nella scuola si
realizzi appieno la figura per esempio dell’assistente di
laboratorio, del vero insegnante di musica, di veri gruppi di
teatro. In sostanza occorre inserire una forma di offerta formativa
molto più articolata. La nostra struttura scolastica attuale non
esiste più nei paesi più evoluti. Non esiste l’ora scolastica
schematica, la distribuzione delle materie fissa e rigida. Tutto
questo in realtà non fa che assecondare un mio “pallino”: se non si
introduce nella scuola la curiosità scientifica e la creatività
artistica non si può realizzare l’istruzione di tutti, bambini e
ragazzi. La scuola solo gnoseologica è rivolta a una sparuta
minoranza. Chi non rientra nei parametri schematici educativi viene
estromesso. Invece si devono sollecitare le passioni, le emozioni,
la curiosità. Il tempo scuola deve diventare anche la visita al
museo, alla città, alla rappresentazione teatrale o all’esperimento
scientifico.
Sia ben chiaro. Io non voglio mettermi
a strillare e a fare il profeta. La riforma è stata fatta, abbiamo i
decreti. Partiamo da qui. Io avrei agito in altro modo, certo, ma
non sono qui a recriminare. Vorrei piuttosto che si lavorasse
seriamente sull’autonomia delle scuole. L’autonomia, anche
curriculare, è la strada da perseguire. Le indagini statistiche ci
dicono che in Italia è realizzata più o meno al 5-6 per cento delle
potenzialità. C’è bisogno di una modifica radicale dell’autonomia
scolastica. Ed è un argomento che riforma dopo riforma, ministro
dopo ministro, è stato sempre rinviato. Io penso che l’opposizione debba fare l’opposizione e che il governo debba tentare in tutti i modi di coinvolgerla. Se ciò è stato fatto nessuno ha nulla da rimproverarsi. Detto questo non voglio coinvolgermi in questioni di sottobanco politico. Quanto accaduto in Parlamento lo posso giustificare con quanto ho detto prima: l’approccio prettamente finanziario ha nuociuto moltissimo alla percezione della riforma. In tal senso posso comprendere che sinistra e opposizione abbiano risposto risolutamente. Per il resto non provo particolare interesse a difendere lo stato presente, ma tanto meno quello passato. Mi auguro che si trovi una convergenza reale sulle questioni che ho sollevato.
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