Italia, povera scuola, povera gente / Uno Notizie, 30.12.2010 ITALIA, POVERA SCUOLA, POVERA GENTE / buona istruzione, diritto solo di chi ha i soldi. Ultime notizie - Roma - In genere non è bene tornare a scrivere di argomenti già trattati. Questa volta è necessaria una eccezione. In una nota precedente, dal titolo “l’ultima scuola”, avevo esposto alcune considerazioni sulla riforma della scuola firmata Tremonti-Gelmini, argomentando come il sipario delle apparenze politiche non nascondesse altro che tagli alla spesa pubblica, incentivi a quella privata, e concrete limitazioni ad una istruzione egualitaria in grado di colmare le distinzioni sociali e di reddito, come previsto dalla Costituzione. Suggerivo, inoltre, che una riforma basata solo su tali obiettivi avrebbe necessariamente contribuito a devastare un sistema scolastico già in grave difficoltà. Cosa è quindi accaduto, e qual è oggi lo stato di salute della scuola? Qualche dato può aiutare a chiarire la situazione. In primo luogo, dopo vent’anni di riforme, semplice prologo alla tragedia di quella attuale, l’efficienza del sistema scolastico italiano si colloca molto al di sotto della media Europea, in termini del numero complessivo di diplomati e più in generale di ritardo scolastico. Secondo l’Ocse (l’Organizzazione per lo sviluppo economico e la cooperazione) e secondo gli stessi dati forniti dal ministero MIUR, la percentuale di adolescenti con serie difficoltà di lettura è aumentata del 10%, tra il 2001 ed il 2008 la spesa per il funzionamento è stata azzerata (materiali ed attrezzature per i laboratori, cancelleria, carta, materiale igienico sanitario e pulizie sono semplicemente svaniti ed in parte compensati dai sacrifici dei genitori), i fondi per l’autonomia scolastica (legge 440/97n) necessari per la promozione del miglioramento dell’offerta formativa (per intenderci lo sviluppo della cultura scientifica e tecnologica, della cultura musicale e della lingua italiana, il sostegno delle attività motorie e l’educazione alla legalità) sono stati ridotti del 50%, sono stati apportati tagli ai fondi per l’aggiornamento degli insegnanti (-74%), alla spesa per il personale supplente (-70%), al numero di cattedre (36000 in meno solo tra il 1997 ed il 2008), al numero di sedi scolastiche (4000 sedi in meno) ed alla formazione del personale di sostegno per i non ugualmente abili (-30%). I docenti italiani sono pagati circa il 20% in meno rispetto alla media Europea, il numero di anni per raggiungere la retribuzione massima risulta essere il più alto (i docenti della scuola secondaria superiore raggiungono la retribuzione massima dopo 35 anni, rispetto ad un valore medio di 24 anni per i colleghi in Europa), il tasso di precarizzazione dei bidelli e del personale di sostegno aumenta in modo vertiginoso e si riscontrano lesioni strutturali e scarsa manutenzione in almeno il 50% delle strutture scolastiche, con solo il 57% degli edifici che possiede un certificato di agibilità scolastica. In poche parole, siamo gli ultimi tra tutti i paesi Ocse per la spesa complessiva per l’istruzione. Tutto precipita nella scuola eccetto il numero degli studenti che invece aumenta, miracolo dovuto agli alunni stranieri. In questo scenario difficile scende con forza la scure della Tremonti-Gelmini. Il taglio di ulteriori 8 miliardi di euro previsto in tre anni (pensiamo invece ai 10 miliardi di euro per il ponte sullo Stretto di Messina, ennesimo regalo alle mafie), l’ulteriore riduzione del numero degli insegnanti e delle sedi scolastiche, la riduzione del numero di ore di scuola e quindi del sapere complessivo, la marcata divaricazione tra le Linee Guida per i Licei e quelle per gli Istituti Tecnici (che risponde alla esigenza di creare, già dopo le scuole medie, una prima differenziazione sociale senza possibilità di ritorno), e l’allontanamento di migliaia di precari non sono eventi casuali ma rispondono ad una precisa strategia, la definitiva dismissione della scuola pubblica. Questi ministri e questo governo, nei fatti, stanno cercando di convincere che l’istruzione non è materia che tutti si possano permettere, che la cultura, sebbene in teoria garantita dalla Costituzione, sia un semplice prodotto con un prezzo di mercato, chi ha i soldi si paghi una istruzione di buona qualità, e per chi i soldi non li ha, qualche borsa di studio (magari indirizzata con sapienza dove si preferisce) e tanta, tanta ignoranza. In una società così concepita non c’è più alcuna forma di mobilità sociale, il proprio destino è semplicemente segnato alla nascita. Dalla nascita dipenderà anche quanti chilometri fare al giorno per avere l’istruzione minima se il comune in cui si vive non rispetterà gli indicatori di efficienza del Paese Azienda. Ma tutto questo non basta, bisogna poi considerare l’interesse. Non basta distruggere un intero sistema sociale, guadagnato con fatica nel tempo, è necessario anche appropriarsi delle risorse pubbliche. Così, una scuola pubblica in ginocchio, priva di risorse economiche, degradata ed abbandonata, diviene facile preda dei privati, che con pochi soldi (a volte senza neanche bisogno di investimenti) acquistano la proprietà degli edifici scolastici ed il destino dei loro dipendenti. Cosa fare? Niente di più, niente di meno che impegnarsi “contro”. Un impegno civile e democratico, politicamente trasversale, laico, intelligente e costante. Un impegno a raccogliere firme e coscienze nelle strade per sensibilizzare la parte buona della società, un impegno a non accettare i tagli della cultura in modo passivo, un impegno a parlare dei problemi della scuola ed a sapere ascoltare, ad aiutare chi e dove possibile, un impegno a pretendere nuovi finanziamenti ed a manifestare, in modo civile, ogni volta sia necessario, e soprattutto un impegno a non accettare l’imposizione di una povera Scuola per la povera Gente, perché tutti hanno diritto al proprio riscatto sociale e culturale. Il 2011 sarà quindi l’anno per dire NO al binomio povera Scuola, povera Gente, l’anno dell’ impegno “contro”. Allora, Buon Anno! |