I tagli alla scuola nel paese di parentopoli da Europa, 14.12.2010 Chi paga
Nel giorno dell’attesa, due riflessioni sui principali quotidiani
italiani possono restituire il clima di un intero paese. La prima
segnalazione riguarda un commento di Tito Boeri sulla prima pagina
di Repubblica in cui l’economista riflette su chi paga il
prezzo dei tagli all’istruzione. Premessa: «In tutti i paesi
avanzati è stato il lavoro poco qualificato a pagare il conto più
salato nella Grande recessione». Ad esempio, «nell’area dell’euro il
tasso di disoccupazione tra chi ha al massimo completato la scuola
dell’obbligo è aumentato di più di quattro punti percentuali in due
anni. Quello dei laureati è rimasto quasi invariato. Oggi la
probabilità di essere disoccupato tra chi ha una laurea è un terzo
di quella di chi ha solo un diploma di scuola secondaria inferiore.
Prima della crisi il rapporto era di uno a due». Boeri si concentra
poi sulla vicenda italiana dove i dati non sono poi così diversi:
«L’unica differenza è che da noi molte persone con basso livello di
istruzione rimangono ai margini del mercato del lavoro. I divari nei
tassi di occupazione tra laureati e diplomati sono attorno al
quaranta per cento, come negli altri paesi, e sono cresciuti durante
la recessione. L’istruzione è diventata ancora più di prima la
migliore assicurazione sociale di cui un giovane oggi può dotarsi
per evitare un futuro difficile, fatto di disoccupazione e bassi
salari». Ecco allora la stridente contraddizione: il governo
Berlusconi «ha tagliato solo un capitolo della spesa pubblica: le
risorse per l’istruzione». E i tagli aumenteranno ulteriormente.
Conclusione (con domandina finale): «I mancati investimenti oggi
fatti nell’istruzione potranno tradursi in un futuro non molto
lontano in maggiore spesa per offrire protezione sociale a coloro
che, in un mondo sempre più competitivo, non riusciranno a trovare o
mantenere a lungo un posto di lavoro». Boeri propone di rovesciare
le priorità, investire in education (come hanno fatto Francia
e Germania) e chiude con una stoccata a Gelmini: «Come si fa ad
attribuire intenti riformatori a chi per due anni e mezzo non ha
portato a termine l’anagrafe dell’edilizia scolastica e non ha
neanche nominato i vertici dell’Agenzia di valutazione della ricerca
(Anvur)? Senza valutazione non ci può essere meritocrazia». A proposito di mercato del lavoro, Gian Antonio Stella firma l’editoriale del Corriere della Sera dedicato alla parentopoli romana e intitolato «la spettabile clientela». Alemanno giura che d’ora in poi, scrive Stella, «i controlli saranno severissimi, le selezioni rigorosissime, le punizioni durissime. Sarà...Resta il dato: negli ultimi due anni le società interamente o per metà comunali e cioè l’Atac (trasporti), l’Ama (rifiuti) e l’Acea (luce e acqua) avrebbero assunto oltre duemila persone per chiamata diretta». È incontestabile che, aggiunge, «l’andazzo emerso nelle società romane appesta da tempo l’aria in tutto il settore pubblico. E lancia ai giovani, in un paese con la disoccupazione giovanile più alta d’Europa, un messaggio osceno: fatevi furbi, trovate un deputato, un grand commis o un sindacalista che vi dia una spintarella». Ma che futuro ha un paese «dove tutti invocano a chiacchiere una macchina pubblica animata da professionisti efficienti se questa macchina lascia fuori decine di migliaia di persone che hanno vinto i concorsi (sempre più rari) e assorbe solo i raccomandati scelti per chiamata diretta?».
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