SCUOLA
Aprea: il futuro delle superiori intervista a Valentina Aprea, il Sussidiario 5.2.2010
Riforma al via. Il Consiglio dei
Ministri nel pomeriggio di ieri, 4 febbraio 2010, ha dato il proprio
via libera al riordino degli istituti superiori che verrà reso
effettivo dal prossimo anno scolastico a partire dalle sole prime
classi. C’è chi parla di “svolta epocale” e chi invece recrimina e
lamenta una riforma più finanziaria che educativa. Fra battaglie,
accordi, compromessi e proclami da una parte e dall’altra si era
giunti poco tempo fa, lo scorso 20 gennaio, all’approvazione alla
Camera, dove l’opposizione si era schierata compatta votando un
secco “no” destando non poche perplessità rispetto ai precedenti
segnali di dialogo con la maggioranza. Fatto sta che dal prossimo
anno la riforma comincerà a incidere concretamente
sull’organizzazione scolastica italiana. Abbiamo rivolto alcune
domande all’on. Valentina Aprea, presidente della Commissione
Cultura alla Camera
Mi sembra una posizione poco corretta
perché della riforma delle superiori stiamo parlando almeno da dieci
anni e quindi si sapeva benissimo che avremmo dovuto tenere d’occhio
l’aspetto economico. Certo, col passare degli anni, sono cambiate le
situazioni e anche i contesti, in particolare quello economico
finanziario. Per altro già con il ministro Padoa Schioppa e il
ministro Fioroni si era capito che prima ancora di fare nuovi
investimenti avremmo dovuto guardare con rigore le risorse da
investire nella scuola. La riforma in vigore dall’anno prossimo
contiene comunque tutta una serie di rilevazioni sul piano delle
aggregazioni disciplinari, delle metodologie di apprendimento e sul
piano prettamente organizzativo, ma contiene anche tutta una serie
di misure tese a razionalizzare investimenti e a rispettare i conti
pubblici con maggiore rigore.
In realtà nella 15ma legislatura il
governo di centrosinistra aveva modificato sostanzialmente le scuole
tecniche professionali riportando in un alveo statale l’istruzione
professionale e dandole una nuova identità con la ricostruzione di
una filiera autonoma dell’istruzione tecnica. Diciamo che passava sì
una filosofia diversa da quella voluta dalla riforma Moratti, ma poi
nei fatti, al di là del nominalismo, i contenuti e i nuovi indirizzi
hanno ripreso molto di quello che avrebbe dovuto essere il liceo
tecnologico. Quindi in questo senso ha fatto bene il ministro
Gelmini a rendere coerente la trasformazione voluta del
centrosinistra. C’è un filo rosso che lega tutti i regolamenti: ed è
quello della modernizzazione, della semplificazione e della
dimensione europea.
Sì, come ad esempio lo stesso liceo
classico, molto diverso da quello tradizionale: ricordo che si
studierà scienze per cinque anni, inglese per altrettanto tempo. Si
approderà così a una dimensione molto più moderna e rivisitata pur
mantenendo quella matrice umanistica che ha sempre fatto dei nostri
licei classici la migliore scuola di questo tipo in Europa.
Credo che lavorare per la condivisione
sia stato giusto. L’unica amarezza in questo momento è che
consegniamo alla scuola una riforma di parte perché arrivata al
Consiglio dei Ministri solo con il voto del centrodestra. La
sinistra si è chiamata fuori da questo processo. È un errore perché,
al di là delle difficoltà iniziali e contingenti che riguarderanno
soprattutto il primo e al massimo il secondo anno di applicazione
della riforma, resterà un grande progetto di modernizzazione. Un
progetto che però verrà ricordato come la “riforma del
centrodestra”. Sappiamo che grandi riforme come questa sarebbe
meglio portarle a termine a prescindere dagli schieramenti. Siamo in
un’epoca post ideologica.
So che il ministero è impegnato a
comprendere le criticità e sono sicura che non mancheranno presto le
soluzioni. Certo non bisogna illudersi, il tempo delle vacche grasse
è terminato, siamo in un periodo di risorse che scarseggiano e tutti
i settori, pubblici e privati, sono in sofferenza. Certamente non
possiamo neppure pensare di non finanziare più le scuole che aprono
i battenti ogni mattina. Ma ripeto: il ministero sta lavorando
intensamente per trovare soluzioni a tutte le esigenze particolari. Alcuni sono stati già previsti, mi riferisco al regolamento sulla formazione iniziale dei docenti. I passi successivi riguarderanno le carriere dei docenti e una nuova governance per la scuola. Come le università anche la scuola italiana deve fare un passo avanti sui propri docenti. Oltre a ciò deve saper porre modelli organizzativi per realizzare un sistema scolastico sussidiario e che valorizzi il territorio locale e le esigenze educative delle famiglie e degli studenti, che sappia dare risposte al bisogno dei cittadini.
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