DIRITTO di CRONACA
Gelmini: 'I roghi? Ne valeva la pena'
Il ministro dell'Istruzione a favore dei privati
nei cda delle università:
'E' un arricchimento, non qualcosa da temere'
Flavia Amabile La Stampa,
21.12.2010
Mariastella Gelmini, ministro
dell’Istruzione, anche ieri la richiesta di molti, a partire dal
presidente Napolitano, è di ascoltare le proteste.
«Questa riforma ha
iniziato il suo percorso due anni fa, quando le linee guida furono
depositate presso le commissioni parlamentari proprio per avviare un
dibattito. Dopo un anno è diventato un disegno di legge. E’ stato
esaminato dagli organi consultivi, è passato al vaglio del
Parlamento, è stato modificato al Senato e alla Camera. In questi
giorni è alla terza lettura. Francamente credo che il dibattito sia
stato ampio e, anche se la fase del confronto è necessaria e
indispensabile, c’è un momento in cui un governo deve decidere».
In questo elenco non sono
compresi sindacati e studenti. Sono loro a lamentare l’assenza di
dialogo.
«Abbiamo dialogato con le figure istituzionali. Il provvedimento
è stato più volte esaminato dalla Conferenza dei Rettori, il
confronto non è mai venuto meno. E comunque è difficile dialogare
con chi insulta o entrare in un’università quando ci sono gravi
problemi di ordine pubblico».
Secondo gli studenti è stata
proprio la chiusura del governo ad inasprire gli animi.
«Non si può affrontare un provvedimento come questo con le
opinioni. Ci sono ampie parti del provvedimento, da quelle sulla
governance a quelle sul reclutamento, su cui sono d’accordo anche le
opposizioni: in parlamento sono depositate le loro proposte di legge
a confermarlo».
Ma su altre parti non c’è alcun
accordo.
«E’ un problema di ideologia che rifiuta il cambiamento.
Comprendo il problema del precariato, della disoccupazione, della
crisi ma per risolverli c’è bisogno di una proposta politica, non di
cavalcare le paure. I problemi vanno affrontati con coraggio e con
soluzioni ma il problema dell’Italia è che è un Paese che ha paura,
sono d’accordo con quello che scriveva Irene Tinagli sulla Stampa
due giorni fa. Oggi non esistono più destra e sinistra, ma chi è a
favore del progresso e chi intende conservare la situazione
attuale».
Gli studenti non si oppongono
ai cambiamenti. Sono contrari innanzitutto a quella che definiscono
una privatizzazione delle università.
«Privatizzazione? Qual è il problema se in un cda ci sono
elementi esterni? Non è nemmeno una novità: accade già».
Nella sua riforma però il cda
accentra tutti i poteri decisionali e sarà composto da 11 persone.
Tre esterni, più il rettore ed altre persone scelte dal rettore, ma
non è chiaro secondo quali criteri.
«Parlare di privatizzazione, e temerla, significa non conoscere
la realtà dell’Italia dove mi piacerebbe proprio vedere un grande
interesse dei privati ad entrare nei cda. Questa misura vorrà dire
soltanto che le università non saranno più autoreferenziali. Sarà un
arricchimento, potranno aprirsi a contributi esterni».
E quindi si potrà risolvere la
mancanza di risorse, un altro dei punti dolenti di questa riforma?
«Pura demagogia. Siamo riusciti ad ottenere un miliardo di
investimenti. Non mi aspettavo dei complimenti ma nemmeno che le
critiche aumentassero rispetto a quelle che ricevevo prima, quando
gli investimenti erano solo 800 milioni».
Più che lei sono stati i
finiani a ottenere questo risultato.
«Non voglio negare il prezioso lavoro di Fli, ma potrei citare
anche quello di molti altri, come lo stesso Berlusconi. E’ stato un
lavoro di squadra».
Come si può parlare di una
riforma che premia il merito se si tagliano i fondi delle borse di
studio?
«Sulle borse di studio c’è stato un taglio lineare ma ci è stato
anche subito promesso che sarebbe stato recuperato, e così sarà. La
verità è che i fondi non bastano comunque, ma sarà la lotta agli
sprechi a liberare risorse e saranno strumenti come il prestito
d’onore a fare altrettanto. Lo sapete che negli altri Paesi Ocse le
cifre sugli investimenti sono più alte ma solo perché sono compresi
anche gli investimenti privati? E’ proprio la cultura del privato
che dobbiamo favorire».
Quindi più privati nelle
università italiane?
«Sì, e convincerli a cambiare cultura, a investire nelle
università ma nel rispetto della loro connotazione pubblica».
Ministro, un’ultima domanda. A
conti fatti, dopo due anni di lavoro, le proteste, gli incendi e
quello che potrebbe accadere domani: ne valeva la pena?
«Si può sempre fare di meglio ma sono convinta di sì, ne valeva
la pena e faccio un appello agli studenti perché le loro
contestazioni siano pacifiche. Il tempo sarà galantuomo e saprà far
apprezzare questa riforma».