Apprendistato

di Marilena Adamo, da ScuolaOggi 21.2.2010

Nelle commissioni riunite Lavoro e affari Costituzionali del Senato si sta riesaminando in 4° lettura, l’ormai famigerato disegno di legge 1167 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti…ecc.) dopo le modifiche apportate dalla Camera tra cui l’apprendistato ai 15 anni, come modalità anche per assolvere l’obbligo scolastico.

Per richiamare brevemente la vicenda per i lettori di Scuola oggi, che ha dedicato molto spazio ai commenti sul tema, ricordo che alla Camera fu introdotto a sorpresa dal ministro Sacconi un emendamento all’art. 8 ( modifiche alla legge Biagi), che recita "...l’obbligo di istruzione di cui all’art.1 comma 622 della legge 27 Dicembre 2006 (innalzamento dell’obbligo a 16 anni)…. si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione di cui al predetto art.48 del decreto legislativo n. 276 del 2003 (Sempre legge Biagi). Come Senatori del Pd , insieme alle altre opposizioni, abbiamo naturalmente riproposto un emendamento soppressivo del comma, che in particolare la collega Bastico ed io abbiamo illustrato nel dibattito generale. Abbiamo sottolineato, oltre alle considerazioni di ordine pedagogico e sociale già svolte in tante sedi e in sintonia con quanto sostenuto dall’OCSE, dall’Unione Europea e perfino da Bankitalia sulla necessità d’innalzare i livelli d’istruzione dei nostri ragazzi, il pasticcio normativo che genera quel comma. Infatti al precedente art. 46 si differisce di 24 mesi la delega al Governo in numerose materie tra cui proprio il riordino dell’apprendistato. Allora perché anticipare?

Non solo, il citato art. della Biagi, parla dei 15 anni solo perché nel 2003 quella era l’età dell’obbligo scolastico e quindi prevede una possibilità di particolare apprendistato da regolamentare con le Regioni solo ed esclusivamente per il diritto-dovere allora dai 15 ai 18 oggi dai 16 ai 19. L’emendamento Sacconi quindi, non abrogando la legge sull’obbligo a sedici anni, pienamente richiamata, anche se malamente, dai recenti Regolamenti per l’ istruzione superiore ( la riforma epocale!!), che è legge a tutti gli effetti, crea un conflitto normativo evidente e contrasta anche con quanto fatto dal ministro Gelmini, e pubblicizzato in pompa magna, con alcune Regioni sul triennio nella FP regionale. Non è quindi possibile passare sic et simpliciter, come prevede l’attuale testo, alle intese con le Regioni, ma occorrerebbe, se proprio si vuol perseguire per questa strada ingiusta e perfino inutile – almeno rispetto ai casi di vero abbandono legato a pesanti problematiche sociali – un provvedimento del ministro della PI di rango normativo, che dovrebbe ripassare dalle Camere.

Purtroppo la maggioranza intende blindare il testo di legge, per evitare la quinta lettura alla Camera, e ha già anticipato il suo parere contrario a emendamenti di qualsiasi genere. Per questo abbiamo cercato di ottenere attraverso un ODG, che si allega, almeno il rinvio e un provvedimento intermedio che ripassi dalle camere per il parere prima che tutta la materia vada alle Regioni. Con la speranza che nel frattempo le critiche e i dubbi che stanno arrivando da ogni dove, comprese le associazioni artigiane che hanno dichiarato le loro difficoltà a svolgere attività di vera e propria formazione, inducano ad un serio ripensamento.

Non basta: il comma 4 bis dell’articolo 64 della legge 133/08 recita: "L’obbligo di istruzione si assolve anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale".E un emendamento approvato dalla Commissione Lavoro della Camera, terminato il suo iter legislativo, consentirà a tanti quindicenni, considerati un fastidioso e costoso ingombro per la scuola, di assolvere l’obbligo di istruzione persino nell’apprendistato. Una scelta sbagliata e ingiusta che ha l’obiettivo di "smistare" i più deboli verso un canale privo di contenuti culturali e di efficacia formativa. L’idea è sempre la stessa: selezionare ed escludere prima che si può, senza offrire alcuna possibilità di rimotivare allo studio e recuperare alla scuola gli alunni che più ne hanno bisogno.

E così mentre l’Unione Europea, l’Ocse e Bankitalia dicono che bisogna investire di più in conoscenza e istruzione, l’Italia fa il percorso inverso: taglia drasticamente risorse, tempo scuola, insegnanti, torna indietro sull’obbligo e prepara un sistema scolastico che, per l’organizzazione didattica e le indicazioni di contenuti che propone, abbasserà il profilo culturale di tutta la popolazione. E se la politica chiude gli occhi sul futuro di tanti ragazzi, gli insegnanti debbono tenerli ben aperti perché tutte le esperienze didattiche caratterizzate da spirito di inclusione, da innovazione metodologica e didattica e da cooperazione professionale possano essere rimesse sapientemente in campo, sfruttando ogni possibile spazio di autonomia. Con l’auspicio che presto si torni a dibattere di scuola e si arrivi a una riforma reale e condivisa da tutti.

 

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