UNIVERSITA’

Oltre la riforma, una legge
per fermare i cervelli in fuga

Stefano De Lillo il Sussidiario, 27.12.2010

Il disegno di legge sull’attrazione dei talenti in Italia, approvato dall’aula del Senato con voto bipartisan, rappresenta un importante segnale che la politica lancia al Paese e soprattutto ai giovani. Questo provvedimento, di cui sono stato tra i primi firmatari, garantisce una serie di agevolazioni fiscali, come la riduzione dell’imponibile per i lavoratori di qualità laureati o con titolo post laurea che decidessero di lavorare in Italia.

Inoltre sono previsti una serie di interventi a livello amministrativo e facilitazioni in materia di alloggi. Insieme alla riforma universitaria, l’Italia in questo modo guarda al suo futuro, ai giovani laureati, con il chiaro intento di aumentare il tasso qualitativo della nostra classe dirigente e della nostra impresa, ormai sempre più immersa in un sistema altamente globalizzato e competitivo.

La fuga dei cervelli determina un impoverimento culturale e produttivo per il Paese e riguarda non solo il mondo della ricerca, ma anche quello post-universitario: molti di coloro che lasciano l’Italia sono neo-laureati che cercano prospettive migliori fin dall’inizio della propria carriera.

Si calcola che circa 3mila laureati l’anno lascino il Paese. Nel 2000, i “cervelli in fuga” erano il 7% dei laureati. Se si guarda alla ricerca, la situazione è notevolmente più grave: circa il 35% dei 500 migliori ricercatori italiani lascia il Paese ogni anno. Se si guarda ai migliori 100 ricercatori, il tasso di espatrio è addirittura del 50%. Fermare questa emorragia, che priva il Paese del suo più promettente futuro, è doveroso e urgente.

È particolarmente significativo che l’approvazione di questo disegno di legge sia avvenuta in coincidenza con il varo della riforma Gelmini, volta anch’essa a restituire significato e valore culturale e sociale al sistema formativo del Paese e a ridare futuro e speranza ai giovani. Essere protagonisti dell’era della globalizzazione vuol dire essere attrattori, e non espulsori di conoscenze, di professionalità, di cervelli, ed è questo che vogliamo realizzare per restituire all’Italia il ruolo che gli compete fra le prime nazioni del mondo.